Intorno alle 11 di mercoledì mattina Telecom Italia è sulle montagne russe in Borsa. Dopo avere avviato le contratttazioni in forte calo, fino a toccare -3% a quota 0,433 euro, il titolo – che ieri, martedì 22 gennaio, ha toccato nuovi minimi (-6,24%) ha registrato un brusco recupero. Con una vera e propria impennata le quotazioni si sono rovesciate fino a guadagnare l’1,41% a 0,451. Lo scorso giovedì sera, dall’annuncio dei risultati preliminari 2018, le azioni Tim hanno perso in Borsa circa il 14% del loro valore.
Una fiammata temporanea, seguita da un ritorno al rosso (-0,38% a 0,444 euro), attribuibile alle ultime prese di posizione del Fondo Elliott, azionista di TIM con l’8,8% del capitale, e favorevole non solo allo scorporo della rete di accesso in rame ma anche all’ipotesi di una rete unica tra Telecom Italia e Open Fiber tanto da chiedere al Cda la veloce convocazione di un tavolo per negoziare l’operazione. A questo tavolo, nelle intenzioni di Elliott, dovrebbe essere presente anche Cassa depositi e prestiti (che possiede il 50% di Open Fiber ed è anche azionista di Tim col 5% circa), di Enel (altro azionista di Open Fiber con il restante 50%) e degli altri attori rilevanti.
Rimane dunque alta la volatilità sul titolo in questa fase della difficile contesa interna tra i soci, dimostrata anche dall’alto numero degli scambi arrivati a superare gli 85 milioni di pezzi a due ore dall’inizio delle contrattazioni. I volumi di martedì sono risultati pari a 387,088,000 pezzi scambiati, un valore superiore sia alla seduta precedente sia alla media settimanale. La partecipazione degli operatori si sta intensificando, probabile l’avvio di una fase a volatilità elevata.
Da inizio maggio 2018, quando l’assemblea ha dato la maggioranza del Consiglio di Amministrazione alla lista proposta da Elliott, il titolo ha ceduto circa il 50%. Il crollo in Borsa si è riflesso sulla capitalizzazione che ora si aggira sui 9,1 miliardi di euro. Con la presa di distanze dell’Agcom dal progetto di separazione volontaria di Telecom in una società ad hoc (non poterebbe cambiamenti tali da consentire una modifica del quadro regolatorio se non accompagnato anche da un cambio di proprietà sulla rete), il management di TIM starebbe valutando varie ipotesi.