Il primo round è oggi alle 14: i vertici parlamentari del Partito Democratico e quelli del Movimento 5 Stelle si incontrano ufficialmente per la prima volta, per provare a mettere in piedi un accordo e formare una nuova maggioranza.
Impensabile solo fino a poche settimane fa, ora il governo giallorosso è più di un’ipotesi, ma non è ancora realtà. All’inizio dell’incontro Di Maio e Zingaretti non saranno fisicamente presenti ma i due si sono sentiti telefonicamente per tutta la mattinata.
Ci sono ancora alcuni nodi da sciogliere, in particolare due: il taglio al numero dei parlamentari, che il Pd si rifiuta di votare con questa formula (andrebbe inserito, secondo i Dem, in una più ampia riforma istituzionale); e il nome del nuovo presidente del Consiglio da proporre al Capo dello Stato.
Di tempo ce ne è poco: entro martedì Sergio Mattarella vuole una risposta, altrimenti non è escluso che si torni alle urne, come continua a sperare la Lega di Matteo Salvini, che oggi di certo “guferà” l’intesa Zingaretti-Di Maio. Il primo giro di consultazioni si è chiuso praticamente a vuoto, se non con una vaga intenzione espressa da M5S e Pd al Quirinale sul tentativo di un nuovo governo: ora serve un’accelerata.
E’ infatti nell’interesse di entrambi i partiti evitare le urne, che premierebbero inesorabilmente la Lega e il centrodestra, e allo stesso tempo è nelle prerogative del presidente della Repubblica provare fino alla fine a prendere atto di una nuova maggioranza in Parlamento.
Anche perché le scadenze sono stringenti: entro l’autunno va varata una manovra delicatissima, che comprende anche la questione delle clausole IVA, e stando così le cose non si riuscirà ad andare ad elezioni – nella migliore delle ipotesi – prima del 3 novembre.
Gli ostacoli sulla strada di una piena intesa (tutti vorrebbero evitare un governo debole e di breve durata) tra 5 Stelle e Pd sono noti ma nemmeno così tanti: cruciale sarà capire come i grillini accetteranno di mettere in discussione un provvedimento bandiera come il taglio dei parlamentari e quale nome verrà scelto per Palazzo Chigi.
Giuseppe Conte, reduce dal tardivo figurone in Senato, sembra però out: si troverà l’accordo su un nome terzo? Il toto premier al momento vede in pole la numero 2 della Corte Costituzionale, Marta Cartabia. Ma sono solo congetture, anche perchè il fatto che la Cartania provenga da ambienti vicini a Comunione e Liberazione fa storcere il naso ai più laici, che preferirebbero l’ex ministro e presidente dell’Istat, Enrico Giovannini o l’ex presidente dell’Anac, Raffaele Cantone.