Il Napoli in paradiso, la Juve all’inferno. È questo il verdetto della notte dell’Olimpico, che regala la Coppa Italia agli azzurri di Gattuso e lascia i bianconeri di Sarri a “zero titoli”. Un successo arrivato dal dischetto, con il Napoli infallibile e la Juventus gravemente imprecisa, per non dire disastrosa, dopo 90 minuti in cui tatticismi e ritmi blandi avevano avuto una netta supremazia su tecnica e spettacolo. I rigori, si sa, sono una lotteria, ma guai a ridurre tutto alla fortuna: se c’era una squadra che meritava la vittoria nei tempi regolamentari era proprio quella di Gattuso.
A far fede sono le occasioni da gol, le uniche che contino davvero, quasi tutte di stampo azzurro. E così, quando i giocatori designati sono andati sul dischetto, si è avuta la netta sensazione di una Coppa già decisa in partenza, come se gli stessi giocatori bianconeri avessero ormai smesso di crederci. Si tratta del trionfo di Gattuso, su questo non c’è dubbio: ripensare a com’era conciato il Napoli prima del suo arrivo e vedere dov’è arrivato oggi non può che certificare, se ancora ce ne fosse bisogno, la bontà del suo lavoro.
“Credo che ci sia un Dio del calcio, che quando lavori duramente ti restituisce quello che semini – ha dichiarato Gattuso con un pizzico di commozione – Ho parlato ai ragazzi di appartenenza, perché chi fa questo mestiere deve farlo con rispetto: io voglio gente che ci mette passione, come ho fatto io per tanti anni. Ora dobbiamo fare queste ultime 12 partite di campionato al massimo, non possiamo mollare solo perché abbiamo centrato questo obiettivo”.
“Questa vittoria era nell’aria, da quando c’è Gattuso sono cambiate molte cose – il commento entusiasta di De Laurentiis – Tutti si sono compattati intorno a lui, alla società, all’idea di Napoli. Napoli in fondo è l’unica che riesce a contestare il titolo alla Juventus. Ancora non riusciamo a batterla per lo scudetto, ma prima o poi spero di riuscirci…”.
Dopo aver celebrato i vincitori è tempo di parlare degli sconfitti, dunque di una Juve alla sua seconda finale persa in stagione. In Supercoppa il ko era arrivato nei 90’, ieri invece un grande Buffon e i pali dell’Olimpico sembravano poter raccontare una storia diversa: i segnali però sono stati ingannevoli e la Signora si è ritrovata a fare i conti con un’altra sconfitta. Inevitabilmente sul banco degli imputati finisce Maurizio Sarri, reo di aver perso anche questa finale (e se gli giravano alla vigilia, chissà oggi…), ma soprattutto di non aver ancora dato un’anima alla sua Juve.
I 180’ di Coppa Italia, epilogo ai rigori a parte, ci hanno mostrato una squadra senza mordente, persa in un possesso palla sterile, incapace di segnare un gol nonostante l’evidente (soprattutto contro il Milan) supremazia tecnica. La giustificazione del lungo stop regge fino a un certo punto, in primis perché vale per tutti, in secundis perché anche prima non avevamo certo visto una Juve scintillante. Restano i due trofei più importanti, ci mancherebbe, e se Sarri dovesse centrarli potrebbe anche farsi una risata ripensando a quelli persi, ma la realtà dei fatti, al momento in cui scriviamo, ci offre uno scenario a cui non eravamo più abituati: i bianconeri, anche in campo nazionale, sono tutt’altro che imbattibili.
“C’è delusione per i ragazzi, per la società, per i tifosi, ma in questo momento non possiamo esprimere di più sia per la condizione che per qualche assenza che abbiamo – ha spiegato il tecnico bianconero – Abbiamo questa grande difficoltà a trasformare la mole di gioco in brillantezza, ma non credo sia una questione di cattiveria. Cos’ho detto ai giocatori? Niente, siamo tutti molto arrabbiati e delusi, meglio stare zitti e parlarne successivamente…”.
Il primo trofeo post-Covid finisce così all’ombra del Vesuvio, legittimando la prestazione di un Napoli molto attento in fase difensiva e pungente al punto giusto davanti, come dimostrano i pali di Insigne (25’) ed Elmas (92’), entrambi su deviazione di un Buffon in grande spolvero. La Juve invece, che pure era partita forte, si è spenta alla distanza, prigioniera di un Ronaldo irriconoscibile e di un gioco che, evidentemente, non si addice alle sue caratteristiche.
Le responsabilità di Sarri sono evidenti anche sulla scelta dei rigoristi: mandare sul dischetto Danilo dopo che Dybala aveva già sbagliato, lasciando CR7 per ultimo, si è rivelato un errore. Il tempo per nobilitare la stagione c’è tutto, lo ribadiamo, ma i segnali non ci sembrano particolarmente propizi. E la faccia di Andrea Agnelli a fine partita vale più di mille parole…