Si riaccendono le speranze di armistizio nella guerra commerciale fra Usa e Cina e le Borse ne approfittano, anche se la corsa europea frena nel finale. I listini continentali chiudono sotto i massimi di seduta, mentre Wall Street dopo un’apertura a razzo, si muove ora più cauta. In sintesi: Milano +0,98%; Francoforte +1,49%; Parigi +1,35%; Madrid +0,87%; Zurigo +1,74%. Londra +1,28%. A New York vanno bene tecnologici e industriali, inizialmente galvanizzati da un tweet di Donald Trump: “Colloqui molto produttivi in corso con la Cina! Occhio ad alcuni annunci importanti!”. Secondo l’agenzia Bloomberg, la Cina si sta preparando a ridurre le sue tariffe sulle auto importate dagli Usai dal 40% al 15%. Una schiarita arrivata già ieri, nel finale della seduta Usa consentendo un recupero.
Per l’Europa si tratta invece di un rimbalzo, che poggia però su un terreno ancora scivoloso in altri punti, visto che la Francia, dopo l’Italia, sembra intenzionata a non rispettare il rapporto deficit-pil 2019 concordato con Bruxelles (che valuterà la manovra in primavera), mentre Theresa May è in pellegrinaggio nel continente per trovare una via d’uscita onorevole dal labirinto Brexit, ma a Berlino ha già ricevuto il primo no a una riapertura delle trattative. D’altra parte il premier italiano Giuseppe Conte, accompagnato dal ministro Giovanni Tria, domani incontrerà a Bruxelles il presidente della Commissione UE Jean Claude Juncker, ma il mea culpa di Macron e le misure economiche annunciate dai francesi per placare le proteste interne, rafforzano nel Belpaese il partito di chi vuole cedere poco. Tante partite aperte che compongono uno scacchiere di cui dovrà tener conto anche la Bce nella riunione che comincia domani e che termina giovedì. C’è grande attesa per i toni che utilizzerà la Banca centrale e per la conferenza stampa successiva del governatore Mario Draghi.
Nelle more l’obbligazionario resta poco mosso: il rendimento del Btp 10 anni sale leggermente al 3,12% e lo spread con il Bund chiude a 287.90 in rialzo dello 0,91% rispetto a ieri.
L’euro s’indebolisce contro le principali valute e il cambio con il dollaro è in area 1,132. Debole la sterlina, che si muove in zona 1,25 contro il biglietto verde.
Bene il petrolio: Brent +1,48%, 60,84 dollari al barile. Stabile l’oro intorno a 1244 dollari l’oncia.
In Piazza Affari la prima della classe è Prysmian, +6,15%, che ieri era scesa ai minimi da gennaio 2015. Gli analisti stimano positivamente la conferma dei target 2018 e spiegano che l’attuale valutazione delle azioni implica una visione “troppo pessimistica” sulle prospettive del gruppo.
Il buon andamento dei tecnologici americani favorisce gli acquisti su Stm +3,23%. Bene Telecom, +2,99%, di nuovo al centro della sfida fra Vivendi e Elliott. L’azionista francese, che ha una quota superiore al 5%, ha scritto al cda “per spingerlo a convocare un’Assemblea il più presto possibile per nominare i nuovi revisori, revocare cinque dei dieci membri del Consiglio riconducibili alla lista Elliott, in particolar modo coloro che sono stati coinvolti nei problemi di governance, e proporre la nomina di cinque nuovi amministratori”. Il 6 dicembre scorso il consiglio di Tim non ha convocato l’assemblea per la nomina dei nuovi revisori e questo, secondo Vivendi “va contro tutte le regole di governance ed è fonte di disorganizzazione”.
Fca, +2,61%, chiude una seduta a tutta velocità in scia al tema dazi. Fra le utility brilla A2a +2,94%.
Le banche sono contrastate: Banco Bpm guadagna il 2,54% e viene premiata dopo aver selezionato la cordata composta da Credito Fondiario ed Elliott per la vendita di un portafoglio di 7,8 miliardi di Npl. E fuori dal paniere principale svetta Carige +5,88%.
Male invece Bper, -2,12%, peggior blue chip della seduta, mentre Carlo Cimbri, ad di Unipol (-0,71%), ribadisce che la banca modenese “è uno dei possibili destinatari interessati all’acquisto di Unipol Banca”. Giù Unicredit -1%.
Segno meno per Banca Generali -1,19%%. Nella moda il tributo più alto sul Ftse Mib è quello di Ferragamo, -1,5%, mentre fuori dal listino principale va a picco Ovs -9,93% (-80% da inizio anno), che tocca i minimi storici anche a causa dei dubbi sui conti dei terzo trimestre che verranno pubblicati giovedì sera.