Nel complesso e movimentatissimo mondo dei broadcaster e degli audiovisivi sono comparse negli ultimi giorni due notizie di grande interesse: la prima si riferisce alla trimestrale di Netflix che ha chiuso il quarto trimestre del 2018 con utili in ribasso a 133,9 milioni di dollari (il risultato ha comunque battuto le attese) e ricavi in crescita a 4,19 miliardi (sotto il consensus). Secondo le previsioni degli analisti raccolti da Variety, il colosso Usa nel 2019 dovrebbe investire 15 miliardi di dollari (dai 12 nel 2018), in contenuti originali e produzioni proprie. Quest’ultimo dato è una cifra impressionante e rende bene l’idea della posta in gioco in un mercato dove sono molti gli appetiti e gli interessi. Ci sono pochi dubbi sul fatto che il colosso californiano sta assumendo le dimensioni da driver in tutto il perimetro della produzione e distribuzione di contenuti nelle diverse piattaforme, ruolo che si ripercuote anche nei settori limitrofi, come quello dei videogiochi.
Questa la seconda notizia: Microsoft ha annunciato ufficialmente di volersi candidare ad essere il riferimento globale per oltre 2 miliardi di videogiocatori sul pianeta e porsi come fornitore “ufficiale” dei videogame online accessibili su tutti i device e tutte le piattaforme. Nelle intenzioni del suo CEO, Satya Nadella, il colosso dell’informatica USA potrebbe trovare terreno fertile tra i suoi decennali “clienti”: tutti coloro che hanno utilizzato o utilizzano tuttora i suoi software e tutti coloro che hanno acquistato una consolle X-Box. Inoltre, a suo vantaggio, giocherà molto l’avvento del 5G che consentirà, grazie anche ad un tempo di latenza ridottissimo (intervallo di tempo tra impulso e risposta), di rendere l’esperienza di gioco in streaming molto più accattivante di quanto non avviene già oggi. Gli altri giganti non stanno a guardare: Google, Amazon come pure Sony (storico produttore di videogame e consolle) sono sul piede di guerra per il gaming on line.
È proprio questa connessione, questo intreccio sempre più sofisticato tra contenuti e piattaforme, che sta determinando una vera e propria rivoluzione nell’universo televisivo. La vera, grande e preziosa risorsa sulla quale tutti vogliono mettere le mani è il tempo del telespettatori, la quantità di ore che miliardi di persone passano ogni giorno di fronte ad uno schermo, grande o piccolo che sia.
Mentre nel mondo si agitano questi eserciti che sperimentano nuovi prodotti, si avviano verso nuovi territori, sono alla ricerca costante di proposte adeguate ad un pubblico in costante mutamento, nella nostra “povera patria” cosa succede?
Succede, ad esempio, che proprio “Povera Patria” sarà il titolo (ripreso da una nota canzone di Franco Battiato del 1991) di una nuova trasmissione informativa in onda a partire dal prossimo venerdì su Rai Due in seconda serata, poco prima delle 23. Nelle intenzioni del direttore della rete, Carlo Freccero, vorrebbe essere una specie di rivoluzione copernicana dell’infotainment di casa Rai. Ancora non abbiamo visto una puntata per intero ma sappiamo che il menù sarà interessante e nel pieno solco dell’attualità politica ed economica. Ma il vero e più significativo interesse per questa trasmissione è il contesto, è il senso generale che si vuole esprimere nella proposta di “nuovi” contenuti informativi o meglio, di “nuove” possibilità di confezionarli e proporli al grande pubblico. Il contesto è quello del quale si è parlato e si parlerà a lungo nei mesi a venire: la nuova identità editoriale (politica) che potrebbe assumere la Rai: populista e sovranista. È stato annunciato, tanto per sottolineare l’imprinting, che alla prima puntata prenderà parte il vicepresidente del Consiglio Matteo Salvini e che, tra gli argomenti trattati, ci sarà il problema sollevato dal suo collega Luigi Di Maio sulla moneta franco africana che proprio in questi giorni sta creando un considerevole clamore diplomatico.
Il fatto che il servizio pubblico possa proporre un nuovo format di questo genere dove si vuole “raccontare il mondo attraverso la conflittualità” è una notizia interessante (casomai qualcuno avesse in mente di vivere in un mondo tranquillo) ma è altrettanto interessante osservare che a Viale Mazzini non sembrano albergare idee chiare sul suo futuro. Il prossimo 6 marzo scadono i tempi (già rinviati una prima volta) per la presentazione del nuovo piano industriale e editoriale dove, almeno formalmente, si dovrebbero conoscere le linee guida di sviluppo per le reti e le testate giornalistiche (il nuovo Contratto di servizio prevede anche la loro possibile riduzione a fronte di una offerta giornalistica rimodulata e articolata). Di tutto questo, al momento, non si sa quasi nulla. È noto invece che in cassa non ci sono budget per sostenere tutto ciò che viene richiesto alla Rai. Si potrebbe aggiornare il titolo in “Povera Rai”.