In Rete circolano messaggi di preoccupazione e allarmismo per il 5G, la tecnologia cellulare di prossima introduzione, ma la trattazione dell’argomento in maniera rigorosa e competente mette in luce la completa infondatezza di ogni ipotesi catastrofica.
Prima di tutto, bisogna chiarire che la paura derivata dalle conseguenze dell’immersione degli esseri umani nel mare dei campi elettromagnetici può essere contrastata grazie ai dati accumulati nel corso di decenni di esposizione alle onde di propagazione. Abbiamo dati di ogni genere: alte o basse frequenze, lunghezze d’onda di ogni tipo, analisi, test, statistiche sull’esposizione per tempi più o meno prolungati a diversi tipi di sorgenti elettromagnetiche.
Ma cos’è un campo elettromagnetico, esattamente?
Ogni carica elettrica o magnetica crea nello spazio circostante una “perturbazione” o una “condizione” tale che fa avvertire una forza ad un’altra carica eventualmente presente nei paraggi. Questa condizione dello spazio, che ha la capacità di produrre una forza, è chiamata campo. Essa è generata da una singola carica ed esiste indipendentemente dal fatto che un’altra carica sia o meno presente nel campo e ne avverta l’effetto.
Il campo elettrico ed il campo magnetico sono strettamente legati l’uno all’altro: un campo elettrico può essere generato, oltre che da una distribuzione di carica elettrica, anche da un campo magnetico che varia nel tempo. In maniera analoga, un campo magnetico può essere generato, oltre che da un passaggio di corrente elettrica, anche da un campo elettrico che varia nel tempo. In altre parole, in condizioni ben precise, campo elettrico e campo magnetico divengono uno la sorgente dell’altro. Possono, in questo caso, essere considerati come due aspetti di un’unica grandezza fisica, chiamata appunto campo elettromagnetico.
Il campo elettromagnetico è in grado di provocare correnti elettriche nei materiali conduttori e quindi anche nei tessuti degli organismi biologici, attraverso il fenomeno della propagazione delle onde elettromagnetiche.
Ma quali sono le sorgenti di questi campi elettromagnetici?
Tutta la materia è fondamentalmente caratterizzata da una certa emissione di campo elettromagnetico che deriva dagli atomi e dai suoi nuclei che si scambiano continuamente energia attraverso le loro particelle. Tutti gli esseri viventi quindi sono assimilabili a circuiti oscillanti ad altissima frequenza in grado di emettere e ricevere radiazioni elettromagnetiche. In alcuni casi, queste emissioni sono visibili all’occhio umano. Ad esempio, nel caso dell’energia che il Sole invia tramite la sua luce verso il nostro pianeta, è possibile distinguere le onde di propagazione in base alla frequenza di oscillazione del campo elettromagnetico della luce stessa. Ogni colore ha una sua diversa frequenza e quindi una sua diversa lunghezza dell’onda. Altre sorgenti artificiali di onde elettromagnetiche prevedono oscillazioni più o meno frequenti, così che si può disegnare letteralmente uno spettro di tutte le possibili frequenze delle radiazioni elettromagnetiche.
Attenzione, però: la radiazione dell’energia nel campo elettromagnetico non va confusa con la radioattività. In nessun caso i segnali radio emanati da qualunque apparecchio trasmittente, dal telecomando della TV allo smartphone sono soggetti a decadimento radioattivo.
Ora, i principi fisici di base che consentono alle radio e alle televisioni di funzionare sono gli stessi utilizzati per far funzionare il 5G che, a sua volta, non è diverso dalla tecnologia cellulare attualmente applicata. Quello che cambia, ai fini della determinazione del rischio per l’esposizione ai campi elettromagnetici, è solamente un parametro (da cui ne derivano altri): la frequenza di oscillazione dell’onda. Questo valore influenza chiaramente quello della lunghezza dell’onda, ma i valori raggiunti in questi casi non sono affatto nuovi per gli esperti che conducono test e analisi sugli effetti dovuti all’assorbimento di tali onde.
Proprio per questo motivo, chi invoca il principio di prudenza, non deve far altro che andare ad osservare e a leggere l’esito di quanto è emerso in tutti questi anni di sperimentazione della tecnologia cellulare a banda larga. Il 5G è solo una versione aggiornata, più efficiente e più performante di tecnologie che già usiamo da tempo. L’equivoco frequente è credere che la maggiore velocità implichi necessariamente maggiore potenza quindi maggiori rischi per la salute. In realtà il 5G utilizza meglio le risorse: invece di diffondere il segnale in tutte le direzioni, lo concentra attivamente dove serve in quel momento. Inoltre, gli algoritmi matematici sono stati scelti per una resa più efficiente, così come le frequenze di trasmissione sono più alte, proprio per far passare più dati usando la stessa energia, o anche usare meno energia per far transitare la stessa quantità di dati.
In Italia, le bande di frequenza assegnate agli operatori di telefonia mobile sono tre: 694-790 MHz, 3600-3800 MHz e 26,5-27,5 GHz. Le prime due non sono una novità mentre lo è la frequenza compresa tra i 26,5 e i 27,5 GHz. Le frequenze più basse consentono il più agile superamento degli ostacoli, ma le più alte garantiscono velocità di trasferimento dati maggiori. Come si vede, la novità porta con se caratteristiche che in teoria dovrebbero far stare più tranquilli quelli che sono preoccupati di una penetrazione eccessiva delle onde nel corpo umano.
In ogni caso, tutte le lunghezze d’onda inferiori a quelle della luce (visibile) sono proprie di radiazioni cosiddette “non ionizzanti” cioè non ci sono rischi di alterazione delle molecole che compongono il tessuto del corpo umano. Lo studio va spostato solo ed esclusivamente sull’effetto termico di queste radiazioni.
Ad oggi, la rete 5G italiana conta tantissimi centri urbani – in tutte le regioni – che hanno la possibilità di accedere alla nuova tecnologia ormai da diverso tempo. Gli operatori hanno concluso la loro corsa competitiva e aggiornato le proprie offerte: il primo è stato Vodafone, in testa a testa con Tim e Wind.
Le principali agevolazioni offerte dalla rete 5G sono: maggiore velocità, minore latenza e la possibilità di organizzare più dispositivi in contemporanea. Questo significa che le applicazioni si moltiplicano a dismisura, alcune dalla portata rivoluzionaria: Internet Of Things, auto a guida autonoma, abbattimento definitivo del digital divide, servizi per le smartcity, Pubblica Amministrazione digitale e tanto altro ancora.
Le bufale sul 5G
Eppure su Internet, le fonti che parlano di rischi elevati, quando non di tragedie apocalittiche, sono numerosissime. La migliore risposta agli allarmi ingiustificati, fortunatamente, è fornita da uno studio durato 10 anni ed elaborato dal NIH (National Institutes of Health) statunitense in cui vengono esposti i risultati di un’analisi che cercava una qualche causalità o anche solo correlazione (spuria) tra radiazioni da telefono cellulare e tumori: non c’è alcun modo di mettere in una corrispondenza di causa-effetto i due elementi.
A volte viene il sospetto che la diffusione delle bufale sia una leva per il business di presunti apparecchi per difendersi dalle onde, antidoti per malattie completamente inventate e dispositivi per fare inutili “bonifiche” negli ambienti, e ancora corsi a pagamento per conoscere le migliori protezioni, fino ad arrivare ai cappellini e alle mutande schermate.
La pietra tombale sulla questione è forse proprio quella dell’Associazione italiana per la ricerca sul cancro (AIRC) che classifica i campi elettromagnetici quali cancerogeni di gruppo 2B, ovvero come “possibilmente cancerogeni per gli esseri umani: agenti per i quali vi è una limitata prova di cancerogenicità negli esseri umani e un’insufficiente prova di cancerogenicità in animali di laboratorio”. Questo significa, come specificato oltre che “non ci sono attualmente prove scientifiche sufficienti a sostenere un rapporto diretto di causa ed effetto tra l’esposizione a campi elettromagnetici e il cancro, ma la comunità scientifica concorda sul fatto che sono necessari ulteriori studi”. E ancora: “Il principale effetto biologico della penetrazione delle onde elettromagnetiche nel corpo umano è il riscaldamento, aspetto al limite rilevabile tenendo per ore uno smartphone all’orecchio. Tuttavia i livelli a cui siamo normalmente esposti sono troppo bassi per causare un riscaldamento significativo. Attualmente non sono noti effetti sulla salute causati dall’esposizione a lungo termine”.
Un termine di paragone? Il forno a microonde. Il microonde scalda i cibi solo grazie ad una potenza di circa 1.000 Watt confinati per la quasi totalità nel vano interno. Nessuno smartphone arriva ad erogare tutta quella potenza per l’invio dei suoi segnali, soprattutto concentrati nella direzione del corpo umano. Un altro esempio? Con un rilevatore di campi, ci si può ben accorgere come il segnale elettromagnetico diminuisca significativamente all’aumentare della distanza dalla fonte emissiva: se un router trasmette con una potenza di 100 mW (0,1 W), il massimo consentito in Italia e in Europa, a distanza di due metri si assorbiranno appena 0,025 Watt, a quattro metri 0,00625 Watt e così via. La legge fisica che governa questi valori ha la “distanza al quadrato” al denominatore!
Insomma, la ricerca ha appurato che il principale effetto biologico dell’assorbimento delle onde elettromagnetiche nel corpo umano è il riscaldamento. Ed è l’unico problema che possiamo porci. Un eccessivo riscaldamento dei tessuti non fa bene. Bisogna fare in modo che l’esposizione elettromagnetica non faccia aumentare oltre certi livelli la temperatura del corpo. Per questo motivo sono stati fissati limiti all’esposizione e istruzioni di uso per il cellulare. Sono norme definite da commissioni di esperti internazionali, se applicate in modo corretto la temperatura del corpo non dovrebbe crescere oltre un grado centigrado.
Le onde elettromagnetiche delle reti 5G penetrano solo a livello dell’epidermide (le tecnologie precedenti erano più invasive), cioè per un paio di millimetri. Quindi l’eventuale impatto non è sugli organi interni, ma sulla pelle (che è comunque un organo importante). Il problema è che la pelle del volto è diversa da quella dei piedi, ci sono pelli vecchie, pelli giovani, pelli ammalate. Bisognerà fare altri esperimenti, con l’aiuto dei dermatologi, anche su casi estremi, arruolando dei volontari per capire se c’è un effetto negativo causato dal riscaldamento della pelle. Ci vorrà del tempo. Un aumento di un grado centigrado di temperatura non dovrebbe causare problemi. Ma occorre verificare.
La conclusione è che l’implementazione delle reti 5G non comporterà un aumentato rischio per la salute dei cittadini tenendo presente che l’esposizione più elevata non è provocata dall’antenna della telefonia mobile quanto dall’utilizzo eccessivo dello smartphone.