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Keynes, perchè la sua saggezza è sempre attuale

Presentato all’Accademia dei Lincei, alla presenza del Presidente Mattarella, l’accuratissimo Meridiano “Keynes” di Giorgio La Malfa

Keynes, perchè la sua saggezza è sempre attuale

In una lettera a Celestino Arena, Direttore della Nuova Collana degli Economisti della Utet, nel negoziare – per incarico di Keynes – i termini contrattuali della traduzione italiana della Teoria generale e altri scritti di Keynes,  Sraffa scriveva che la traduzione “sarà impresa tutt’altro che leggera” . 

Dopo aver rifiutato garbatamente l’invito a esserne l’autore, Sraffa aveva acconsentito a controllare, sempre per desiderio di Keynes, due capitoli di “prova” che gli erano stati mandati. Non sappiamo chi fosse il traduttore, ma il giudizio di Sraffa è così severo da consigliare all’editore di fare un nuovo tentativo e forse di cercare qualcuno più esperto, a conferma di quanto l’opera sia impegnativa per il lettore e ancor più per un traduttore.  

La Teoria generale è un libro “difficile”, non perché ci siano termini tecnici o sia scritta in maniera oscura, al contrario, Keynes ci teneva che il testo fosse scritto nel linguaggio ordinario e la sua prosa è notoriamente affascinante: è difficile perché va contro i modi abituali di pensare, ieri come oggi. 

Quali sono i modi abituali di pensare in economia? Il più pervasivo è la convinzione che il comportamento virtuoso da promuovere è il risparmio sia privato che pubblico. La parsimonia degli individui è vista come virtù e la prodigalità come un vizio, così come il pareggio o addirittura il surplus del bilancio pubblico è visto come un segnale della solidità di uno Stato, mentre la spesa in disavanzo o il debito pubblico è sintomo e misura della sua debolezza.  

L’argomentazione critica di Keynes è fondata su due punti: uno è la confutazione dell’individualismo metodologico – che suppone che ciò che è vero per un singolo individuo sia vero per l’insieme di individui (la cosiddetta fallacy of composition) – e l’altro è l’inversione del nesso di causalità nella catena investimento-reddito-risparmio: è la spesa autonoma che genera il reddito da cui proviene il risparmio, per cui una generalizzata riduzione del risparmio, riducendo il reddito, può addirittura rendere impossibile l’aumento del risparmio desiderato, a riprova dell’errore di ignorare l’effetto composizione. Allo stesso modo, l’abbattimento del debito pubblico e la riduzione del disavanzo si ottengono solo con una crescita del reddito trainata dalla domanda, non con i programmi di austerità, che comprimono reddito e quindi anche gettito.  

La seconda strategia argomentativa usata da Keynes è il ricorso a due paradossi: il più famoso è quello di proporre di interrare bottiglie ripiene di banconote e consentire al pubblico di scavare il terreno per ritrovarle,  così il denaro viene speso e la domanda aggregata aumenta. L’altro paradosso è l’elogio della spesa in opere o attività effettuate non per ragioni economiche e che di per sé creano domanda. Ecco come La Malfa traduce questo famoso brano. 

L’antico Egitto fu doppiamente fortunato – e dovette senza dubbio a questo la sua leggendaria ricchezza –, poiché disponeva di due attività`, la costruzione delle piramidi e la ricerca di metalli preziosi, i cui frutti, non potendo essere consumati per servire i bisogni dell’uomo, non si deprezzavano con l’abbondanza. Il Medioevo costruì cattedrali e intonò lamenti funebri. Due piramidi e due messe per i defunti valgono il doppio di una; ma non è così per due ferrovie fra Londra e York. (Teoria Generale, edizione Meridiano, p. 153) 

Keynes ci ha insegnato che i mercati non sono luoghi in cui vige la perfetta informazione e non è vero che il comportamento razionale degli individui sia una regola universale; queste ipotesi, che erano e rimangono diffuse nella teoria economica dominante, non sono una fedele e quindi credibile rappresentazione della realtà. La ragione è che l’informazione che proviene dal mercato è raramente univoca e sufficiente a farci prevedere il futuro; quindi la dobbiamo ‘pesare’ con le nostre conoscenze e con la nostra esperienza. La decisione avviene sempre in condizioni d’incertezza, e anche se questa condizione non implica rinuncia alla possibilità di scelta razionale, “razionale” non va inteso nel senso della teoria tradizionale. La razionalità di cui parla Keynes ha un significato diverso da quella ottimizzante e include anche la “ragionevolezza” da applicare a situazioni in cui comportamenti apparentemente razionali (dal punto di vista astrattamente economico) possono avere risultati disastrosi.  

Keynes non ragiona mai solo “da tecnico” dell’economia, il suo il pensiero non è racchiuso solo negli scritti di teoria e il Meridiano ci offre l’opportunità di scoprirlo in altri suoi scritti. Vorrei ricordare qui due aspetti che allargano l’orizzonte dell’economista. La visione di Keynes del futuro, per esempio. Era fiduciosa per quanto riguardava le condizioni materiali dell’esistenza ma timorosa dei mali derivanti dalla perdita di valori essenziali per la coesione di ogni società. Come Keynes spiegò in un discorso alla Camera dei Lord nel 1943: 

Non è il timore di un’inadeguata produzione di beni in grado di assicurare uno standard adeguato di vita materiale che mi riempie di preoccupazione – perché i veri problemi che il futuro ci prospetta sono prima di tutto il mantenimento della pace, la cooperazione internazionale in un clima di fiducia reciproca, oltre a questi sono i grandi problemi morali e sociali di come fare in modo che l’abbondanza di beni materiali renda la nostra vita migliore. (Collected Writings , vol. XXVII, p. 261).   

L’obiettivo di una società eticamente giusta e fondata sulla ragionevolezza può essere raggiunto, secondo Keynes, superando gli ostacoli non solo materiali, ma soprattutto morali, che ne intralciano il cammino. Per questo riteneva che l’azione politica, esercitata attraverso la persuasione, fosse un mezzo importante per ottenere il risultato. I mezzi dell’azione politica devono fondarsi sulla conoscenza e l’esperienza, i soli che possono fornire la base della fiducia necessaria per affidarsi a una guida di esperti. Scrive Keynes che  

La condizione perché per un qualunque controllo o interferenza dall’alto abbia successo è che siano eseguiti in base alla competenza (Collected Writings, vol. XXVII, p.  643). 

In conclusione, Keynes ci lascia una guida su come riuscire a organizzare una società migliore, stabilendo regole e mettendo limiti all’azione del mercato, impedendo che l’interesse individuale prevalga, prevedendo un’azione di governo quando si presenti una carenza di domanda che deprime reddito e occupazione, di modo che l’acquisizione di beni materiali e il godimento dei frutti dei piaceri della vita non siano privilegio di pochi, ma una conquista della civiltà. La stabilità e la giustizia sociale sono pilastri senza i quali l’edificio costruito per il benessere economico, non sarà mai solido. 

Grazie, Giorgio La Malfa per averci offerto tutti gli elementi per riprenderci la saggezza di Keynes, come intitoli la tua bella introduzione a quella che è certamente un’impeccabile edizione della sua opera.  

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