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Pagamenti digitali, Bankitalia: +10% con incentivi manovra

Secondo la Banca d’Italia è condivisibile la crescita Pil dello 0,6% per il 2020 – Ma l’Ufficio di Bilancio è prudente e gli industriali del Nord stroncano la manovra

Pagamenti digitali, Bankitalia: +10% con incentivi manovra

Gli incentivi previsti dalla nuova manovra faranno aumentare i pagamenti digitali di circa il 10%. Parola di Luigi Federico Signorini, vicedirettore generale della Banca d’Italia. Nel corso di un’audizione parlamentare sulla legge di Bilancio, Signorini ha sottolineato che la propensione all’utilizzo delle carte di pagamento “è sensibile a incentivi monetari simili a quelli prefigurati dalla manovra (cash-back, premi, sconti, punti). Sulla base delle elasticità generalmente stimate, ci si può attendere, come effetto congiunto dei provvedimenti di incentivo previsti dal Governo, un aumento delle transazioni elettroniche dell’ordine del 10%”.

Bankitalia “guarda con favore a iniziative che incentivano l’uso di strumenti innovativi – ha aggiunto – che riducono i costi delle transazioni e possono contribuire a recuperare il ritardo nella digitalizzazione dell’economia italiana”.

Per incentivare i pagamenti digitali, la manovra abbassa nuovamente il tetto ai pagamenti in contanti e un rimborso per chi acquista beni e servizi con strumenti elettronici. Quest’ultimo incentivo, precisa Signorini, “funzionerà bene se si riuscirà ad attuarlo in modo semplice e chiaro, evitando qualsiasi appesantimento burocratico per le parti coinvolte”.

Ad oggi, in Italia i pagamenti con carta sono pari a poco più del 30%: come in Spagna, ma molto meno che in Francia (70%) e Germania (45%).

BANKITALIA: “CONDIVISIBILE” PIL 2020 +0,6%

Per quanto riguarda gli effetti generali attesi dalla nuova manovra, il vicedirettore generale della Banca d’Italia ha detto che “il quadro macroeconomico del governo per il prossimo anno, che prevede una crescita del prodotto dello 0,6 per cento, si conferma condivisibile e in linea con le nostre valutazioni più recenti”. Per il 2021, invece, “l’obiettivo di crescita (1%) è un po’ superiore alla stima recentemente diffusa dalla Commissione europea (0,7%); non è fuori portata, ma per raggiungerlo appare necessario che si mantengano condizioni finanziarie distese e che non si indebolisca ulteriormente il quadro internazionale”.

“ATTENZIONE ALLE CLAUSOLE IVA ANCHE NEL 2021 E 2022”

Signorini fa poi notare che la manovra economica riduce le clausole di salvaguardia per il biennio 2021-2022, ma non le cancella, e “l’ammontare residuo incluso nello scenario programmatico resta significativo: un punto percentuale del Pil nel 2021, 1,3 punti nel 2022. Se fossero abolite senza compensazioni nel 2021 e nel 2022, l’effetto meccanico di tale abolizione sarebbe un aumento del disavanzo al 2,8 nel 2021, e al 2,7 nel 2022. Il peggioramento strutturale dei conti sarebbe considerevole: circa un punto percentuale del Pil. Si riproporrà quindi l’esigenza di reperire coperture alternative”.

UPB: “EFFETTI MANOVRA SOLO +0,3% DI PIL IN TRE ANNI”

In un’altra audizione sulla manovra davanti alle commissioni Bilancio di Camera e Senato, il presidente dell’Ufficio parlamentare di bilancio, Giuseppe Pisauro, ha riferito che da un’analisi dello stesso Upb emerge che “la legge di bilancio avrebbe un effetto espansivo sul Pil reale nel complesso del triennio 2020-22 di 0,3 punti percentuali, appena al di sotto di quello stimato dal Mef nel Dpb (0,4 punti)”.

In ogni caso, secondo Pisauro la manovra contiene “una programmazione con troppe incertezze”, soprattutto perché fissa per “il 2020 un livello del rapporto deficit-Pil stabile rispetto agli anni precedenti, rinviando agli anni successivi la sua riduzione. Riduzione per conseguire la quale ci si affida ancora principalmente alle clausole di salvaguardia su Iva e accise (19 miliardi nel 2021 e oltre 25 miliardi nel 2022) che zavorrano il quadro programmatico di bilancio senza che sia fornita alcuna indicazione sul loro destino futuro”.

Nella manovra, prosegue, “vengono inoltre presi impegni divergenti nel triennio in materia di entrate e spese: al netto delle clausole di salvaguardia, le prime tendono a ridursi (dai 7,5 miliardi del 2020 ai 3,9 miliardi del 2022), le seconde a salire sensibilmente (da 0,7 miliardi il prossimo anno a 11,3 miliardi del 2022)”.

CONFINDUSTRIA: “MANOVRA INSUFFICIENTE E INEFFICACE SULLA CRESCITA”

Ancora più esplicito il giudizio negativo di Confindustria: “Sebbene la manovra contenga alcuni interventi positivi è nel complesso insufficiente rispetto alle esigenze del Paese – ha detto Marcella Panucci, direttore generale dell’associazione, in un’audizione andata in scena lunedì – e rischia di non incidere in modo efficace sulla situazione di sostanziale stagnazione dell’economia”.

Ma in rivolta sono soprattutto gli industriali del Nord: i presidenti delle associazioni industriali di Lombardia, Veneto, Piemonte e Emilia Romagna hanno stroncato la manovra. Enrico Carraro (presidente di Confindustria Veneto) ha scritto ai parlamentari per chiedere modifiche su plastic tax, sugar tax e auto aziendali. “C’è una sensibilità salutista, ma il governo l’ha giocata contro le imprese” è la sintesi delle sue osservazioni. Marco Bonometti ( Lombardia) attacca duramente: “Sono stati sprecati venti miliardi con quota 100, reddito di cittadinanza e prima con gli 80 euro senza creare occupazione e senza andare incontro ai giovani”. Pietro Ferrari (Emilia Romagna) parla di “un governo dell’improvvisazione con misure né pensate né curate”. E Fabio Ravanelli (Piemonte) vede solo “tante ombre e solo una luce: l’aver scongiurato l’aumento dell’Iva)”

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