L’economia del mare, ovvero il mercato shipping, vale nel mondo 450 miliardi di dollari e occupa 13,5 milioni di persone. In Italia, i porti rappresentano il principale partner distributivo e di posizionamento dei prodotti della manifattura italiana per l’accesso ai mercati internazionali e ai consumatori: il 55% delle esportazioni italiane extra Ue (112 miliardi su 205 miliardi totali), il 30% di quelle complessive (140 su 463 miliardi) e tra il 65 e l’80% di quelle destinate a Usa, Brasile, Cina e India, partono dai porti. Ma l’economia del mare è anche strettamente legata a quella “della terra” e a tutte le infrastrutture e alla catena logistica che spostano le merci da e per i porti. Se ne è parlato a Genova in occasione del convegno “Infrastrutture digitali e logistica delle merci”, organizzato da Uirnet, la Piattaforma logistica digitale nazionale, e da Logistica Digitale, con un preciso focus: mentre si parla di Via della Seta, con un accordo che cambierà volto ai porti di Genova e Trieste, quanto svantaggio competitivo sta determinando la mancata digitalizzazione di tutto ciò che, da terra, ha a che fare con l’economia portuale?
“La realizzazione e la messa in esercizio di infrastrutture digitali è essenziale per lo sviluppo socio-economico futuro dell’Italia, ma anche per recuperare la competitività persa negli ultimi 20 anni rispetto ai porti del Nord Europa e a quelli emergenti del Mediterraneo, come Marocco, Egitto, Turchia e Grecia”, sostiene Rodolfo De Dominicis, presidente e Ad di Uirnet. L’Italia infatti rimane tra i grandi sistemi portuali europei e mondiali, ma con rischi crescenti al ribasso e di progressiva marginalizzazione dalle grandi rotte del commercio internazionale: le attuali inefficienze sul fronte infrastrutturale e logistico pesano ogni anno per valori compresi tra 25 e 35 miliardi di euro, equivalenti all’1,5-2% del Pil. E va aggiunto l’impatto positivo e i benefici generabili dalla PLN (ossia l’ecosistema che riguarda trasportatori, spedizionieri, terminal, interporti, porti, armatori, aziende, centri intermodali, ferrovie e autorità portuali) in termini di recupero di efficienza nel sistema: tra i 7 e i 10 miliardi di euro, pari al 7,5% del Pil nel settore logistico e allo 0,5% del Pil italiano.
Genova è l’esempio più lampante di quanto lavoro ci sia ancora da fare. Pur essendo uno dei principali porti italiani (con 54,2 milioni di tonnellate movimentate nel 2017 e trend di crescita positivi rispetto al 2016, sia per i traffici containerizzati che convenzionali), non gode ancora di una rete di collegamento ferroviaria all’altezza, e il tutto si è reso ancora più complicato dopo il crollo del Ponte Morandi, che ha isolato ancora di più il capoluogo ligure dal resto del Paese. “Per tutto quello che riguarda la logistica, i collegamenti e i centri di deposito e smistamento delle merci, l’idea è quella di creare ancora più opportunità sfruttando anche gli spazi nell’entroterra, al di là dell’Appennino”, ha detto il sindaco di Genova Marco Bucci, intervenuto al convegno. Il problema però resta l’isolamento, in attesa del completamento di fondamentali opere come il Terzo Valico, che aggancerebbero Genova e il suo porto ai grandi assi commerciali disegnati dal progetto europeo dei corridoi ferroviari e che in Italia procede molto a rilento, come dimostra anche la vicenda della Tav Torino-Lione.
“Se si vuole uscire dalla situazione attuale di efficienza relativa del sistema logistico nazionale – ha aggiunto De Dominicis – lo Stato non può stare a guardare, ma deve intervenire con un monitoraggio attento sull’andamento del sistema, una verifica costante delle performance dei singoli attori e, soprattutto, deve continuare a promuovere – ma questa volta definitivamente – un sistema terzo che sia in grado di raccogliere, esaminare e gestire i flussi di dati che vengono dal campo per le finalità decisorie che gli competono”. “Attraverso la trasformazione digitale della logistica italiana e lanciando sul mercato un’offerta di servizi innovativi orientati alla digitalizzazione della catena logistica – ha invece affermato Fabrizio Perrone, AD di Logistica Digitale – possiamo creare un ecosistema, consolidando e coltivando le esperienze sviluppate insieme ad una rete di partner, rendendo disponibili le migliori competenze del settore e valorizzando le esperienze locali. Questo significa creare valore, utilizzando i risparmi generati dalla riduzione delle inefficienze di sistema per fornire un ritorno e continuare ad attrarre gli investimenti pubblici e privati del mercato”.