Se in seno all’Unione europea il progetto di una web tax che metta d’accordo tutti gli stati membri appare ancora lontano, paradossalmente quello di una regolamentazione delle industrie del web a livello mondiale sembra realizzabile grazie all’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse).
Ieri, 29 gennaio, è stato annunciato dall’Ocse che un accordo di principio – esteso anche ai paesi che non fanno parte dell’organizzazione con sede a Parigi – è stato raggiunto da 127 paesi e che rappresentano il 90% dell’economia mondiale. Anche l’Italia ha risposto positivamente all’accordo che si prefissa l’obiettivo di introdurre già dal 2020 regole comuni per tassare i giganti del digitale, i cosiddetti Gafa (Google, Amazon, Facebook, Apple), là dove concretamente realizzano fatturato e utili, come riporta La Stampa.
In ogni caso, le nuove disposizioni Ocse dovranno essere approvate prima dai rappresentati del G20 e poi adottate da ciascuno stato aderente all’iniziativa e che potrebbero sostituire quelle già accolte dai singoli stati.
Con l’ultima legge di bilancio 2019, l’Italia ha introdotto un’imposta del 3% sui ricavi delle società digitali con un fatturato globale oltre i 750 milioni di euro e con introiti derivanti da vendite digitali non inferiori ai 5,5 milioni.
L’intervento dell’Organizzazione con sede a Parigi ha fatto capitolare gli Stati Uniti che hanno detto sì all’accordo, che ha avuto “l’approvazione anche della Cina e dell’India” come ha spiegato Pascal Saint-Amans, direttore del Centro per la politica e l’amministrazione fiscale dell’Ocse.
“La comunità internazionale ha compiuto un significativo passo avanti verso la soluzione delle sfide fiscali derivanti dalla digitalizzazione. I paesi hanno accettato di esplorare potenziali soluzioni per aggiornare i principi fiscali fondamentali per un’economia del XXI secolo, quando le imprese possono essere fortemente coinvolte nella vita economica di giurisdizioni diverse senza una presenza fisica significativa”, ha concluso Saint-Amans.