Il tempo è ravvicinato . Fino al 2023 ogni cinque nuovi posti di lavoro creati dalle imprese attive in Italia, uno sarà generato da aziende eco-sostenibili. Un trend quasi rivoluzionario per il sistema Italia che tra alti e bassi, tra incentivi promessi e poi dimenticati, guadagna posizioni nella green economy mondiale. Gli investimenti sono pesantemente a carico delle aziende che secondo il Rapporto Censis-Confcooperative.” L’economia che genera futuro'” entro il 2023 creeranno 500 mila nuovi posti di lavoro. Un valore globale macroeconomico che già oggi è pari al 2,4% del Pil. Non per niente il settore green è stato definito “il nuovo eldorado dell’occupazione italiana”.
I dati sono lo specchio di aziende ecosostenibili. Una tipologia di imprese che assorbirà il 50% in più di manodopera rispetto alle aziende del digitale (che non riuscirà ad andare oltre 214 mila nuovi occupati), e il 30% in più di tutte le imprese della filiera salute e benessere. Queste ultime, pur ben piazzate nel mercato mondiale, faranno assunzioni per oltre 300 mila unità. E’ un buon segnale anche che l’occupazione eco-sostenibile – considerate le stime del Pil italiano elaborate dal Fondo monetario internazionale, coprirebbe una quota del 18,9% del totale fino al 2023. Lo scenario italiano è di un fabbisogno, tra il 2019 e il 2023, di 2 milioni e 542 mila nuovi posti di lavoro.
La transizione verso un’economia pulita, dicono i ricercatori, sta determinando una modifica strutturale all’interno dell’occupazione nei Paesi avanzati e in quelli emergenti. Il bisogno di competenze green e l’adozione di tecnologie nuove nel campo della sostenibilità stanno accompagnando la riconversione dei modi di produrre e l’orientamento della crescita economica a livello globale. L’Italia ha bisogno solo di un maggiore sostegno con investimenti pubblici green oriented per demarcare un cambio di prospettiva e di competitività .I segnali indicatori che arrivano da Paesi che hanno fatto queste scelte ,come gli Usa di Obama, devono far riflettere. “Nel 2017 – ha detto Maurizio Gardini, presidente di Confcooperative – la stima economica degli effetti disastrosi di eventi collegati al cambiamento climatico ha raggiunto i 290 miliardi di euro. Evitare tali costi, potrebbe incrementare, entro il 2050% il Pil dei Paesi G20 del 4,7% netto”