“Fuori la politica dalla musica” si sente dire in giro ed è come dire “vai in bicicletta senza pedali”. Sanremo, infatti, non è solo il festival della musica italiana ma, in molti aspetti, rappresenta nel migliore dei modi i cambiamenti della società, della cultura e quindi della politica di questo Paese. La Rai è il suo specchio fedele e lasciarla fuori è impossibile e forse anche ingiustificabile.
Nei mutamenti generali che attraversano l’Italia ci sono anche quelli compresi nei consumi audiovisivi, che intervengono, a loro volta, direttamente nei consumi politici: cala progressivamente la propensione alla partecipazione elettorale e, allo stesso modo, cala progressivamente il consumo di televisione e si riarticola la composizione dei pubblici di fronte alle diverse piattaforme politiche e mediatiche. Leggere Sanremo 2019 in questa chiave significa anzitutto tener conto di un mondo televisivo in progressivo decadimento almeno in termini di platea complessiva a tutto vantaggio di altre forme di impiego della risorsa tempo da parte del pubblico. In Italia, come pure in altri paesi, la rincorsa contro la concorrenza dello streaming, del non lineare, dei videogiochi e dei social appare affannata.
Necessario aggiungere che la misurazione di quest’ultimo mondo è tutt’altro che agevole: mancano i riferimenti storici, il contesto, le modalità di rilevamento di dati che sfuggono ad ogni analisi. Si è detto, a proposito di Sanremo 2019, che è stato rilevato un traffico social di oltre due milioni di contatti, ma è difficilissimo quantificare e qualificare per provenienza, tempo di riferimento, piattaforma utilizzata. Ad esempio, nella composizione del pubblico i dati Auditel ci dicono invece che le fasce giovanili sono cresciute intorno al 5% rispetto agli anni precedenti. Se queste analisi sono possibili con i dati Auditel, con il Web è tutto molto più complesso.
La 69° edizione appena conclusa, a differenza di molte altre precedenti, ci racconta cose molto interessanti su come, in che termini, gli italiani si rispecchiano oppure sono rappresentati dalle canzonette di successo sul palcoscenico dell’Ariston. Anzitutto la fotografia, lo stato dell’arte sugli ascolti, su quanti telespettatori erano incollati di fronte al teleschermo per le cinque serate del festival. Note di metodo: i dati che pubblichiamo sono frutto di nostra elaborazione di fonte Auditel e, al solo fine di rendere comprensibili numeri talvolta disomogenei tra loro, abbiamo circoscritto la ricerca ad una fascia oraria (20.30 -23.59) sufficientemente ampia da comprendere la maggior parte di coloro direttamente o indirettamente (sintonizzati su altri canali) contribuiscono a disegnare per larghi tratti l’immagine del Paese durante Sanremo.
Altra notazione di metodo: taluni sostengono che l’andamento quantitativo degli ascolti del festival potrebbe essere determinato dalla capacità dei conduttori o dalla notorietà dei concorrenti e/o ospiti. Questa osservazione può interessare una oscillazione di pubblico significativa ma non determinante. Pippo Baudo non è Claudio Baglioni come pure le grandi star internazionali della musica possono avere appeal differenti. Tuttavia, questo non intacca lo zoccolo duro degli italiani che, comunque, considerano Sanremo un appuntamento nazionale da non perdere, un po’ come avviene con la nazionale di calcio quando si classifica ai primi posti del Mondiale (!!!) oppure quando va in onda una nuova serie dell’Ispettore Montalbano.
Come è agevole constatare, per quanto riguarda la platea dei telespettatori i numeri danno ragione a quanti sostengono che comunque gli ascolti tengono e rendono bene agli inserzionisti pubblicitari (hanno investito 28 milioni, + 5% rispetto all’anno precedente). Per sostenere questa forza, necessario ricordare che durante i giorni del Festival sulle altre reti non vengono trasmessi programmi in concorrenza, cioè non si fa la cosiddetta contro-programmazione, lasciando libero tutto il campo possibile. Inoltre, è opportuno ricordare che comunque si tratta di share (la percentuale di spettatori di un determinato canale o programma televisivo sul totale della audience televisiva presente nella medesima fascia oraria) che seppure molto alto, tra il 38 e il 43%, significa pure che oltre la metà dei telespettatori totali è sintonizzato su un altro canale.
Altri dati interessanti si possono leggere sulla composizione sociodemografica del pubblico di Sanremo come il sesso, le fasce di età, il livello di istruzione, le classi economiche sociali di appartenenza e le aree geografiche di riferimento. Per quanto riguarda il sesso, le donne superano di gran lunga gli uomini: 6.5 contro 4.4 milioni in questa edizione (negli anni precedenti 6.5 contro 3.9 del 2018, 5.9 contro 3,6 del 2017 e 5.8 contro 3.6 del 2016). Dunque un pubblico stabilmente femminile, tendenzialmente in crescita rispetto a quello maschile.
Utile incrociare questi dati con la mappa sinottica di Eurisko (nonostante la sua età, del 2004, ancora utile per comprendere importanti dinamiche sociali) che ci consente di individuare meglio la loro identità. Le donne vengono definite con le seguenti aree: Le Donne Doppio Ruolo: si tratta di persone di età medio-giovane (dai 18 ai 34 anni) ed un profilo culturale e professionale mediamente elevato. Sono attente alle mode e all’impegno e sempre in equilibrio tra il mondo privato (la famiglia) e il pubblico. A Sanremo 2019 sono rappresentate con un valore medio rispetto alle altre categorie (681 mila). Il valore più elevato (1.055) lo troviamo con Le Signore Aperte: sono donne con oltre 54 anni, con reddito e livello culturale medio basso, casalinghe o pensionate, comunque informate e attive, presenti prevalentemente nelle grandi aree del Nord. Le altre categorie, Le Elite Femminili, Le Frizzanti, Le Solide e Le Insoddisfatte sono equamente distribuite su valori medi intorno ai 500 mila e rappresentano, nel loro complesso, un pubblico solido, forte, autorevole e con notevole spessore nella capacità di indirizzo dei linguaggi, dei comportamenti, della possibilità di incidere sui consumi. La loro misura rappresenta bene il “cuore” di Sanremo ed è imprescindibile per ogni altra valutazione.
Per quanto riguarda l’universo maschile, le tipologie prevalenti che li rappresentano sono: Elite Maschile, Lavoratore d’assalto, il Maschio Preculturale, il Signore Equilibrato e l’Anziano da Bar. Il gruppo prevalente è il Signore Equilibato, intorno agli 800 mila, definito in termini di fascia di età oltre i 54 anni, prevalentemente residente al Nord, con un reddito medio discreto (per lo più pensione) e fascia di istruzione medio bassa. Quello che guarda Sanremo potrebbe essere un signore benpensante, moderato nello stile di vita, nei consumi e nella partecipazione e, allo stesso tempo, in grado di intervenire in modo rilevane nell’arena pubblica. L’altra categoria più significativa, l’Elite Maschile (439 mila) è molto interessante: si tratta prevalentemente di giovani e adulti (gli stessi che quest’anno a Sanremo hanno apprezzato maggiormente l’offerta giovanile rispetto a “Villa Arzilla”) di età compresa tra i 24 e i 55 anni, tendenzialmente già occupati, con una buona base di reddito, elevato livello di attenzione e partecipazione, seppure suscettibili ai mutamenti in corso.