Condividi

La ripartenza sarà parziale e lunga

La crisi è arrivata al quarto stadio. Dieci ragioni per non essere ottimisti sulla ripresa. Ma anche due elementi positivi.

La ripartenza sarà parziale e lunga

Se fermarsi per l’economia è un po’ come morire, ripartire è un po’ come risorgere? La riapertura dopo la chiusura obbligata dall’epidemia sarà un «pronti, via»? No. La nottata è lunga.

Lo tsunami non è ancora del tutto passato: molte parti di importanti settori saranno inevitabilmente investite e, non meno micidiale dell’ondata, arriverà la corrente di riflusso, sotto forma di lentezza del recupero, che trascinerà via imprese e posti di lavoro.

Vediamo prima di tutto a che stadio è la crisi economica causata dal microscopico virus che ormai tutti conosciamo. E poi spieghiamo le ragioni per le quali occorrerà molto tempo per rimettersi in piedi, ossia per arrivare ai livelli di reddito, produzione e domanda precedenti l’epidemia.

La crisi ha raggiunto un quarto stadio, pericolosissimo: la mancanza di liquidità. I precedenti tre sono stati, li ricordiamo in ordine di apparizione: le difficoltà provocate al settore manifatturiero dall’interruzione delle catene del valore, per la chiusura delle fabbriche in Cina; il tracollo dell’attività nel terziario, per la forzata astensione di massa dalle attività sociali; la caduta della produzione manifatturiera, per il venir meno di domanda, componenti e lavoratori (in alcuni Paesi o regioni tutti e tre insieme).

È importante sottolineare quest’ultima caduta, perché si è verificata anche in sistemi economici, come la Corea del Sud, dove non c’è stata alcuna restrizione al movimento delle persone per controllare l’epidemia. Dunque, è un effetto molto indiretto delle misure prese altrove, che accentua la recessione. Vedremo come e quanto il canale estero sarà anche in grado di agire da volano nella fase di risalita.

La mancanza di liquidità è dovuta alla forte contrazione del fatturato (molto sovente si è azzerato) e degli incassi (distinti dal primo, risentono dell’allungamento dei tempi di pagamento), mentre molte uscite hanno continuato a esserci, nonostante il taglio del costo del lavoro e il rinvio di oneri finanziari, fiscali e contributivi.

Il prosciugamento della cassa viene contrastato dalle politiche economiche con le misure di sostegno al credito. Che deve avere due caratteristiche: la velocità di erogazione e la sostenibilità. Senza la prima c’è il fallimento oggi, senza la seconda c’è il fallimento domani. È più grave l’assenza della prima, perché alla mancanza della seconda si potrà rimediare con interventi di bilancio pubblico mirati ad alleviare il debito privato.

In questo momento nessuno riesce a quantificare l’entità della recessione. Sono poche le statistiche su cui basare le stime. E siamo talmente fuori linea dal comportamento ordinario dell’economia che facilmente i modelli econometrici danno indicazioni sbagliate.

Talvolta anche gli indicatori risultano distorti. Per esempio, il PMI viene artificialmente tenuto su dall’allungamento dei tempi di consegna, che di solito è segnale di pressione della domanda sulla capacità produttiva, mentre in questo caso è spiegato dalla diminuzione dell’offerta per le misure sanitarie.

O vengono letti in modo distorto: il PMI manifatturiero cinese tornato sopra 50 è stato interpretato come recupero del livello precedente, mentre significa che l’attività è un po’ meno fiacca.

Sappiamo solo che la recessione è molto profonda, tanto da comportare addirittura una rara riduzione del PIL mondiale, come avevano facilmente desunto «Le lancette dell’economia» del 7 marzo (qui). Da lì in basso toccherà risalire.

Quanto rapida e intensa sarà la ripresa? Per rincuorare gli animi (anche il proprio), Jerome Powell, ottimo Presidente della FED, afferma che sarà «robusta». Ma poi aggiunge che il ritorno alle attività normali sarà graduale ed esitante («tentative»). Né sa dire quando inizierà, dipendendo dalla fine della fase più critica del contagio. E sottolinea che più si sta a casa e ci si preserva sani oggi (ergo: più il PIL cade), prima si riparte. La convergenza tra salute delle persone e dell’economia ormai non è più messo in dubbio da nessuno (ed è spiegata qui).

Ci sono però dieci ragioni per dubitare che sia una risurrezione: 1. la fermata delle economie non è stata simultanea e chi ricomincia prima incontra il vento contrario di chi si ferma dopo (lo si legge bene nella caduta del PMI sudcoreano in marzo); 2. si avrà paura di fare ripartire il contagio e quindi ci sarà prudenza nei comportamenti e nell’allentamento delle misure restrittive; 3. dovremo andare in giro con guanti e mascherine: non il dress code ideale per fare shopping; 4. si faranno turni sia per lavorare sia per uscire di casa: ciò riduce slancio produttivo e consumo; 5. alcune imprese non riapriranno più e alcuni settori non ripartiranno subito; 6. i viaggi internazionali rimarranno contingentati, per timore di reimportare il virus; 7. le catene del valore ci metteranno un po’ a girare senza intoppi; 8. la forte diminuzione del reddito limiterà la spesa; 9. perdite di risparmio, debiti accumulati e paura per il domani aumentano la propensione al risparmio; 10. calo dei profitti e incertezza sulla domanda futura abbassano la propensione a investire.

Perciò è molto probabile che la ripresa sarà a «J» rovesciata, con una risalita lunga e lenta verso i livelli di attività precedenti. Difficilmente si rivedranno i valori pre-epidemia prima del 2022.

Due lati positivi. Primo: i paesi imparano gli uni dagli altri e si attrezzano meglio e più in fretta, così accorciano la durata della recessione e avvicinano il momento della ripresa. Secondo: la politica economica è reattiva e aggiusta subito le misure là dove emergono falle negli interventi, sia sul fronte monetario sia su quello della politica di bilancio, e quindi riduce molto i danni permanenti.

Attenzione, però, a non considerare questi sostegni alle imprese e alle famiglie dei super stimoli che renderanno più forte la crescita: sarebbe come pensare che il ventilatore polmonare che arricchisce di ossigeno un malato di coronavirus gli consenta, appena uscito dall’ospedale, di correre la maratona come Abebe Bikila.

Commenta