Sono arrivati i risultati delle elezioni europee e mentre Salvini festeggia il suo primato in Italia, a Bruxelles si tirano le somme dei dati provenienti dai 28 Stati membri per cercare di capire quale sarà il volto del nuovo Parlamento europeo.
Come ampiamente previsto, sarà un Parlamento frammentato, dove i due grandi partiti tradizionali, il Partito Popolare europeo (PPE, centrodestra) e l’Alleanza progressista di Socialisti (S&D, centrosinistra) non riusciranno a governare da soli come avvenuto in passato. Dall’altro lato della barricata però, occorre fare una riflessione: se singolarmente i partiti sovranisti che minacciavano di sovvertire lo status quo comunitario hanno ottenuto buoni risultati soprattutto in Italia con Salvini, in Francia con Le Pen, e in Ungheria con Orban, i dati aggregati ci dicono che lo tzunami sovranista europeo è stato contenuto grazie soprattutto all’ascesa di Verdi e Liberali, che hanno sorpreso tutti sia in Germania che in Francia.
I RISULTATI DEI PARTITI “TRADIZIONALI”
Il Partito Popolare europeo ha perso 39 seggi, passando dai 219 del 2014 ai 180 di oggi. Il risultato è però ancora in forse perché per capire quanti saranno i seggi effettivi bisognerà aspettare di vedere quale sarà la sorte di Fidesz, il partito del Premier Viktor Orban, che ha ottenuto il 52,33% delle preferenze in Ungheria, pari a 13 seggi. Sugli ungheresi pende infatti l’ipotesi espulsione. Fidesz è al momento sospeso dal gruppo conservatore a causa di alcuni poster elettorali antieuropeisti e potrebbe passare all’ENL di Salvini e Le Pen, una perdita che però potrebbe costare molto cara al PPE in chiave maggioranza. Ricordiamo che del gruppo fanno parte anche altri grandi partiti europei di centrodestra come l’Unione Cristiano Democratica tedesca (il partito di Angela Merkel, per intenderci), I Repubblicani francesi, il Partito Popolare spagnolo.
Giù anche i socialisti, cui aderiscono il Partito Democratico, i socialdemocratici tedeschi, i socialisti spagnoli. S&D, che rappresenta il centrosinistra tradizionale, è passato dai 191 seggi di cinque anni fa ai 146 di oggi. Facendo dunque una somma la tradizionale alleanza tra PPE e S&D si ferma a 326 seggi, 50 in meno della maggioranza.
Per governare dunque i due gruppi avranno bisogno di trovare un terzo alleato. Il più probabile è ALDE, gruppo europeista, liberista e a favore di una maggiore integrazione economica, che ha ottenuto il miglior risultato della sua storia, salendo da 69 a 109 seggi. Da sottolineare però che sul risultato pesano anche i voti ottenuti in Francia da En Marche, il partito del presidente Emmanuel Macron (secondo partito con il 22,3%), che potrà garantire alla fazione liberale una ventina di preziosissimi seggi. Ad Alde, avrebbe dovuto aderire anche +Europa, che però non ha superato la soglia di sbarramento del 4%, fermandosi al 3,1%.
In crescita anche i Verdi che, grazie ai risultati ottenuti in Belgio, Francia, Germania e Irlanda, arrivano a quota 69 seggi (da 52) e si candidando ad entrare in maggioranza. Anche stavolta l’Italia è in controtendenza, dato che Europa Verde si è fermata al 2,3% e dunque non riuscirà ad entrare nel Parlamento.
GUE/NGL, la sinistra “più a sinistra”, arriva invece a 39 seggi (non c’è La Sinistra italiana, sotto lo sbarramento).
I RISULTATI DEI SOVRANISTI
Cominciamo dal gruppo sovranista e di estremadestra per eccellenza, l’ENL in cui confluiscono la Lega di Matteo Salvini, Rassemblement National di Marine Le Pen (Francia), Alternative für Deutschland (AFD, Germania), FPÖ (Austria), Partij voor de vrijheid (Olanda). Il boom di Salvini in Italia e di Le Pen in Francia è stato controbilanciato da risultati sotto le attese in Germania, Olanda e Austria, dove i tre partiti al Governo sono riusciti a frenare quelli di ultra-destra. ENL potrà contare su 58 seggi (erano 36 prima delle elezioni) pari al 7,7%. Un miglioramento sostanziale c’è dunque stato, ma le possibilità di formare una maggioranza, facendo fronte comune con gli altri gruppi con cui condivide idee simili, sembra piuttosto utopica.
L’ECR, gruppo sovranista, euroscettico e contrario all’integrazione europea, che comprende la destra polacca e i Conservatori britannici e, per il nostro Paese, Fratelli d’Italia è sceso da 79 a 59 seggi.
Rimane invece una vera e propria incognita il futuro dell’EFDD (54 seggi) e, con esso, quello del Movimento 5 Stelle. Il gruppo era guidato dall’UKIP del brexiter Nigel Farage, che però non esiste più. Al suo posto il leader euroscettico ha creato il Brexit Party, che ha sbaragliato tutti nel Regno Unito andando oltre il 30%. Ad oggi non è ancora chiaro se si formerà un nuovo gruppo, sempre a guida Farage, o se data la probabile breve permanenza dei britannici in Ue, la compagine si scioglierà definitivamente. In questo frangente, non si conosce nemmeno il destino del Movimento 5 Stelle, che nella scorsa legislatura era entrato a far parte all’EFDD e che prima delle elezioni aveva dichiarato di voler formare un nuovo gruppo insieme ad altri piccoli partiti. Il problema è che i partiti con cui i pentastellati avrebbero voluto allearsi – l’estremadestra antiabortista e omofoba polacca di Kukiz’15, guidata da Pawel Kukiz, i croati anti-euro e anti-Nato di Zivi Zid, guidati da Ivan Sinčić, il partito greco Akkel – faticheranno ad entrare in Parlamento, dunque il M5S potrebbe essere costretto a scegliere una strada diversa.
IL NUOVO PARLAMENTO EUROPEO
Come detto, popolari e socialisti, la cui alleanza ha guidato il Parlamento nel quinquennio 2014-2019, avranno bisogno di nuova linfa per formare la maggioranza. Oltre ad ALDE, ci sono possibilità che entrino a farne parte anche i Verdi. Bisogna però considerare che, in entrambi i casi, le richieste che questi gruppi formalizzeranno per garantire il loro appoggio saranno pesanti: potrebbero volere in cambio la presidenza di alcune commissioni chiave o addirittura quella del Parlamento europeo, mentre quella della Commissione sarà dettata dal PPE (la scelta ricadrà con ogni probabilità sul tedesco Max Weber)
Difficilissimo pensare invece che Popolari e socialisti stringano un patto con le altre tre forze euroscettiche, anche perché inglobando l’ENL o l’ERC i numeri per la maggioranza non ci sarebbero comunque.