Il ricorso senza limiti temporali alla cassa integrazione per 1.400 lavoratori; l’incertezza sullo scudo penale ad Arcelor Mittal, che ha minacciato la chiusura dell’impianto a partire da settembre; la decisione della Procura di Taranto di spegnere l’altoforno 2. Secondo Marco Bentivogli, segretario della Fim Cisl, sono questi i tre pericoli che mettono in dubbio il futuro dell’Ilva dopo l’incontro di ieri al Mise con il vicepremier Luigi Di Maio.
“Siamo molto preoccupati per quello che sta accadendo – ha detto Bentivogli – La notizia del possibile spegnimento di Afo2 si somma agli altri problemi riguardanti la cassa e lo scudo penale, complicando non solo la gestione dell’accordo, ma soprattutto il rilancio industriale e l’ambientalizzazione”.
In particolare, l’incertezza sullo scudo penale “che, ricordiamo, è solo temporaneo e limitato ai lavori che servono all’applicazione dell’Aia – continua Bentivogli – va sciolta il prima possibile, perché non si possono scaricare sui lavoratori e sulle loro famiglie i rischi della chiusura degli impianti e della perdita del lavoro in una zona del Sud del Paese con grossi problemi occupazionali”.
Rispetto invece alla richiesta di cassa integrazione, “riteniamo che l’azienda – sottolinea ancora il leader della Fim Cisl – partita con un livello occupazionale più basso rispetto alla precedente gestione, abbia già le necessarie flessibilità per affrontare il calo della domanda di acciaio, senza dover ricorrere agli ammortizzatori sociali. Per questo chiediamo il ritiro della procedura di cassa integrazione e l’impegno da parte di tutti a fare la propria parte senza scaricare su lavoratori e ambiente le proprie responsabilità. Anche perché è molto grave che azienda non abbia dato alcuna rassicurazione sul rientro alla fine delle 13 settimane dei 1395 lavoratori. L’accordo sul piano non ha compiuto ancora un anno, l’azienda è sottodimensionata, bisogna evitare azioni unilaterali che pregiudicherebbero la tenuta dell’intesa del 6 settembre 2018”.