Si chiama “reddito di opportunità” e non ha nulla a che vedere con il reddito di cittadinanza targato Cinquestelle. La proposta arriva dalla Fondazione Bruno Visentini e punta a sostenere le giovani generazioni.
L’idea è creare uno strumento d’azione, chiamato “Una mano per contare”, che permetta di acquisire beni e servizi per raggiungere l’indipendenza economica e sociale.
“Con una dotazione iniziale di 4,5 miliardi – scrive la Fondazione – sarebbe possibile intervenire su un numero cospicuo di giovani, riconoscendo loro una carta di 20mila euro ciascuno”, spendibile fra i 16 e i 35 anni di età.
In base al progetto, le risorse necessarie ad avviare il programma pilota del reddito di opportunità “possono essere rese disponibili grazie a una riprogrammazione di 3,7 miliardi di euro delle numerose e frammentate misure generazionali (alcune anche cofinanziate da fondi europei, come Garanzia Giovani) e il reindirizzamento di ulteriori 800 milioni di euro da altre misure non direttamente generazionali, ma con un potenziale impatto generazionale”.
La proposta del reddito d’opportunità è stata avanzata per la prima volta dalla Fondazione Visentini nel rapporto “Il divario generazionale: un patto per l’occupazione dei giovani”, presentato lo scorso dicembre all’Università Luiss Guido Carli. Oggi l’idea viene rilanciata in occasione della “Settimana mondiale dell’equità intergenerazionale”, opportunità di riflessione su un problema particolarmente sentito nel nostro Paese.
Già dal precedente rapporto della Fondazione – “Il divario generazionale tra conflitti e solidarietà”, pubblicato nel marzo 2017 – emergeva che il ritardo accumulato dalle nuove generazioni rispetto alle precedenti nel raggiungimento dell’indipendenza economica potrebbe arrivare a colpire oltre 12 milioni di persone. “Se non si dovesse intraprendere tempestivamente una strategia di contrasto a tale divario – scrive ancora la Fondazione – secondo il Generational Divide Index (GDI), nel 2030 potremmo assistere a un’intera generazione incapace di maturare e di assicurarsi una vita indipendente e autonoma se non quando ultraquarantenne”.
Infine, la Fondazione suggerisce anche di usare “l’imposta sulle pensioni più alte” per alimentare “annualmente un fondo nazionale per le pensioni integrative a favore dei giovani, restituendo loro una sicurezza economica a lungo termine che è attualmente minacciata”. Un’idea simile, anche se non specificamente rivolta ai giovani, è stata proposta mercoledì dal presidente dell’Inps, Pasquale Tridico.