Il Pil italiano crescerà dell’1% nel 2019 e dell’1,2% nel 2020, ma allo stesso tempo il rapporto deficit-Pil rischia di avvicinarsi o addirittura di superare il limite del 3%. Queste le previsioni diffuse martedì 23 ottobre dal centro studi REF Ricerche, che contraddice in modo più che netto le stime elaborate del governo. L’Esecutivo, infatti, parla di una crescita dell’1,5% per l’anno prossimo e dell’1,6% per il successivo.
In una recente intervista a FIRSTonline, Luca Paolazzi, già direttore del Centro studi Confindustria ed ora partner di REF Ricerche, aveva definito “pura utopia” i numeri del Governo.
Ora il centro studi milanese rincara la dose, sottolineando che “la posizione italiana è peculiare nel panorama europeo”, perché “ai segnali di decelerazione emersi sin dai primi mesi dell’anno in corso e legati soprattutto al quadro internazionale meno favorevole (calo dell’export in presenza di consumi interni sempre deboli), si sono aggiunte le tensioni finanziarie, con l’allargamento dello spread e le forti perdite degli indici di Borsa. Se la situazione sui mercati non si normalizzerà in tempi brevi gli effetti reali attesi dalla politica di bilancio espansiva del Governo verranno annullati”.
Le tabelle pubblicate oggi contraddicono il governo anche su altri due fronti: nei prossimi due anni, infatti, non dovrebbe calare né il tasso di disoccupazione (10,8% nel 2019 e 10,7% nel 2020) né il rapporto debito-Pil (130,7% l’anno prossimo e 131,3% il successivo).
Secondo REF Ricerche, diversi interventi previsti dalla manovra gialloverde – su tutti il reddito di cittadinanza e gli investimenti pubblici aggiuntivi – saranno realizzati solo parzialmente il primo anno. Di conseguenza, “gli impulsi di bilancio alla crescita” si produrranno gradualmente e forse anche il deficit 2019 risulterà inferiore alle previsioni del Governo.
“Più difficile, invece, il quadro dei conti pubblici negli anni successivi – continua il centro studi – Il Governo anticipa un andamento decrescente del deficit, ma incorporando nel percorso di rientro un’altra clausola di salvaguardia sull’Iva. È una misura che però non è scontato che verrà adottata; appare peraltro oggettivamente difficile individuare interventi alternativi in tagli alle spese. D’altra parte, è contraddittorio fissare obiettivi di crescita prodotti nel primo anno da maggior deficit pubblico e accompagnati poi da minor deficit”.
Allo stesso tempo, “non è neanche facile seguire l’ipotesi di una disattivazione delle clausole in disavanzo – scrive ancora REF Ricerche – questo accadeva negli anni scorsi, ma una cosa è rivedere un obiettivo di saldo in pareggio, altra cosa è rivedere al rialzo obiettivi di deficit già al 2 per cento. I rischi insomma, sono che il quadro dei conti pubblici scivoli verso saldi prossimi o superiori al 3%. Non è un caso che i mercati abbiano reagito male alle proposte del Governo. Le tensioni finanziarie stanno montando e il rischio che si palesa è quello di un avvitamento, che passa per le perdite registrate dalle quotazioni delle banche e un possibile ridimensionamento dell’offerta di credito al sistema”.
Infine, una previsione politica: “Non è da escludere che nelle prossime settimane la struttura della manovra possa subire qualche aggiustamento. Una fase di aumento delle tensioni sui mercati non sembra utile, anche dal punto di vista degli obiettivi politici del Governo: se è vero che lo scontro con le autorità europee può fare gioco per giustificare la realizzazione solo parziale dei programmi annunciati, è anche vero che un avvitamento in una recessione non giova, soprattutto se l’obiettivo è quello di traguardare le elezioni europee di maggio prossimo”.