Il caos su Alitalia non accenna a placarsi nonostante il governo ostenti serenità. Scaduto lo scorso 30 aprile il termine per la presentazione delle offerte vincolanti di potenziali partner interessati al salvataggio della compagnia commissariata, la proroga – ormai obbligatoria – chiesta dalle Ferrovie dello Stato dovrebbe diventare ufficiale nelle prossime ore. Nel frattempo il ministro sullo Sviluppo Economico, Luigi Di Maio, cambia le carte in tavola, sostenendo che per salvare Alitalia mancherebbe solo un ultimo sforzo: “il 15%”, non il 40%, come ipotizzato da tutti fino a giovedì.
Una notizia che, se confermata, rappresenterebbe una boccata d’aria fresca per una società che proprio a causa dell’assenza di acquirenti interessati veniva considerata sempre più vicina alla liquidazione.
IL CAOS ALITALIA IN BREVE
Ma facciamo un passo indietro. Il 2 maggio 2017 Alitalia venne posta in amministrazione straordinaria, un ultimo – disperato – tentativo di evitare il fallimento di una compagnia che ancora oggi brucia un milione di euro al giorno.
Il piano di salvataggio elaborato successivamente per evitare il tracollo prevede, oltre alla creazione di una bad company in cui far confluire i debiti, anche l’ingresso di nuovi soci in grado di immettere la liquidità necessaria per far ripartire la società.
Le offerte vincolanti dei nuovi soci, come detto, sarebbero dovute arrivare entro il 30 aprile, ma in mancanza di una soluzione si attende che i commissari proroghino il termine per la presentazione, probabilmente a fine mese.
Secondo le precedenti indiscrezioni, le offerte presentate coprivano solo il 60% del fabbisogno. Nel dettaglio si prevedeva l’ingresso del ministero dell’Economia con una quota del 15%, di Delta Air Lines, sempre con il 15%, e di Ferrovie dello Stato con una quota del 30%. Non abbastanza.
Per il restante 40% negli ultimi mesi sono state fatte molte ipotesi, dal Gruppo Toto a Cassa Depositi e Presti, passando per Lufthansa, che però si è tirata indietro a causa della presenza dello Stato italiano nel capitale dell’ex compagnia di bandiera.
ATLANTIA TRA CONFERME E SMENTITE
Tra i “papabili” è spuntato anche il nome di Atlantia, società che controlla Autostrade per l’Italia e Aeroporti di Roma. “Ci sono molti colloqui importanti in corso e Atlantia è tra questi”, ha confermato oggi, 3 maggio, il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Danilo Toninelli. Peccato che solo 24 ore prima l’ad della società, Giovanni Castellucci, abbia invece detto il contrario: “Premesso che a AdR ha un appeal a livello globale talmente elevato che il futuro non è così determinato dalla vicenda Alitalia e premesso che seguiamo da vicino la vicenda Alitalia e ci auguriamo possa trovare un assetto definitivo, ribadisco quanto detto qualche settimana fa in assemblea: abbiamo talmente tanti fronti aperti che non possiamo permetterci di impegnarci su un fronte talmente complesso come è Alitalia“, ha dichiarato il manager in occasione della presentazione della mostra “Le Ali di Leonardo. Il genio e il volo”. Rispondendo poi a chi gli chiedeva del possibile ingresso del gruppo nel salvataggio di Alitalia. “Non c’è nessuna novità, nulla è cambiato”, ha detto Castellucci. Che però alla domanda se fosse un no definitivo ha replicato: “Non posso dire di più”.
ALITALIA, DI MAIO: “MANCA SOLO IL 15%”
A far saltare i conti sono arrivate le parole pronunciate nel corso della trasmissione tv Otto e Mezzo da parte del ministro dello Sviluppo Economico, Luigi Di Maio: “Ci sono Fs, Delta e ci sarà il Mef, ci sono tre soggetti, ne manca uno, ma non manca il 40%, bensì il 15%”. Parole che hanno lasciato di stucco tutti i soggetti coinvolti.
“Ci sono tre soggetti, ne manca uno”, ha ribadito il vicepremier. Dalle sue dichiarazioni si deduce quindi che uno o due dei soci interessati abbiano deciso di aumentare (e non di poco) la propria quota. E il restante 15 per cento? L’opzione Atlantia non è stata ancora messa da parte al 100%. Secondo quanto scrive il Corriere della Sera, l’azienda guidata da Castellucci potrebbe in realtà entrare nella partita, ma solo se il Governo prometterà di sotterrare l’ascia di guerra dopo le tensioni causate dal crollo del Ponte Morandi che ha portato l’Esecutivo a formulare pesanti accuse nei confronti di Atlantia e a minacciare più volte la revoca delle concessioni autostradali.