Monte dei Paschi di nuovo nell’occhio del ciclone. La bufera sulla banca senese si è scatenata venerdì 11 gennaio quando Mps ha reso noti i dubbi espressi dalla Banca Centrale Europea sulla sua capacità di conseguire gli obiettivi del piano di ristrutturazione in termini di redditività e posizione patrimoniale.
A mettere il carico da novanta sono poi arrivate le parole del sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Giancarlo Giorgetti, secondo cui “nelle prossime settimane ci sarà forse un problema con Mps”. Difficile per i mercati ignorare l’allarme lanciato da uno dei più importanti membri del Governo italiano, soprattutto se l’oggetto di questo allarme è una delle banche che negli ultimi anni ha vissuto difficoltà talmente grosse da rendere necessario l’intervento statale e il conseguente ingresso nel capitale del Tesoro come primo socio. La questione banche (non solo Mps ma anche Carige, con i dovuti distinguo) rischia di diventare l’ennesimo terreno di scontro tra le due anime dell’Esecutivo, con la Lega propensa ad intervenire e il M5S fortemente contrario.
Ma la situazione finanziaria di Mps è di nuovo talmente grave da giustificare un “avvertimento” del Governo? Cerchiamo di capirlo dai numeri.
MPS I DUBBI DELLA BCE
La Vigilanza della Bce ha nuovamente puntato il faro contro gli Npl in pancia alle banche, nonostante gli istituti italiani nel 2018 abbiano ceduto oltre 70 milioni di euro di strumenti, un record storico. Il nuovo monito arrivato da Francoforte che, secondo i dati Abi si riferisce ai 37,5 miliardi di sofferenze rimaste in pancia, ha causato il tracollo borsistico delle principali banche, almeno fino a quando Unicredit, Intesa Sanpaolo e via via tutti gli altri, non hanno tranquillizzato il mercato sullo “scarso impatto” delle richieste arrivate dall’organismo di vigilanza europeo.
Per quanto riguarda Mps il riferimento è ai circa 7 miliardi (lordi) di sofferenze di cui la banca dovrà sbarazzarsi nei prossimi anni – dopo aver dismesso oltre 30 miliardi di Npl negli ultimi due anni – con un aggravio sul patrimonio di 1,1 miliardi. Dati gli sforzi già compiuti dunque, l’obiettivo non sembra poi così irraggiungibile.
Passando alla redditività, in base alle indiscrezioni, il Bilancio 2018 che Mps dovrebbe presentare il prossimo 7 febbraio, dovrebbe chiudersi con un utile di 300 milioni di euro. Una cifra che allontana l’obiettivo fissato dal piano industriale 2017-2021 a 1,2 miliardi di euro, ma che comunque rappresenta un traguardo soddisfacente dopo anni di bilanci in rosso intenso. A pesare sui conti della banca è il mutamento del contesto economico di riferimento. Parlando in parole povere: il piano di Mps è stato presentato prima che, con il nuovo Governo, lo spread schizzasse sopra i 250 punti base e le prospettive di crescita globale mostrassero forti segnali di rallentamento. Cambiate le prospettive economiche, sarà difficile dunque centrare tutti gli obiettivi, il che non significa che la “catastrofe” sia dietro l’angolo come gli avvertimenti (e i litigi) del Governo potrebbero lasciar pensare.
In questo entra in gioco anche il secondo problema sollevato dalla Bce, quello relativo al patrimonio. Mps entro la fine del 2018 avrebbe dovuto emettere una seconda tranche di bond subordinati. Tentativo fallito anche a causa della volatilità e dell’incertezza che hanno dominato a Piazza Affari negli ultimi mesi dell’anno passato. La Bce ha già concesso una deroga, ma piazzare questo bond sarà fondamentale per garantire quella solidità patrimoniale richiesta dall’Eurotower. Per Mps dunque la strada è ancora lunga e in salita, ma gli allarmismi, giustificati o no, sicuramente non aiuteranno la causa.