Per limitare i costi di quota 100, il Governo intende varare una nuova stretta sull’adeguamento all’inflazione delle pensioni superiori a 1.500 euro lordi al mese. La novità sarà contenuta nel maxiemendamento alla legge di Bilancio che l’Esecutivo si appresta a presentare al Senato e su cui quasi certamente sarà posta la questione di fiducia.
L’indicizzazione piena sarà concessa solo alle pensioni fino a tre volte il minimo, cioè fino a 1.530 euro lordi al mese. Oltre questa soglia, l’adeguamento sarà ridotto progressivamente all’aumentare dell’assegno, secondo uno schema simile ma meno severo rispetto a quello attualmente in vigore, che sarebbe scaduto a fine 2018. In questo modo il governo conta di risparmiare 200 milioni l’anno prossimo, 600 nel 2020 e 900 nel 2021.
Ecco come dovrebbero essere le nuove fasce:
- 95% di indicizzazione sugli assegni fra 3 e 4 volte il minimo;
- 80% fra 4 e 5 volte;
- 60% fra 5 e 6 volte;
- 50% oltre sei volte il minimo.
Il meccanismo oggi in vigore (prorogato dai tempi del governo Letta) prevede i seguenti limiti per l’indicizzazione delle pensioni:
- 40% sugli assegni fra 3 e 4 volte il minimo;
- 20% fra 4 e 5 volte;
- 10% fra 5 e 6 volte;
- niente adeguamento per gli importi superiori a sei volte il minimo.
Se fosse rimasto in vigore questo schema, i risparmi sarebbero stati di 350 milioni nel 2019, 800 milioni nel 2020 e 1,250 miliardi nel 2021.
La nuova soluzione durerà quattro anni, al termine dei quali sarà riconsiderata.
Senza questa misura, dal 2019 sarebbe tornato in vigore il vecchio schema di indicizzazione:
- 100% per le pensioni di importo fino a tre volte il minimo;
- 90% fra 3 e 5 volte il minimo;
- 75% oltre le 5 volte il minimo.
Il ritorno dell’adeguamento su tre scaglioni è stato richiesto più volte negli ultimi anni dai sindacati.