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La Juve soffre ma vince e fugge (+11), Inter e Roma deludono

La peggior Juve della stagione si fa dominare da un’ottima Lazio per 70 minuti ma poi fa entrare Cancelo e Bernardeschi e ribalta cinicamente il risultato portando a casa tre punti importantissimi e ipotecando l’ottavo scudetto consecutivo – Bagarra per la zona Champions: l’Inter perde con il Toro (1-0) e la Roma si fa rimeontare dall’Atalanta (3-3)

La Juve soffre ma vince e fugge (+11), Inter e Roma deludono

Campionato riaperto, anzi no. Una delle più brutte Juventus degli ultimi anni ha seriamente rischiato di rimettere in discussione i giochi, o quantomeno di complicarsi la vita, in chiave scudetto, salvo poi risvegliarsi nel momento più difficile e portarsi a casa un’altra vittoria, l’ennesima di questo suo incredibile campionato, che la vede ancora imbattuta dopo 21 giornate.

Il successo sulla Lazio pesa come un macigno e non solo per il +11 sul Napoli: questi 3 punti, infatti, hanno risvolti anche sulla corsa Champions, con la Lazio costretta ad abdicare (per questo turno, s’intende) a un clamoroso aggancio sul Milan che sembrava cosa fatta. Già, perché per 74’ i biancocelesti sono stati padroni del campo tanto che l’1-0 (autogol di Emre Can al 59’) stava addirittura stretto.

Ma la Juve, per quanto in serata no, è sempre la Juve, nel senso di squadra ricca di campioni e soluzioni: e così Bernardeschi e Cancelo, usciti dal cilindro di Allegri, hanno costruito prima la rete del pareggio (74’, assist dell’ex viola per Dybala e tap-in vincente del portoghese sulla respinta di Strakosha) e poi quella del 2-1 finale (88’, rigore procurato dall’ex interista e trasformato da Ronaldo).

“Nel primo tempo abbiamo fatto malissimo e la colpa è mia – ha spiegato Allegri. – Aver messo Emre Can davanti alla difesa è stato un errore, non ha né tempi né geometrie. Nella ripresa invece avevamo iniziato meglio, poi però è arrivato l’autogol e abbiamo rischiato di perdere. Avevo detto ai ragazzi che vincere sarebbe stato importantissimo, per fortuna gli ingressi di Bernardeschi e Cancelo ci hanno aiutato…”.

A far da contraltare alla soddisfazione del tecnico bianconero c’è la delusione di Inzaghi, costretto a fare i conti con l’ennesima sconfitta della sua Lazio in uno scontro con un grande. “Il calcio è crudele, non ricordo di aver mai visto la Juve così in difficoltà in questa stagione – ha sospirato il tecnico biancoceleste. – Mi dispiace soprattutto per i ragazzi, hanno fatto una grande partita e non meritavano una sconfitta del genere, però sono fiducioso perché, continuando così, potremo toglierci diverse soddisfazioni”.

Ko che brucia, un po’ come quello dell’Inter anche se qui non ci sono alibi che tengano. Nell’1-0 contro il Torino, infatti, c’è ben poco da recriminare: la squadra di Spalletti ha giocato una brutta partita, meritando, di fatto, di tornare a casa senza punti. Certo, non si può dire che l’avvicinamento sia stato sereno: il caso Perisic, già nell’aria da qualche giorno, è esploso proprio nel giorno del match, come confermato dalla panchina di ieri e, soprattutto, dalle parole di Marotta (“ci ha chiesto di essere ceduto, proveremo ad accontentarlo nel rispetto di quelli che sono i nostri interessi”) subito prima del fischio d’inizio. E poi ci ha messo del suo l’allenatore, inventandosi un 3-5-2 poco logico con Politano, Asamoah e Nainggolan in panchina in virtù di Lautaro, Dalbert e Joao Mario.

Il risultato è che l’Inter, salvo i primi minuti (occasionissima con lo stesso Martinez), non è mai riuscita a rendersi pericolosa e che il Toro, pur senza incantare, ha vinto la partita con un colpo di testa di Izzo (34’) su cui Handanovic è stato tutt’altro che irreprensibile. “Avremmo dovuto giocare con più ordine – ha ammesso Spalletti. – Quando siamo andati in svantaggio abbiamo cercato di risolverla individualmente, invece ognuno dovrebbe attenersi ai suoi compiti. Dobbiamo rifare ordine sui principi di squadra e di gioco”.

La classifica dell’Inter resta buona (terzo posto a + 5 sul Milan quarto) ma continuando così si rischia di complicarla: urge fare chiarezza anzitutto sul mercato (oltre a Perisic potrebbe partire anche Candreva: al loro posto si tratta con Carrasco), per poi ritrovare uno spirito che, nel 2019, non si è ancora visto.

Discorso ancora diverso per la Roma, l’altra grande delusa di questo turno. Un pareggio a Bergamo, in linea di principio, ci può stare eccome ma non così: se vinci 3-0 al 40’ del primo tempo, infatti, non puoi che portare a casa l’intera posta in palio. La squadra di Di Francesco, invece, ha semplicemente smesso di giocare, col risultato di farsi raggiungere sul 3-3 e di rischiare a più riprese di perdere, sprecando così la chance di tornare al quarto posto da sola. Nulla è perduto, ci mancherebbe (domenica all’Olimpico ci sarà lo scontro diretto col Milan), ma continuando con questi alti e bassi sarà difficile raggiungere la Champions League.

E dire che i primi 40’ erano stati spettacolari, con i giallorossi chirurgici nel colpire l’Atalanta nelle ripartenze e trovare addirittura un triplo vantaggio, frutto della doppietta di Dzeko (3’ e 33’) e del gol di El Shaarawy (40’), che sembravano mettere fine alle ambizioni dell’Atalanta. Poi però, complice la rete di Castagne in chiusura di tempo (44’), i bergamaschi hanno ritrovato coraggio e la ripresa s’è trasformata in un vero e proprio assalto, andato a buon fine grazie al colpo di testa di Toloi (59’) e al destro di Zapata (71’), quest’ultimo un minuto dopo aver sbagliato un rigore.

“Assurdo vedere una squadra nel primo tempo e un’altra completamente diversa nel secondo, per giunta con gli stessi giocatori in campo – ha sospirato Di Francesco. – Non si può buttare via un vantaggio del genere, non siamo affatto guariti: qui c’è un problema mentale”. La 21esima giornata va così in archivio con la fuga della Juve (+11 sul Napoli: se non è un epitaffio sul campionato poco ci manca…) e la solita bagarre nella zona Europa nella quale, suo malgrado, rischia di rientrare anche l’Inter. A dimostrazione che il nostro non sarà il campionato più bello del mondo ma il più equilibrato, forse, sì.

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