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Le innovatrici del Bauhaus: le donne che hanno fatto impresa

Da comparse a protagoniste. Come scrive Sigrid Wortmann Weltge nell’introduzione al suo libro Women ‘s Work: Textile from the Bauhaus, le donne, con differenti interessi ed esperienze, “sono accorse alla scuola, convinte che questa istituzione d’avanguardia le avrebbe accettate come pari”.

Le innovatrici del Bauhaus: le donne che hanno fatto impresa

Molte di loro erano già delle professioniste e al Bauhaus volevano lavorare con artisti del calibro di Paul Klee, Wassily Kandinsky e László Moholy-Nagy. Sfortunatamente furono indirizzate in un laboratorio separato, il laboratorio di tessitura che divenne una classe preminentemente femminile.

Inizialmente, le donne del laboratorio di tessitura erano di gran lunga più numerose degli uomini; l’amministrazione istituì presto delle quote per bilanciare meglio le classi. Dopo aver completato il corso di base preliminare del primo anno, le donne erano indirizzate alla tessitura, mentre gli uomini potevano scegliere tra scultura, lavorazione di oggetti in metallo, grafica, fotografia, alchimia e altri campi per i quali la scuola è nota. Ogni seminario era coordinato da un cosiddetto “maestro” e gli ex studenti come Marcel Breuer(arredamento) e Herbert Bayer (grafica) alla fine diventarono “maestri junior”. Grande parte dei maestri erano uomini. Una fotografia dei maestri del Bauhaus, scattata dal tetto dell’edificio di Dessau, mostra 12 uomini e una sola donna: Gunta Stölzl, maestra di tessitura.

Ci sono più donne nelle arti applicate che nella pittura, più interiordesigner che architette. Ci sono molto più donne che scrivono d’arte di quelle che la praticano. Un esempio presciente è stato Ise Gropius, la seconda moglie di Walter, il cui ruolo è difficilmente sottovalutabile nella costruzione della reputazione del Bauhaus. È grazie agli sforzi di Ise, alle sue pubbliche relazioni, alle sue lettere, allele sue curatele e infine alla sua donazione della Gropius House a Lincoln, nel Massachusetts, che il Bauhaus ha iniziato ad essere conosciuto nel mondo inyero. La doppia scrivania dei Gropius (la parte di Ise ha una macchina da scrivere) è una delle prime installazioni che si notano quando si visita la Gopius House a Lincoln.

Nell’ultimo decennio è venuto finalmente a galla il contributo delle donne alla costruzione dell’immaginario de Bauhaus. Anni Albers ha avuto una retrospettiva alla Tate Modern. Le fotografie di Lucia Moholy sono considerate opere d’arte in sé, non più solo una documentazione del genio di altre persone, come ritenevano alcuni dei suoi colleghi più famosi. Ma ci è voluto tanto tempo e queste storie sono piuttosto frustranti.

Per questo abbiamo voluto offrire ai nostri lettori i profili di sei donne il cui contributo al Bauhaus non è stato inferiore a quello dei loro colleghi maschi. I profili sono stati scritti da Alexandra Lange, architetto e critico d’arte. il suo ultimo libro, The Design of Childhood: How the Material World Shapes Independent Kids, è stato pubblicato da Bloomsbury nel giugno 2018. Le illustrazioni sono di Ellen Surrey, grafica e illustratice di Los Angeles.

Gunta Stölzl

Quando Gunta Stölzl (1897–1983) nel 1927 divenne maestro del laboratorio di tessitura al Bauhaus, cancellò la parola “studente” sul tesserino identificativo della scuola e la sostituì con la parola “Meister”, preferendola il femminile “Meisterin”. Come la prima e unica maestra donna, nominata non dai colleghi ma dai suoi stessi studenti, non aveva più nulla da dimostrare.
Il lavoro della Stölzl — arazzi astratti dai colori vibranti, tessuti industriali resistenti, tappeti lussureggianti — mostra le possibilità di espressione e sperimentazione dell’arte della tessitura. Anche se quella disciplina potrebbe non essere stata necessariamente la sua scelta preferita o quella dei suoi studenti, la Stölz ha profondamente rinnovato le forme tradizionali di “lavoro da donne” come il ricamo, l’applique e la tessitura piatta e le ha spinte in nuove direzioni. Anni Albers assunse la direzione del laboratorio dopo che Stölzl fu costretta ad abbandonare, nel 1931, per il montante antisemitismo. Dopo aver lasciato il Bauhaus, la Stölzl si trasferì a Zurigo e fondò un’attività di tessitura a mano; alla fine degli anni ’60 si dedicò esclusivamente alla tessitura di arazzi.
Una volta individuato il lavoro della Stölzl, è difficile non vederne l’impronta, anche negli spazi progettati dalle superstar maschili della scuola, Walter Gropius e Marcel Breuer. Nel Prellerhaus, le residenze degli studenti, a Dessau, si possono ammirare 100 identiche coperte a strisce, tutte realizzate, su disegno di Stölzl, dal laboratorio di tessitura.
Quando nel 1926 fu introdotta la sedia in tubolare d’acciaio di Breuer, non fu solo il telaio a essere pionieristico. La sedia, oggi conosciuta come Wassily, non avrebbe funzionato senza il tessuto teso tra la struttura metallica della seduta, i braccioli e lo schienale. Quel tessuto, noto come Eisengarn (filato di ferro), è stato ideato nel laboratorio di tessitura della Stölzl. “Nell’archivio di Harvard abbiamo quattro diversi campioni di questo Eisengarn in grandi colori, arancione, blu, oro”, afferma Laura Muir, curatrice della mostra “The Bauhaus and Harvard”. “Oggi lo producono solo in nero perché è solo attraverso le fotografie in bianco e nero che ci viene tramandato il Bauhaus”.
Quando i musei mostrano le versioni originali della sedia, in realtà dovrebbero esserci due crediti sull’etichetta: Breuer, per la struttura, gli studenti della Stölzl per il rivestimento.

Alma Siedhoff-Buscher

Alma Siedhoff-Buscher (1899–1944) entrò nel Bauhaus nel 1922 e, come le sue compagne di classe, fu assegnata al laboratorio di tessitura. Un anno dopo, chiese il trasferimento e fu accettata nel dipartimento della scultura in legno, ma solo perché la sua area di interesse era il design per i bambini. Il gioco era un elemento importante del progetto del Bauhaus: Johannes Itten, il maestro che teneva il corso preliminare, era un ex insegnante di scuola materna; Josef Albers lo avrebbe ereditato dopo la partenza di Itten nel 1922.
I Vorkurs, o corsi preliminari, istruivano gli studenti ad esplorare i fondamenti del materiale, della forma e del colore. Uno delle esercitazioni più famose, consisteva creare una struttura tridimensionale da un foglio A4. I compiti di progettazione non erano diversi dalle attività svolte dai bambini nell’ambito delle rivoluzionarie scuole materne di Friedrich Froebel. In questi ambienti i bambini di quattro anni imparavano a conoscere la simmetria, l’astrazione, la composizione e la matematica attaversol’uso di scatole e di blocchi di legno. La Buscher progettò due libri da colorare per familiarizzare i bambini con le idee di forma e di colore.
I primi progetti di Buscher furono giocattoli creati per il mercato. I suoi giocattoli — i blocchi di legno colorati, un modello geometrico di costruzione di una nave in legno, come pure i prodotti del laboratorio di tessitura — procurarono alla scuola degli introiti importanti. Nel 1923, progettò una suite di mobili per la scuola materna presso l’Haus am Horn, un prototipo abitativo ideato da Georg Muche e costruito per la mostra del Bauhaus di Weimar del 1923. I pezzi del mobilio includevano un armadio con pomelli neri a forma di palla, una gamma di scatole di legno luminose, alcune su ruote, che fungevano da blocchi di grandi dimensioni, un teatro di marionette e un deposito di giocattoli. Dopo la chiusura della mostra, il curatore britannico Nikolaus Pevsner acquistò i mobili per la propria casa, facendo sì che i suoi figli fossero tra i primi bambini del 20° secolo ad abitare in un ambiente colorato con delle parti intercambiabili, com’era nei sogni degli architetti.
La Buscher morì nel 1944 in un raid aereo nei pressi di Francoforte.

Marianne Brandt

Anche Marianne Brandt (1893–1983) lasciò il laboratorio di tessitura, incoraggiata da László Moholy-Nagy, per iniziare a lavorare con il metallo. Era una brava fotografa, che sperimentava il fotomontaggio — spesso con gli oggetti lavorati e lucenti che aveva creato. Lei e Wilhelm Wagenfeld, noti soprattutto per la teiera di vetro e il Kubus un set di contenitori impilabili, si distinsero ben presto per l’ideazione di oggetti casalinghi in forme semplici ed essenziali. La teiera, progettata nel 1924, è a pianta circolare, con un coperchio tondo e una maniglia semicircolare in ebano collocata sulla superficie dell’oggetto a mo’ di motozappa.
Quando il Bauhaus si trasferì a Dessau e focalizzò la propria attenzione sulle collaborazioni industriali, la Brandt e i suoi colleghi uomini crearono lampade per il mercato. Queste lampade furono installate ovunque nell’edificio di Gropius. Anche questi oggetti erano di forma circolare, lucide, con cavi e interruttori incorporati nel modo più naturale possibile. La lampada Kandem, creata con Hin Briedendieck nel 1928, fu uno dei prodotti più venduti del Bauhaus. Prodotta originariamente in rame, con un braccio regolabile e una base solida, la Kandem ha un design senza tempo ed è stata d’ispirazione per le lampade Anglepoise, Luxo e decine di altre lampade amate dagli architetti e dai consumatori. Oggi è possibile acquistare i posacenere di metallo, le zuccheriere e i portauova della Brandt da Alessi.
Dopo la guerra la Brandt insegnò arte e design a Berlino e a Dresda, trasferendosi infine a Chemnitz, nella Germania orientale, dove praticò pittura, tessitura e scultura.

Anni Albers

Anni Albers (1899–1994) iniziò nel laboratorio di tessitura, per poi dedicarsi al tipo di esperimenti con i materiali — che i colleghi uomini e Marianne Brandt — stavano facendo con i mobili e la progettazione architettonica. In genere associamo l’uso della plastica e del nylon al modernismo del dopoguerra, ma fu la Albers negli anni 20 a iniziare a lavorare con questi materiali. Le sue geometrie con filo di rane lucente facevano il paio con le astrazioni di Josef Albers nel vetro. Entrambi perseguivano strategie compositive simili in relazione alla struttura e al colore.
Nel 1933, il partito nazista, che vide nell’enfasi modernista del Bauhaus (e nei suoi numerosi aderenti ebrei e comunisti) una componente sovversiva, costrinse la scuola di design a chiudere. Anni e Josef Albers furono invitati a insegnare negli Stati Uniti al Black Mountain College, una scuola d’arte multidisciplinare di nuova costituzione poco fuori Asheville, nella Carolina del Nord. La scuola diventò uno dei numerosi “nuovi Bauhaus” in America.
Nel 1949, Anni Albers fu la prima artista tessitrice ad avere una mostra personale al Museum di Arte Moderna a New York. La mostra mostrava le straordinarie trame intessute a mano in crine e rayon; cotone, alluminio e juta. La mostra del MoMA includeva anche i gioielli realizzati con parti di materiale ferroso (un eccellente esempio di fai-da-te) esposti insieme alle creazioni in metalli preziosi di Alexander Calder e Ward Bennett.
Dopo il 1951 progettò anche tessuti per la produzione industriale della Knoll, dove il co-fondatore e designer Florence Knoll era alla ricerca di tessuti moderni per arredamento, sufficientemente impertinenti per vestire gli uffici del futuro.

Marguerite Wildenhain

Marguerite (Friedlaender) Wildenhain (1896–1985) faceva parte della prima classe di studenti del Bauhaus a Weimar nel 1919. Dovette superare la resistenza dei maestri del laboratorio di ceramica per accedere al corso, ma alla fine prevalse e le fu permesso di lavorare con questo materiale. Alla fine fu riconosciuta come mastro vasaio e le fu affidato la guida del laboratorio di argilla in una scuola d’arte. Durante l’esperienza al Bauhaus incontrò anche il futuro marito, il collega ceramista Frans Wildenhain. Si sposarono nel 1930.
Nel 1933 Marguerite, che era ebrea, fu costretta a dimettersi dall’insegnamento e lei e Frans si trasferirono nei Paesi Bassi. Nel 1940, le fu permesso di emigrare negli Stati Uniti, mentre Frans fu arruolato nell’esercito tedesco. Non si sarebbero visti per sette anni, una separazione che produsse un conflitto artistico e, infine, portò al divorzio.
“Non fidarti degli uomini”, si dice aver suggerito a un ex studente, “I vasi non ti deluderanno mai.”
Come la Albers, la Wildenhain avrebbe trovato spazio negli Stati Uniti. Nel suo caso, fu con i Pond Farm Workshop, che fondò nel 1949 a Guerneville, in California. Il lavoro americano della Wildenhain ebbe una vena naturalistica di differente ispirazione rispetto a quello portato avanti al Bauhaus. Mentre le sue stoviglie degli anni ’30 — disegnate per il produttore tedesco di porcellane KPM — erano composte da linee pulite e sagome enfatizzate, il suo lavoro nel dopoguerra prese toni più terrigni, maculati e striati. Questa nuova impostazione stilistica risentiva dei viaggi in Centro e Sud America, come pure nel sud-ovest degli Stati Uniti. Nel 2014 i Pond Farm furono iscritti nel registro nazionale dei luoghi storici e tutt’oggi continuano gli sforzi per preservare le strutture esistenti e il lavoro degli artisti che vi operano.

Lucia Moholy

Uno dei modi migliori per vedere i lavori della Brandt, della Buscher, della Stölzl e degli artisti del laboratorio di tessitura è attraverso le fotografie di Lucia Moholy (1894–1989), prima moglie del maestro László Moholy-Nagy.

Lucia Moholy non ebbe mai un rapporto ufficiale con la scuola. Quando lei e suo marito arrivarono a Weimar, lavorava già come montatore e fotografo. Usava una macchina fotografica di grande formato, e poi una Leica più portatile, per effettuare i propri scatti. Una volta che la scuola si trasferì a Dessau, la Moholy iniziò a documentato visivamente i nuovi edifici, realizzando stampe dei suoi negativi per campionari, pubblicità e pubblicazioni. Contribuì enormemente alla diffusione dell’estetica del Bauhaus sia attraverso la riproduzione sia attraverso il suo stile fotografico, che enfatizzava le qualità estetiche dell’architettura e degli oggetti.
Quando fotografò il fasciatoio infantile di Buscher, ad esempio, pose la macchina fotografica ad un angolo di 45 gradi, così da mettere in primo piano gli angoli acuti, privi di ornamenti dell’oggetto. Le ante e i cassetti erano semiaperti, così da suggerire la funzionalità di questo oggetto.
La Moholy trovava Dessau provinciale. Lei e Moholy-Nagytornarono a Berlino e alla fine divorziarono. Si mise allora con il comunista Theodor Neubauer. Quando egli fu arrestato dai nazisti, la Moholy fuggì a Praga, poi a Parigi, infine a Londra, lasciandosi dietro oltre 500 negativi in vetro.
Pensò che fossero andati perduti fino a quando vide alcune pubblicazioni sul Bauhaus, incluso il catalogo del Museo di Arte Moderna di New York del 1938, che utilizzavano i suoi scatti senza attribuzione. Scrisse a Walter Gropius, all’epoca capo della facoltà di architettura della Harvard Graduate School of Design, chiedendogli, senza troppo successo, di restituirle i negativi.
Oggi riteniamo la fotografia di architettura come un’arte interpretativa separata. Comprendiamo anche meglio il valore del lavoro della Moholy per la trasmissione dell’esperienza del Bauhaus. Il Bauhaus chiuse nel 1933 e tenne la sua prima retrospettiva al Museum of Modern Art nel 1938. Gropius e Charles Kuhn, curatore di quello che oggi è il Busch-Reisinger Museum, iniziarono a creare un archivio ad Harvard subito dopo la fine della seconda guerra mondiale. L’immaginario del Bauhaus rimase legato alle immagini e alla visualità impostate dalla Moholy.

Immagine di copertina: Le donne del Bauhaus. 1 Anni Albers; 2 Gunta Stölzl; 3 Marianne Brandt; 4 Marguerite Wildenhain; 5 Lucia Moholy; 6 Alma Siedhoff-Buscher.

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