L’aspettativa è quella dell’automazione o almeno un cambiamento sostanziale della metà dei lavori odierni nell’arco dei prossimi 15-20anni. Sulla base delle mansioni catalogate come “routine” nelle survey che l’OCSE fa per la popolazione dai 16 ai 65 anni, il 14% dei lavori esistenti nell’area OCSE potrebbero essere facilmente automatizzati e un altro 31 % sono a rischio di cambiare profondamente, portando così alla metà dei lavori esistenti quelli che ci si aspetta cambieranno sostanzialmente. E diversamente da quanto si sente spesso dire, non saranno tanto i lavori meno qualificati ad essere disrupted , quanto gli intermedi, a giudicare da quanto accaduto negli ultimi 20 anni. Basse e alte professionalità hanno polarizzato il mercato del lavoro mentre le skills intermedie sono diminuite tra il 5 e il 15% in tutti i paesi OCSE. Negli Stati Uniti sono passate dal 61% al 46% del totale.
Un altro studio appena pubblicato condotto dal Fondo Monetario Internazionale sulla posizione delle donne nell’economia digitale, mostra che alle donne più degli uomini sono destinati i lavori di routine facilmente automatizzabili. Sulla base della tecnologia corrente 26milioni di posti di lavoro tenuti da donne in 30 paesi OCSE più Cipro e Singapore sono ad alto rischio (possibilità al 70%) di essere sostituiti da robot nei prossimi 20 anni. Soprattutto le donne di più di 40 anni e con professionalità più basse, nelle vendite per esempio, sono ad alto rischio automazione. Estrapolando i risultati a livello globale, 180 milioni di posti di lavoro femminili sono a rischio di essere sostituiti da robot. La -relativamente- buona notizia è che le donne sono più presenti anche in lavori che richiedono social skills come insegnanti e infermiere che ci si attende si espandano. Inoltre, bisogna tenere in conto che compiti ripetitivi come quello di cassiera in banca, sostituiti dai bancomat, hanno permesso il cambiamento a mansioni più creative e di comunicazione complessa come la consulenza per l’investimento del risparmio etc…
Mentre alcuni giornali hanno scritto di 800 milioni di posti cancellati dall’automazione, gli studi seri sottolineano che poter essere automatizzati non vuol dire esserlo necessariamente e subito: dipenderà dalle decisioni delle imprese che sono determinate a loro volta dalle caratteristiche istituzionali ed economiche dei paesi in cui operano. Non solo: nuovi lavori saranno creati dall’aumento della produttività dell’economia digitale e quindi dell’aumento dei salari e dalla riduzione delle ore di lavoro per produrre beni e servizi. Ci si attende il moltiplicarsi di lavori nei settori di svago, viaggi etc… Come peraltro già scriveva Keynes nelle “prospettive economiche per i nostri nipoti”.
Sono i fatti e i numeri che mostrano come robocalypse non è alle porte: nei paesi dove esistono più robot per 10.000 occupati -Corea, Singapore, Germania Giappone- la disoccupazione è tra il 2 e il 3,8%, mentre in Italia che ha 4 volte meno robot la disoccupazione è al 10% (vedi grafico sotto).
La spiegazione è semplice: l’innovazione tecnologica è il motore della crescita di medio lungo periodo. Che crea posti di lavoro e permette salari elevati. Infatti, l’innovazione è parte essenziale della produttività totale, ovvero dell’efficienza dell’economia nel suo insieme. Quando questa non cresce l’economia non cresce: nei paesi dove la produttività totale è maggiore di quella italiana, ovvero tutti i paesi europei meno la Grecia, la crescita è maggiore e la disoccupazione minore.
Ma c’è un problema, anzi un paradosso che deve essere risolto da tutti i paesi avanzati: malgrado robot, capacità di calcolo, velocità di comunicazione, la produttività delle economie avanzate continua a crescere a un misero 0,5% annuo, ben lontano per esempio dal 2,5% sperimentato nel periodo 1995-2005 negli Stati Uniti.
Due conferenze si sono tenute su questo tema a distanza di pochi giorni: prima a Londra si è tenuta la conferenza sulle implicazioni della trasformazione digitale per le imprese, organizzata dall’OCSE insieme al dipartimento per le imprese e la strategia industriale e il dipartimento per il digitale, la cultura etc.. della Gran Bretagna. Poi a Roma una conferenza su Building Human capital for 21st century jobs, organizzata dalla Banca d’Italia con la Banca Mondiale.
Innovazione digitale e capitale umano sono infatti i motori della produttività a livello d’impresa: perché non si riflettono nell’efficienza complessiva dell’economia?