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Libia: arriva la Turchia, i pericoli per l’Italia

Il Parlamento turco ha approvato la mozione che permette l’invio di truppe nel Paese nordafricano – L’8 gennaio Erdogan incontra Putin: se troveranno un accordo sulla spartizione della Libia, l’Italia finirà sotto scacco su più fronti

Libia: arriva la Turchia, i pericoli per l’Italia

Con 325 voti favorevoli e 184 contrari, il Parlamento turco ha dato il via libera all’invio di truppe in Libia per sostenere il governo di Fayez al-Sarraj, riconosciuto dalle Nazioni Unite. Al momento, il presidente Recep Tayyip Erdogan non sembra intenzionato a entrare in guerra, quanto a esercitare pressione sul generale Khalifa Haftar – che da aprile cerca di conquistare Tripoli – per convincerlo a ritirare le truppe.

In realtà, sta accadendo il contrario: negli ultimi giorni l’offensiva militare delle forze di Haftar si è intensificata, al punto da convincere Ankara ad anticipare il voto del Parlamento, inizialmente pianificato per la settimana prossima. La mozione approvata consentirà a Erdogan di mandare soldati in Libia per un anno.

LE REAZIONI

La mossa turca allarma l’Italia, che teme il riaccendersi della guerra civile e continua a sollecitare l’invio di una missione diplomatica Ue nel Paese nordafricano. Subito dopo il voto di Ankara, anche Bruxelles ha ribadito il suo appello a “cessare tutte le azioni militari” e a “riprendere il dialogo politico”. Preoccupazione è stata espressa anche dai Paesi confinanti, Algeria ed Egitto, e dalla Lega Araba, che si oppone a ogni ingerenza straniera nel Paese.

IL PROGETTO POLITICO DI ERDOGAN

Le truppe turche si concentreranno nella parte occidentale del Paese, con un’attenzione particolare per Misurata, dove risiede una minoranza turcofona, il pretesto usato da Erdogan per giustificare l’intervento “a protezione dei fratelli”. Ma il vero obiettivo del Sultano è un altro: creare un punto di irradiazione per l’Islam politico in Nord Africa ed espandere ulteriormente la propria area d’influenza (che già comprende Siria e Somalia), dando respiro al progetto propagandistico che punta a recuperare la perduta grandezza ottomana.

IL RUOLO DELLA RUSSIA

Dall’altra parte della barricata c’è la Russia, che sostiene Haftar anche militarmente. Di recente l’arrivo in Libia dei mercenari di Wagner – società di Yevgheni Prigozhin, molto vicino a Vladimir Putin – ha rafforzato notevolmente le azioni di terra condotte dal numero uno della Cirenaica, che già superava gli avversari nei cieli grazie al sostegno dei caccia e dei droni emiratini.

IL POSSIBILE ACCORDO FRA RUSSIA E TURCHIA

A questo punto, Russia e Turchia potrebbero decidere di spartirsi la Libia in aree d’influenza. La Cirenaica e il Fezzan rientrerebbero nell’orbita di Mosca – che ha dalla propria parte anche Egitto, Emirati Arabi e Francia – mentre la Tripolitania finirebbe nella sfera turca, con Misurata come punto di riferimento. Se ne saprà di più l’8 gennaio, quando Putin incontrerà Erdogan a Sochi.

I PERICOLI PER L’ITALIA

In ogni caso, è chiaro fin da ora che un accordo fra Mosca e Ankara sarebbe un grave problema per l’Italia, che si vedrebbe scalzare dalla Turchia in un’area decisiva su più fronti. Proprio in Tripolitania si trovano i giacimenti petroliferi Eni da cui dipende buona parte dell’approvvigionamento energetico italiano, per non parlare della costa da cui partono ogni anno migliaia di migranti. La prospettiva che tutto questo finisca in mano a Erdogan non è affatto rassicurante, anche perché in passato proprio il presidente turco si è dimostrato abilissimo a negoziare con l’Europa il controllo delle migrazioni dal Medio Oriente in cambio di sei miliardi di euro.

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