Non è frequente che siano gli stessi lavoratori a proteggere un manager, persino protestando vivacemente contro la decisione di mandarlo via. Eppure è ciò che sta accadendo a Trieste, dove l’Anac, l’Autorità nazionale anti-corruzione, ha deciso che la nomina di Zeno D’Agostino come presidente del Porto va revocata. Un fulmine a ciel sereno che travolge una delle personalità più stimate della città giuliana: nominato nel 2016 dall’allora ministro Graziano Delrio, D’Agostino aveva rilanciato lo scalo marittimo triestino, consolidandolo tra i più grandi d’Europa, con 62 milioni di tonnellate movimentate e il primato di primo terminal petrolifero del Mediterraneo e ferroviario d’Italia.
Inoltre il presidente dell’Autorità portuale era stato protagonista dell’operazione della Nuova Via della Seta, che avrebbe fatto di Trieste un hub di scambi commerciali a livello internazionale, collegando l’Italia alla Cina ma anche al resto d’Europa attraverso accordi con l’Ungheria, la Germania e i porti del Nord Europa, oltre che attirando gli investimenti di mezzo pianeta, russi compresi. L’Anac però non vuole sentire ragioni: per l’anti-corruzione D’Agostino è “colpevole” di essere già alla presidenza di Trieste terminal passeggeri, società turistica e crocieristica detenuta per il 40 per cento dall’Autorità portuale. Poco importa se quella carica fosse in realtà di rappresentanza, svolta a titolo gratuito e senza effettivi poteri gestionali.
Per Anac le regole sono regole, a discapito dell’eccellente lavoro di D’Agostino, riconosciuto da tutta la città e dagli stessi portuali che in queste ore sono in agitazione (da quando è in carica ne sono stati assunti altri 300): hanno bloccato moli e container, al grido di “Qui non entra e non esce nessuno. Non ci muoviamo di un centimetro finché D’Agostino non torna presidente”. E’ vero: le regole sono regole, ma bisogna saper distinguere con intelligenza e lungimiranza la forma dalla sostanza e soprattutto valutare gli effetti che ogni azione ha. Altrimenti non si fa giustizia, ma si fanno solo autogol che rovinano l’Italia.
Può darsi però che dietro lo scudo della burocrazia, ci sia altro. Non per caso il gruppo di Forza Italia del Friuli Venezia Giulia, pur manifestando solidarietà umana a D’Agostino, ha criticato le sue aperture alla Cina. Il ministro grillino dello Sviluppo economico, Patuanelli, che è triestino, ha invece detto che lui rivuole D’Agostino di nuovo alla guida del Porto. Si vedrà, ma sarebbe un delitto sfasciare tutto e affondare Trieste che sul Porto vive.
SE proibisce doveva farlo anche nella precedente presidenza italiana e non svegliarsi chissa perché adesso con Dagostino, che ha fatto tanto bene!!! STRANO NOOOOO?
Non mi risulta ci sia questa stima incondizionata e di tutti.
Peraltro il trattato di Pace tuttora in vigore PROIBISCE che il Presidente del Porto Internazionale di Trieste sia un cittadino italiano.