In una delle ore di punta attraversiamo Roma con i mezzi pubblici per andare alla FAO, l’agenzia dell’ONU per l’alimentazione e l’agricoltura, che è nel cuore storico della Capitale. La metro ti porta a ridosso del cancello d’entrata. Fatti pochi passi e passato l’accesso sei in un contesto internazionale in stridente contrasto con la città e le sue cronache quotidiane, è come aver attraversato un varco spazio-temporale che ti proietta in un’altra dimensione. L’occasione per cui siamo qui è la Giornata Mondiale dell’Alimentazione, istituita nel 1979 e celebrata in 150 Paesi in tutto il mondo per ricordare il 16 ottobre 1945, anniversario della fondazione della FAO. Il leggero anticipo con cui arriviamo ci dà il tempo di salire fino all’ultimo piano, dove c’è il bar, ed usufruire della straordinaria vista su Roma. Lì sotto millenni di storia raccolti in uno sguardo che ogni volta ti lascia stupito.
Il palazzo della FAO è un punto di vista privilegiato. Andiamo. Abbiamo appuntamento con Piero Conforti, Senior Economist del Dipartimento Sviluppo Economico e Sociale, con lui vogliamo parlare della Giornata Mondiale dell’Alimentazione e affrontare anche i temi dello spreco alimentare e le correlazioni con le migrazioni. Dottorato in economia e politica agraria a Siena, master in economia agraria a Oxford, laurea in agraria a Napoli, Conforti è in FAO da quasi 16 anni dopo aver maturato anche una lunga attività in altri istituti nazionali di grande rilevanza nello stesso campo; qualifiche, esperienze e profilo di alto livello. Cominciamo. Qual è il significato della Giornata Mondiale dell’Alimentazione. Qual è il suo scopo? “Richiamare l’attenzione del mondo a un problema gravissimo quello della sicurezza alimentare, in particolare della fame cronica e dell’inadeguatezza dell’accesso al cibo. La FAO è presente in molti Paesi, con piccoli uffici in quelli del nord del mondo e con grandi uffici in quelli del sud, la Giornata si celebra soprattutto là non solo a Roma”. Conforti ci introduce così nell’argomento del nostro colloquio.
Ogni anno la FAO dà un titolo alla Giornata. “Il tema di quest’anno è la promessa che è stata fatta con l’Agenda 2030 dello Sviluppo Sostenibile: raggiungere Fame Zero entro il 2030. I numeri che pubblichiamo annualmente nel rapporto sullo stato della sicurezza alimentare e nutrizionale nel mondo ci dicono che c’è stata una riduzione del problema ma negli ultimissimi anni, invece, c’è un piccolo ritorno indietro. Bisogna moltiplicare gli sforzi per centrare l’obiettivo”. La lotta alla povertà e alla fame è un impegno enorme. Che strada segue la FAO? “Noi siamo un’agenzia tecnica delle Nazioni Unite, il nostro primo dialogo è intergovernativo, la prima cosa che noi dobbiamo fare è parlare con i governi ma abbiamo anche una forte interazione con il mondo delle ong e lavoriamo sempre di più anche con il settore privato. La nostra idea è che per incidere si parla e si fa con tutti questi soggetti”, continua Conforti, “La FAO è soprattutto un’organizzazione di knowledge, la conoscenza la prende da molte parti del mondo, la sistematizza e poi cerca di influire sulle politiche e le scelte. I casi di successo per migliorare le condizioni di vita delle popolazioni sono stati quelli in cui nei Paesi c’è stata una convergenza da parte delle autorità governative, delle organizzazioni non governative e del settore privato”.
Precisa il nostro interlocutore. “Si cerca di promuovere una crescita economica inclusiva in cui non si escludano le persone dal processo produttivo, leave no one behind, non lasciare nessuno indietro, in conformità con lo spirito dell’Agenda 2030 dello Sviluppo Sostenibile”. Come è organizzata la FAO? “Intorno a 5 obiettivi strategici: la fame e la sicurezza alimentare; lo sviluppo sostenibile dell’agricoltura; la riduzione della povertà rurale; la formazione di sistemi produttivi inclusivi e sostenibili; l’aumento della resilienza verso le emergenze. Poi ci sono i grandi comitati. Consessi internazionali in cui siedono tutti i Paesi membri, le ong e il settore privato. Si riuniscono più o meno una volta l’anno e stabiliscono il lavoro da fare e controllano quello svolto. Il Comitato più grande è quello sulla sicurezza alimentare”. Il dottor Conforti ci chiarisce argomenti complessi che hanno molti risvolti e connessioni. Oggi nel mondo siamo 7.5 miliardi di persone, fra 30 anni si stima saremo 9.5 miliardi. Ci sarà cibo per tutti?
“Questa è una domanda intorno alla quale ci s’interroga da qualche secolo. Il primo a farsela fu Sir Malthus, un economista importante. Lui notò che se uno prende il tasso di crescita della popolazione, che è un tasso di crescita esponenziale e lo confronta con il tasso di crescita della produzione agricola, dice che prima o poi moriremo di fame. Questo scenario, però, è stato sistematicamente contraddetto fino ad oggi. Gli aumenti della produttività, la capacità di mettere a coltura le terre, la crescita del progresso dello sviluppo agricolo e dell’industria alimentare hanno sempre scavalcato l’aumento della popolazione. Naturalmente non sappiamo se questo succederà sempre. Il problema non è avere cibo sufficiente per tutti ma distribuirlo meglio”, specifica Conforti. Un mondo in altalena tra denutrizione e obesità, tra mancanza e eccesso, lo spreco alimentare è un interrogativo sugli squilibri e sulle diseguaglianze. “Se già oggi noi facessimo uno sforzo di razionalizzazione e di miglioramento dell’uso delle risorse che abbiamo a disposizione per produrre cibo e lo facessimo rispettando l’ambiente potremmo tranquillamente produrre molto di più, se riducessimo gli scarti in maniera sostanziale avremmo molto più cibo a disposizione.
La stima per quest’anno è di 821 milioni di persone che nel mondo sono cronicamente denutrite e quasi 2 miliardi che usano male il cibo a loro disposizione, malnutriti perchè mangiano troppo o male o non bilanciato. Ci sono alcune zone del pianeta in cui la capacità della popolazione di consumare cibo dipende più direttamente da quello che si produce in loco e dove potremmo effettivamente avere delle trappole come quelle a cui pensava Malthus, cioè un problema di squilibrio tra quantità di popolazione e risorse. Queste sono le aree esposte a grande precarietà, sia di tipo naturale, ecosistemi fragili, che di tipo socio-economico, in cui non c’è stabilità a causa di guerre o di violenza. Un esempio è la fascia del Sahel. Lì ci sono tra le popolazioni più giovani del pianeta e crescono rapidamente ma hanno una base produttiva debole e un situazione sociale molto perturbata. Tante persone dipendono direttamente da quello che si produce là”. Ci inoltriamo nella conversazione. La ricerca del cibo, la fuga dalle guerre e dalle violenze causano enormi flussi di migrazioni.
“Una cosa che è molto evidente guardando i numeri della migrazione è che quella internazionale, quella che raggiunge l’Italia, è la punta di un iceberg molto grande. Per esempio quella che viene dal Sahel è circa il 7/8% del totale. Nei paesi poveri si emigra dalle zone rurali a quelle urbane, capita anche il contrario, talvolta verso altre zone rurali magari temporaneamente e seguendo le stagioni. Solo una piccola quota viene da noi ed è l’investimento più costoso per le famiglie. Favorire lo sviluppo agricolo e quello in generale dei paesi che hanno queste popolazioni così tumultuosamente in crescita può aiutare a ridurre i fenomeni migratori”. In occidente si fa sempre più attenzione allo spreco alimentare e alla sicurezza del cibo. Il dispendio riguarda pure l’acqua, l’energia, le risorse, la forza lavoro. Stime dicono che vengono sperperate 1.300.000 tonnellate di cibo ogni anno. Come altri Paesi europei anche l’Italia, da un paio di anni, ha una legge che agevola il recupero delle eccedenze di cibo. Sono iniziative utili per riqualificare la produzione agricola mondiale e distribuirla in maniera più equa?
“Molto utili”, prosegue Conforti. “Noi abbiamo fatto un decalogo per l’infanzia che educa su come gestire al meglio il frigorifero nei propri consumi casalinghi. E’ una cosa utilissima” aggiungendo un episodio personale “Io cerco di farlo fare ai miei figli. Cose banali come avere sempre avanti le cose più vecchie per esempio” ma puntualizza “l’altro tema importante sono i post harvest losses, le perdite di produzione che si verificano per inefficenza dopo la produzione. Queste sono molto forti. In molti Paesi poveri è fondamentale cercare di aver catene di produzione, stoccaggi e trasporti più efficienti che riducano gli sprechi”. C’è un’azione concreta da fare per la Giornata Mondiale dell’Alimentazione che può avere un impatto positivo? “Una cosa che certamente possiamo fare da subito è ridurre lo spreco di cibo e di acqua, bastano piccoli gesti quotidiani, l’altro è cercare di imparare a percepire il mondo come una casa comune in cui siamo tutti responsabili di quello che succede”. Ci sarebbe da dire ancora molto ma il tempo è corso via veloce, saranno occasioni per altre volte. Salutiamo il dr. Conforti, ringraziamo l’efficiente staff che ci ha accolto, rivarchiamo il gate. La metro ci riporta a Roma e alle sue cronache.