Altro che Lazzaro. La cara, vecchia Kodak si rifiuta di finire tra i cimeli di Wall Street. Anzi, complice la pandemia, l’intervento non si sa quanto gratuito di Donald Trump e la carica degli emuli di Robin Hood, il titolo di quello che fu il simbolo dell’industria delle pellicole per la fotografia, già finito in bancarotta, si è regalato una nuova vita. La quarta addirittura.
Ieri le azioni Kodak hanno infatti stracciato ogni primato mettendo a segno un rialzo clamoroso: +1.481% in tre giorni, passando da un prezzo di 2,10 dollari per azione di venerdì scorso a 33,10. La valutazione dell’azione di Rochester, vecchio borgo industriale della Stato di New York dove è nata pure Xerox è salita da meno di 890 milioni di dollari ad oltre un miliardo e mezzo.
Una resurrezione improvvisa, maturata dopo che il Wall Street Journal ha ripreso la notizia di una stazione tv locale su un non meglio precisato accordo con il governo, confermato con grosso imbarazzo da Joe Continenza, l’ad di Kodak che da sette anni amministrava l’eredità del marchio. “Sì, ci sono grosse novità in arrivo”, ha confessato ai reporter aggiungendo subito, nel timore della Sec, “da me non saprete nulla”.
Ma la notizia, rilanciata dal tam tam dei piccoli speculatori che si muovono in rete attraverso il sito Robinhood.com è subito esplosa. Il governo americano ha concesso un prestito da 765 milioni di dollari ad Eastman Kodak. L’operazione, la prima del genere da molti anni, è avvenuta nell’ambito del Defense Production Act, una legge federale varata negli anni Cinquanta in risposta alla guerra di Corea e “rispolverata” dal presidente Trump durante l’emergenza Covid-19, che consente alla Casa Bianca di indicare alle aziende quali beni produrre beni perché considerati necessari e di cui c’è carenza.
Nel caso di Kodak, la missione sarà di produrre farmaci generici, compresa l’idrossiclorochina, utilizzata ancora da Trump per “prevenire” il coronavirus che lo stesso Antony Fauci, consigliere della Casa bianca per il Covid 19, ha dichiarato inefficace. Ma che invece il figlio di Trump continua a consigliare, anche dopo esser incorso nella censura di Twitter.
Al di là delle perplessità, resta il fatto che solo il 10% delle medicine utilizzate in Usa è prodotta sul territorio americano, cosa che espone la superpotenza ad una pericolosa dipendenza all’India e, soprattutto dalla Cina. Di qui la decisione del presidente di rianimare la vecchia Kodak che ne ha viste davvero di tutti i colori. La storia della società pare un film. Il gruppo nato nel 1888 è stato per quasi un secolo leader nel settore delle pellicole fotografiche.
Poi, in poco tempo, il digitale ha trasformato un intero settore spazzando via anche colossi ritenuti intramontabili. La società si è reinventata spostandosi sulla produzione di camere digitali. Una trasformazione durata poco. L’arrivo degli smartphone ha surclassato anche le camere digitali. Ma Kodak non si è data per vinta. Nel 2011 si è trasformata in Kodako, una blockchain che garantiva l’accesso ad una piattaforma specializzata in servizi per i fotografi.
Poi ha preso il via Kodakcoin, una piattaforma basata sulle monete virtuali. Dopo l’ultimo flop l’avventura sembrava arrivata al capolinea. Ma nel 2013 Joe Continenza, costretto a ricorrere al Chapter 11, ha giocato l’ultima carta: per 525 milioni di dollari ha ceduto i propri brevetti ai colossi come Apple, Microsoft, Samsung, Adobe per poi specializzarsi nella produzione di sistemi di stampa avanzata e gestione delle immagini per le imprese, stampa 3D, mantenendo la produzione delle pellicole per il mercato cinematografico.
Sembrava l’anticamera di un dignitoso viale del tramonto. Ma Donald Trump aveva altri progetti. Forse Kodak non è la società meglio attrezzata per entrare nel mercato dei farmaci generici. Il gruppo dovrà convertire gli impianti e, soprattutto, sviluppare nuove competenze. Vero, ma non era facile trovare un altro marchio così autenticamente americano da mobilitare in chiave di riscossa.
E i 117.051 nuovi azionisti Kodak, reclutati in soli tre giorni via Robinhood.com (il trader a zero commissioni) stanno a dimostrare che il presidente Usa resta un grande uomo di marketing.