“Abbiamo preso una decisione in giugno, da allora sono stati fatti dei lavori tecnici. Il testo non si tocca, non c’è motivo per farlo, c’è già l’accordo politico“. Queste le parole del presidente dell’Eurogruppo, l’economista portoghese Mario Centeno, che chiude dunque la porta all’Italia sull’ipotesi di una ampia revisione del Mes, il fondo salva-Stati che tanto sta facendo discutere in questi giorni e che sta anche mettendo a rischio la tenuta dell’esecutivo italiano. La firma slitta sì a gennaio, mentre era inizialmente prevista a dicembre, ma i margini di manovra sono molto ristretti.
La data entro la quale i ministri delle Finanze europei, a giugno, avevano stabilito che l’accordo andasse raggiunto era il prossimo 13 dicembre: in gioco c’è non solo il fondo salva-Stati al quale è ostile l’Italia, ma un pacchetto di riforme che comprendesse il bilancio del blocco e un meccanismo di garanzia unica sui depositi. La struttura sembra dunque blindata, mentre nei giorni rimanente si lavorerà solo sulle tecnicalità anche se ancora in mattinata il ministro Luigi Di Maio aveva annunciato battaglia: “Sul Mes, siamo molto determinati. Per noi bisogna rinviare: così com’è non va bene, perché espone l’Italia e gli italiani a dei rischi troppo alti. Questa firma ci impegnerà per i prossimi 50 anni. Finché non avremo la certezza al 200% che l’Italia sarà al sicuro, non apporrò nessuna firma”.
Sulla questione ha riferito in Parlamento anche il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco, che ha rassicurato sul fatto che “la riforma segna un passo nella giusta direzione, soprattutto perché introduce il backstop al fondo di risoluzione unico”, ovvero lo strumento di supporto alle banche in difficoltà. Il vero grande progresso verso l’Unione bancaria, per quanto non ancora sufficiente per Visco.
“Le modifiche introdotte – ha aggiunto il governatore – sono di portata complessivamente limitata. La riforma non prevede né annuncia un meccanismo di ristrutturazione dei debiti sovrani. Come nel Trattato già oggi in vigore, non c’è scambio tra assistenza finanziaria e ristrutturazione del debito. Anche la verifica della sostenibilità del debito prima della concessione degli aiuti è già prevista dal Trattato vigente. È una clausola a tutela delle risorse del Mes, di cui l’Italia è il terzo principale finanziatore”.
Per quanto concerne la richiesta di aiuto da parte degli Stati in difficoltà, Visco ha spiegato che il nuovo Mes “affianca il criterio della capacità di ripagare il prestito da parte del paese richiedente”, come prerogativa dello stesso Meccanismo alle norme già esistenti. “Al tempo stesso la riforma chiarisce che queste verifiche preliminari non hanno alcun carattere di automaticità: seppure basate su criteri ‘trasparenti e prevedibili’ esse sono condotte lasciando un ‘margine di discrezionalità sufficiente’ alle autorità che le svolgono”. Per il governatore “l’esclusione di qualsiasi automatismo nelle decisioni circa la sostenibilità dei debiti pubblici e di un eventuale meccanismo per la loro ristrutturazione” è una “conferma importante” perché l’introduzione di un meccanismo di ristrutturazione del debito incorrerebbe in un “rischio enorme” quello di “innescare una spirale perversa di aspettative di insolvenza, suscettibili di autoavverarsi”.
In un passaggio del discorso, Visco ha infine lanciato un richiamo alla politica: “Vorrei sottolineare che un paese con un alto debito pubblico, soprattutto se il suo peso economico nell’area è elevato, deve innanzitutto porre in essere le condizioni per evitare di dover ricorrere” al meccanismo di aiuto. “Come si acceda eventualmente ai suoi fondi non è irrilevante ma non dovrebbe essere il punto focale di attenzione”, la sferzata. “La strada maestra è quella di ridurre l’incidenza del debito sul prodotto mantenendo l’avanzo primario su livelli adeguati, innalzando la crescita economica, tenendo alta la fiducia e basso il costo medio del debito. La presenza dell’Esm facilita quest’ultimo compito perché contiene i rischi di contagio, contribuendo così a conservare condizioni ordinate sui mercati”.
Dopo l’Eurogruppo di ieri, il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, si è detto però ottimista: “Accordo più vicino in Italia”.