Banca Tercas, una Cassa di Risparmio della Provincia di Teramo, nel 2012 finisce in amministrazione straordinaria. Siamo negli anni più difficili della crisi economica. Tercas, come era giusto che fosse, fu aiutata in maniera trasparente attraverso gli strumenti messi a disposizione del sistema bancario e considerati legittimi dal sistema legislativo. Era in amministrazione straordinaria e non era possibile riportarla alla gestione ordinaria. La Banca Popolare di Bari si propose di intervenire, ma era necessario colmare la perdita che Tercas aveva nei propri conti, così il Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi, un fondo finanziato interamente dalle banche senza intervento di soldi pubblici, deliberò di versare la somma di circa 270 milioni, che azzerò la perdita della banca e consentì alla Banca Popolare di Bari di intervenire con un aumento di capitale che, a quel punto, fu tutto utile perché le perdite erano state eliminate.
Popolare di Bari entrò nel gruppo e l’operazione si concluse positivamente. Nulla poteva far presagire che la Commissione non avrebbe apprezzato l’intervento del Fondo. Tanto più che si trattava di interventi che il Fondo, nel corso della sua storia, ha sempre fatto utilizzando proprie risorse senza violare alcuna norma del Trattato che, nel frattempo, non era stato certo modificato. Circa 80 interventi, fatti in precedenza, che hanno tutelato depositanti e aziende che, in forme diverse, si sono salvate. Così, quasi come un fulmine a ciel sereno, nel 2013, la Commissione, con una propria nota di interpretazione, e dunque non un atto normativo, cambia il proprio indirizzo fino ad arrivare alla decisione di avviare un procedimento nei confronti dello Stato italiano ritenendo che l’operazione fosse da considerare “aiuto di Stato” e, dunque, avesse violato le norme sulla concorrenza.
Da qui l’imposizione di restituire quanto erogato dal Fondo e il ricorso davanti alla Giustizia europea dello Stato italiano, del Fondo stesso e della Banca d’Italia. Oggi la sentenza sul caso specifico: “Quell’intervento su Banca Tercas del Fondo, un consorzio di diritto privato, non costituiva aiuto di Stato”. La Commissione non solo non aveva elementi per poter affermare che tale intervento sarebbe stato adottato sotto l’influenza o il controllo delle autorità pubbliche e che di conseguenza sarebbe stato imputabile allo Stato ma, al contrario, numerosi sono gli elementi che indicano come il Fondo abbia agito in maniera autonoma al momento dell’intervento a favore di Tercas.
Questo “errore” della Commissione ha prodotto una pesante distruzione di ricchezza con costi ben più alti di quanto sarebbe stato l’intervento del Fondo. La Banca Popolare di Bari ha subito la perdita di un miliardo nella raccolta con l’aggiunta di danni incalcolabili da un punto di vista reputazionale. A ciò si aggiunge che, successivamente, non è stato più possibile ricorrere al Fondo negando il salvataggio, che sarebbe stato possibile, delle “quattro banche” (tre ex Casse di Risparmio e una Popolare). Uno strumento efficace e sperimentato per affrontare le crisi bancarie che in passato ha mostrato la propria utilità, uno strumento semplice che si basa su un principio consolidato che è quello della mutualità tra gli istituti di credito, uno strumento il cui utilizzo è stato impedito all’Italia proprio negli anni più duri per l’economia e per il sistema bancario, nei quali si sono manifestati tutti gli effetti della lunga crisi.
La Corte di giustizia europea ha sancito che bloccare quel sistema è stato un atto giuridicamente illegittimo. Che fosse politicamente ed economicamente un errore era palese. Ma ora c’è un pronunciamento di un giudice terzo che, anche da un punto di vista formale, lo mette nero su bianco. Purtroppo la giustizia ha tempi diversi da quelli dell’economia e non sempre può arginare i danni della politica. Con “quell’errore”, infatti, la Commissione non ha fatto altro che aggravare la crisi bancaria e di conseguenza quella economica e, nel caso specifico, ha messo in difficoltà la Banca Popolare di Bari che è quella che più ha subito i danni e che, più di tutti, oggi può manifestare la propria soddisfazione. Ancora molto ci sarà da dire su tutta questa vicenda per capirne dinamiche e responsabilità. Oggi, però, un dato è certo: l’intervento del Fondo Interbancario non fu illegittimo e se un comportamento illegittimo ci fu, fu quello della Commissione europea.
°°°L’autore è il Segretario Generale dell’Associazione Nazionale fra le Banche Popolari