Martedì, fino a tarda sera, il governo May ha rischiato di cadere. Poi però, dopo un colloquio di sei ore a Downing Street, la Premier britannica è riuscita a piegare la fronda dei ministri dissidenti. E il Governo di Londra ha dato il via libera all’accordo raggiunto con l’Unione europea su Brexit. Un’intesa “soft” che sa di sconfitta, visto Londra cede su quasi tutti i punti fondamentali, piegandosi al volere di Bruxelles. Del resto, al di là della retorica elettorale ammannita dai fan della “Hard Brexit”, era proprio questo l’esito previsto da molti commentatori fin dall’inizio della trattativa: visti i rapporti politici e soprattutto economici che legano un singolo Paese (per quanto importante) agli altri 27 dell’Unione, il manico del coltello è sempre stato nelle mani dell’Europa.
“Sono sicura che questa sia la soluzione migliore – ha detto May – Lo abbiamo fatto nell’interesse del Paese. Ora ci attendono giorni difficili”. In effetti, il passaggio più ostico per la Premier deve ancora arrivare.
In realtà, nonostante l’ok, all’interno del Governo è guerra aperta, con 4 ministri che hanno deciso di lasciare il loro incarico in aperto dissenso con l’accordo. In mattinata il ministro britannico per l’Irlanda del Nord, Shailesh Vara ha deciso di rassegnare le sue dimissioni in aperto dissenso nei confronti dell’intesa sulla Brexit. “Con molta tristezza e rammarico ho presentato la mia lettera di dimissioni da ministro dell’Irlanda del Nord al premier”, ha scritto il 58enne esponente dei Tory in un tweet.
With much sadness and regret I have submitted my letter of resignation as a Northern Ireland Minister to the Prime Minister. A copy of my letter is attached.
It has been a joy and privilege to serve in the Northern Ireland Office and I will always cherish the fondest memories. pic.twitter.com/SN8j4OwhYD— Shailesh Vara MP (@ShaileshVara) 15 novembre 2018
“Oggi ho rassegnato le mie dimissioni da ministro della Brexit”. Questo l’annuncio fatto da Dominic Raab, ministro della Brexit attraverso Twitter. Anche in questo caso alla base delle dimissioni c’è la volontà di non supportare l’accordo”.
Today, I have resigned as Brexit Secretary. I cannot in good conscience support the terms proposed for our deal with the EU. Here is my letter to the PM explaining my reasons, and my enduring respect for her. pic.twitter.com/tf5CUZnnUz
— Dominic Raab (@DominicRaab) 15 novembre 2018
A stretto giro seguono le dimissioni della sottosegretaria alla Brexit Suella Braverman, della ministra del lavoro Esther McVey.
LO SCOGLIO DEL PARLAMENTO
Ottenere l’approvazione del Parlamento non sarà semplice, perché il Partito Conservatore è spaccato. Molti dei suoi esponenti ritengono che l’accordo concluso da May sia il peggiore possibile, in quanto disegnerebbe un quadro in cui Londra rimarrebbe soggetta alle leggi europee, ma senza più alcuna possibilità di influire sui processi decisionali. E visto che a Westminster non mancano gli anti-Brexit laburisti pronti a dare battaglia, non è escluso che si possa arrivare a un nuovo referendum. Stavolta non per chiedere ai cittadini se vogliono restare nell’Ue o abbandonarla, ma se preferiscono un accordo di sudditanza o un’uscita incontrollata.
LA QUESTIONE IRLANDESE
Le maggiori resistenze in Parlamento arriveranno però dagli unionisti nordirlandesi, il cui appoggio è fondamentale per garantire la maggioranza. A loro l’accordo non piace perché prevede un regime speciale per l’Irlanda del Nord, che rimarrebbe più legata all’Europa rispetto alla Gran Bretagna: una differenza di trattamento che potrebbe spianare la strada – in prospettiva – all’unificazione con la parte cattolica dell’isola.
TEMPI E COSTI DI BREXIT
Il capo negoziatore europeo, il francese Michel Barnier, ha spiegato ieri sera che Europa e Regno Unito possono prolungare oltre il 31 dicembre 2020 il periodo transitorio post-Brexit, soprattutto per evitare il ritorno della frontiera fra Irlanda e Irlanda del Nord. Londra lascerà formalmente l’Ue e tutte le istituzioni comunitarie il 29 marzo 2019, ma Barnier ha spiegato che fino a tutto il 2020 resteranno in vigore Unione doganale e politiche europee. E May si è impegnata a pagare fino a quella data tutti i soldi che la Gran Bretagna deve all’Unione: fra i 40 e i 45 miliardi di euro. Il prossimo 25 novembre, secondo quanto annunciato da Donald Tusk, si terrà il summit straordinario della Ue per l’ok dei 27 all’accordo.
(Ultimo aggiornamento: ore 12.13 del 15 novembre)