La Spagna prova a formare un nuovo governo dopo tre anni di caos e quattro elezioni generali. La maggioranza che fino a domenica scorsa era considerata impossibile oggi è diventata necessaria. Ma con 10 seggi in meno e molte più difficoltà di prima.
Il partito socialista di Pedro Sanchez, che alle elezioni ha ottenuto 120 seggi (-3), e Podemos di Pablo Iglesias, che ne ha conquistati 35 (-8), hanno firmato al Congresso un’intesa per la formazione di un governo di coalizione. L’annuncio è stato dato con una conferenza stampa congiunta. “Abbiamo raggiunto un preaccordo per formare un governo di coalizione progressista che combini l’esperienza del Psoe e il coraggio di Unidas Podemos”, ha detto Iglesias, che dovrebbe assumere il ruolo di vicepremier.
Si parla di preaccordo in quanto rimanda le nomine della formazione dell’Esecutivo a dopo il voto di fiducia, anche se secondo quanto riferisce El Pais, Podemos dovrebbe ottenere la vicepresidenza e tre ministeri.
Un paradosso se si tiene conto del fatto che un mese fa proprio su queste stesse poltrone i due partiti avevano annunciato l’impossibilità di formare un Governo e la conseguente necessità di indire nuove elezioni, le quarte in tre anni. Ora però la via di un’intesa sembra proprio obbligata.
Numeri alla mano: i due partiti controllano 155 seggi, 21 in meno rispetto ai 176 necessari per ottenere una maggioranza. Per governare avranno dunque bisogno dell’appoggio di altre formazioni politiche minori, tra cui gli indipendentisti catalani. Confermato l’appoggio di Más País (3 deputati), dei nazionalisti baschi del Pnv (7 seggi), dei galiziani del Bng (1 seggio), del partito aragonese Teruel Existe (1 seggio) e dei due deputati della Coalición Canaria. Si arriva a 170.
All’opposizione, in base alle ultime dichiarazioni, andranno invece i 10 deputati di Ciudadanos, gli 88 del Partito Popolare, i 52 dell’estrema destra rappresentata da Vox e i 2 di Navarra.
Ago della bilancia saranno di nuovo gli indipendentisti catalani. Se Junts per Catalunya sembra destinata ad occupare in qualunque caso gli scranni dell’opposizione, i 13 deputati di Erc (gli stessi che fecero fallire l’investitura di Sánchez lo scorso luglio) potrebbero invece appoggiare il Governo in cambio di alcune concessioni (il punto sarà proprio vedere cosa chiederanno in cambio).
Il futuro politico della Spagna è dunque ancora una volta appeso a un filo. Nelle prossime settimane si terrà il primo voto d’investitura, durante il quale bisognerà raggiungere la maggioranza assoluta per ottenere l’investitura. Dalla seconda votazione (che di solito si tiene due giorni dopo) sarà sufficiente la maggioranza semplice (più sì che no). Sarà in questo frangente che si capirà se la Spagna riuscirà davvero ad avere un nuovo governo o se lo psicodramma elezioni continuerà.