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Cedolare secca negozi: niente proroga, ma c’è una scappatoia

Nella nuova manovra di bilancio non c’è la conferma della misura introdotta l’anno scorso, ma chi firma il contratto d’affitto entro il 2019 potrà continuare a beneficiare della tassazione sostitutiva

Cedolare secca negozi: niente proroga, ma c’è una scappatoia

La cedolare secca al 21% sugli affitti dei negozi, in scadenza il 31 dicembre 2019, non ottiene la proroga al 2020. Nonostante le diverse proposte favorevoli arrivate dalla maggioranza come dall’opposizione, la norma introdotta l’anno scorso dall’esecutivo gialloverde non viene confermata con la nuova legge di Bilancio. Almeno per adesso.

Come la cedolare secca sugli affitti delle case, anche quella sui negozi sostituisce l’Irpef, le addizionali (comunale e regionale), l’imposta di registro e quella di bollo. La differenza è che si applica sui locali appartenenti alla categoria catastale C/1 e solo se il contratto d’affitto è stato firmato nel 2019.

L’ultimo punto è importante, perché contiene una possibile scappatoia. La legge parla solo di “stipula”, perciò se il contratto viene firmato entro quest’anno (a prescindere dalla registrazione e dalla decorrenza) la cedolare secca vale per tutta la durata dell’accordo (generalmente sei anni, rinnovabili di sei in sei).

Questo non basta però a consolare le associazioni di categoria. “Quella del governo e della maggioranza è una decisione sorprendente – ha detto il presidente di Confedilizia, Giorgio Spaziani Testa – La necessità della cedolare era talmente evidente che a richiederla erano state anche le associazioni dei commercianti, convinte anch’esse che l’eccesso di tassazione sui proprietari dei locali affittati ostacolasse l’apertura di nuove attività. In assenza della cedolare il proprietario è infatti soggetto all’Irpef, all’addizionale regionale Irpef, all’addizionale comunale Irpef e all’imposta di registro, per un carico totale che può superare il 48% del canone e al quale deve aggiungersi la patrimoniale Imu-Tasi, oltre alle spese di manutenzione dell’immobile e al rischio morosità (per non parlare degli effetti provocati dalla preistorica regolamentazione dei contratti di locazione interessati)”.

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