Da Facebook a Google, da Apple ad Amazon: Washington difende gli interessi dei suoi campioni digitali anche in Italia. Se il governo e il Parlamento di Roma non faranno retromarcia sulla Web Tax inserita nel decreto fiscale collegato alla manovra, gli Stati Uniti si vendicheranno con un’immediata ritorsione economica. La minaccia, riportata dall’agenzia Reuters, arriva da un funzionario dell’amministrazione di Donald Trump, che martedì ha incontrato la stampa a 24 ore dalla visita alla Casa Bianca del presidente della Repubblica italiana, Sergio Mattarella.
Trump “crede si tratti di un’ingiusta discriminazione nei confronti delle aziende statunitensi, dal momento che sono le principali aziende che sarebbero colpite da questa tassa – ha spiegato il funzionario – Se le aziende statunitensi venissero prese di mira in questo modo, non avremmo altra scelta che quella di rispondere per difendere i business Usa”.
Il Presidente americano dovrebbe parlare della questione oggi con Mattarella. L’obiettivo numero uno degli Stati Uniti è scongiurare qualsiasi accordo internazionale sulla Web Tax – soprattutto a livello Ocse, dove si cerca un’intesa sul tema ormai da anni – ma ciò non toglie che Washington sia pronta a combattere anche contro le iniziative legislative dei singoli Paesi.
Il decreto fiscale approvato all’alba di mercoledì “salvo intese” insieme alla manovra e al Documento programmatico di bilancio (già spedito a Bruxelles) istituisce una Web Tax con aliquota al 3% sulle imprese digitali. Il gettito stimato è piuttosto alto: circa 600 milioni di euro l’anno.
L’imposta si applicherà da gennaio alle società con un fatturato globale annuo superiore a 750 milioni di euro e almeno 5,5 milioni di ricavi in Italia da servizi digitali. In questo modo l’Italia pone un argine all’elusione fiscale dei giganti della rete, che sfruttano le falle delle norme comunitarie per spostare i profitti da un Paese all’altro e pagare le tasse con le aliquote irrisorie dei paradisi fiscali interni all’Ue (soprattutto Irlanda, ma anche Olanda e Lussemburgo).
La Francia ha preceduto l’Italia sulla strada della Web Tax, ma ad agosto si è dovuta piegare ad un accordo con gli Usa che l’ha costretta a rimborsare le aziende per una somma pari alla differenza tra l’imposta francese e un meccanismo in bozza presso l’Ocse.