Nessun “aumento selettivo”, nessuna “rimodulazione” dell’aliquota ridotta e di quella intermedia. L’Iva non salirà di un centesimo su alcun prodotto. Lo ha assicurato il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte: “La prima bella notizia è che sterilizziamo l’aumento dell’Iva. Neutralizziamo le clausole di salvaguardia: i 23 miliardi ci sono, li abbiamo trovati”, ha detto il Premier parlando con i giornalisti all’uscita da Palazzo Chigi. “Anzi stiamo lavorando per portare l’Iva sulle bollette dal 10% al 5%, e su latte, pasta pane dal 4% all’1% – ha aggiunto – L’obiettivo è pagare tutti i pagare meno”.
Conte ha anche ribadito che nella legge di Bilancio ci sarà il taglio del cuneo fiscale per i lavoratori dipendenti, misura particolarmente cara al Partito Democratico. Non è però chiaro quante risorse saranno impiegate su questo fronte: inizialmente si era parlato di cinque miliardi, ma non è da escludere che questa cifra venga dimezzata, facendo scattare l’intervento da giugno.
Questo ed altri capitoli della nuova manovra sono ancora al centro del dibattito interno alla maggioranza, dopo il vertice di governo infruttuoso andato in scena nella notte fra domenica e lunedì.
È possibile che una nuova riunione si svolga oggi pomeriggio, prima del Consiglio dei ministri convocato alle 18.30 per dare il via libera alla Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza.
Tra i pochi punti fermi c’è la certezza che, almeno per quest’anno, l’Esecutivo non toccherà le risorse stanziate per quota 100 e reddito di cittadinanza.
Il dubbio fondamentale rimane quello sul deficit. Grazie a un tesoretto da 7-8 miliardi messo insieme quest’anno in vario modo (risparmi su reddito di cittadinanza e quota 100, minori interessi sul debito con l’abbassamento dello spread, maggiori entrate fiscali grazie alla fatturazione elettronica) il disavanzo del 2020 dovrebbe attestarsi all’1,6%, contro il 2% programmato. Il Governo chiederà quindi a Bruxelles ulteriore flessibilità, ma ancora non si sa quanta.
Se alzassimo l’asticella fino al 2,3% (il M5S si è spinto a chiedere il 2,5%), l’aumento dello 0,7% varrebbe circa 12 miliardi e mezzo. Sembra però che il Tesoro non si spingerà oltre il 2,1, massimo 2,2%, perché la Commissione europea non pare orientata a concedere di più. La differenza non è da poco, considerando che ogni decimale in più o in meno vale qualcosa come 1,8 miliardi.