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Npl imprese: impatto Covid sarà contenuto

Secondo l’outlook di Abi e Cerved, i tassi di deterioramento dei prestiti concessi alle imprese italiane torneranno inevitabilmente a crescere nel biennio 2020-2021, ma si resterà ben lontano dai picchi negativi del 2012 – Più colpite le imprese piccole e del Sud.

Npl imprese: impatto Covid sarà contenuto

L’emergenza sanitaria non avrà particolare impatto sui prestiti concessi alle imprese italiane, soprattutto quelle più grandi. O meglio: i tassi di deterioramento dei prestiti torneranno a crescere nel prossimo biennio (raggiungendo il 4% nel 2021), ma caleranno già nel 2022 e complessivamente rimarranno di molto inferiori rispetto a quanto sperimentato in passato con altre crisi. A quantificare l’impatto del Covid sugli Npl delle imprese è uno studio condotto da Abi e Cerved, secondo il quale si resterà ben lontano dai picchi negativi del 2012 e la situazione rimarrà gestibile anche grazie alle misure straordinarie adottate dal Governo. Soffriranno un po’ di più, secondo il rapporto, le aziende di piccola e media dimensione e le imprese dell’edilizia e dei servizi.

Fino al primo trimestre del 2020, spiega il lavoro condotto dall’associazione delle banche e dal Cerved, è proseguita la lunga fase di riduzione dello stock di crediti deteriorati (NPLs) accumulati dalle banche che operano in Italia, favorita dalle operazioni di dismissione dei crediti e dalla riduzione dei flussi di nuovi prestiti entrati in default. I tassi di deterioramento delle società non finanziarie, cioè la quota di crediti in bonis passati allo status di deteriorati, si sono infatti contratti anche nel primo trimestre del 2020, collocandosi al 2,9% (dal 3,1% del primo trimestre 2019), allontanandosi sempre di più dai picchi raggiunti nel pieno della crisi economica (7,5% a fine 2012) e toccando un minimo in tutta la serie storica osservata.

Questa lunga fase di miglioramento sarà inevitabilmente interrotta a causa degli effetti negativi sull’economia determinati dall’emergenza sanitaria, ma la sorpresa è semmai che la ricaduta sui tassi di deterioramento del credito sarà contenuta, anche grazie agli interventi di moratoria e di sostegno alla liquidità delle imprese adottati dalle Autorità e dalle stesse banche. Queste e altre misure straordinarie permetteranno di ridurre – se non evitare del tutto, secondo Abi-Cerved – il rischio che il temporaneo blocco delle attività produttive si traduca nel fallimento di imprese altrimenti solvibili, riducendo significativamente il tasso di default delle imprese.

Da questo punto di vista giocherà un ruolo decisivo, sempre secondo gli autori dello studio, anche il recente accordo raggiunto sul Recovery Fund, che darà respiro alle economie dell’Eurozona e limiterà ulteriormente il rischio di default delle imprese. Secondo le previsioni, dopo aver raggiunto nel 2019 i livelli più bassi della serie storica post-crisi finanziaria (2,9%), nel biennio 2020-21 i tassi di deterioramento delle società non finanziarie torneranno dapprima a salire, con l’incidenza dei flussi di nuovi prestiti in default sul totale dei prestiti in bonis prevista al 3,8% nel 2020 e al 4% nel 2021, per poi ridursi nuovamente al 3,3% nel 2022.

C’è però anche uno scenario più pessimistico, e cioè quello che metterebbe in conto una nuova ondata di contagi in autunno e una possibile nuova fase di lockdown: in quel caso, che però al momento non sembra “in agenda”, i tassi di deterioramento raggiungerebbero il 4,5% quest’anno e il 4,6% nel 2021, per poi calare al 3,8% nel 2022, riassestandosi comunque su livelli inferiori o prossimi a quelli storicamente bassi della fase pre-crisi finanziaria (3,7% nel 2007). L’impatto dell’emergenza sanitaria nel biennio 2020-21, come detto, sarà maggiore per le piccole imprese (il tasso di deterioramento passerà dal 2,1% del 2019 al 3,5% del 2021) e le medie (dall’1,7% al 3,1%), soprattutto nello scenario peggiorativo (rispettivamente 4,2% e 3,8% nel 2021).

A livello settoriale, invece, i comparti più colpiti in assenza di ulteriore lockdown saranno l’industria (dal 2,3% del 2019 al 3,5% del 2021 nello scenario base) e le costruzioni (dal 4% al 5,1%), mentre nello scenario peggiorativo i più impattati saranno i servizi (dal 2,8% del 2019 al 4,5% del 2021). Nonostante questo incremento, per tutte le classi dimensionali si prevedono nel 2022 tassi di deterioramento inferiori rispetto al 2007 o poco superiori nel caso peggiore e, comunque, sempre ben al di sotto dei picchi del 2012-13.

A livello territoriale infine, nello scenario base il Sud si conferma l’area con i tassi di deterioramento del credito più alti, raggiungendo nel 2021 un picco del 5,3% e attestandosi nel 2022 al 4,6% (era 4,2% nel 2019); il Centro arriverà al 4,6% l’anno prossimo per poi scendere al 4% (contro il 3,4% del 2019), il Nord-Ovest salirà al 3,5% e poi si ridurrà al 2,7% (2,4%), mentre il Nord-Est continuerà ad essere l’area caratterizzata da quote più basse di nuovi deteriorati in rapporto ai prestiti in bonis, con tassi che dopo aver toccato il 3,2% nel 2021 convergeranno al 2,4% nel 2022 (contro il 2,1% del 2019).

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