Il peggioramento delle prospettive economiche italiane che ha spinto Fitch a confermare il rating sul nostro Paese, abbassando però l’outlook da “stabile” a “negativo”, contagia anche banche e assicurazioni.
In soli tre giorni, l’agenzia americana ha infatti rivisto il giudizio sul futuro dei più importanti gruppi quotati del nostro Paese.
Per capire il perché basta rileggere le motivazioni alla base della revisione al ribasso dell’outlook nazionale. Secondo Fitch il debito pubblico dell’Italia resterà “molto elevato”, lasciando il Paese “più esposto a potenziali shock”. Tra le criticità emerse, gli analisti statunitensi segnalano “la natura nuova e non collaudata del governo, le considerevoli differenze politiche fra i partner della coalizione e le contraddizioni fra gli elevati costi dell’attuazione degli impegni presi nel ‘Contratto’ e l’obiettivo di ridurre il debito pubblico. Non è chiaro come queste tensioni politiche saranno risolte”.
Perché prendere tempo allora e non intervenire immediatamente sul rating? Il motivo è presto detto: per il 2018 le politiche dell’Esecutivo Lega – M5s ragiona Fitch, non incideranno ancora sul livello del deficit, che dovrebbe scendere all’1,8% del Pil contro il 2,3% del 2017.
FITCH: L’OUTLOOK DELLE BANCHE
Il giudizio arrivato il 5 settembre sulle banche, segue a ruota e rappresenta una diretta conseguenza di quello italiano. Mercoledì Fitch ha portato a “negativo” da “stabile” l’outlook di cinque istituti italiani: Unicredit, Intesa Sanpaolo, Mediobanca, Credem e Bnl. Il rating per il lungo termine “’BBB”, come stabilito il 31 agosto, resta invece confermato.
Alla base del cambiamento delle prospettive c’è nuovo clima economico portato dal nuovo governo. Nonostante, come detto, le politiche dell’Esecutivo guidato dal Premier Giuseppe Conte non avranno per il momento ripercussioni dirette sul deficit nell’anno in corso, il rapporto deficit/PIL non riuscirà comunque a rispettare le previsioni, rimanendo più alto dello 0,2%, anche a causa della minor crescita del PIL. Per l’anno prossimo invece, ci si aspetta un disavanzo al 2,2% del PIL, oltre il target del 2% fissato dalla Ue.
“Le attività di Intesa Sanpaolo , Mediobanca e Credem sono prevalentemente domestiche e i loro IDR e VR (i rating, ndr) sono quindi impattati dal profilo di rischio dell’Italia e dall’economia domestica”, ha spiegato Fitch. Per quanto riguarda Unicredit invece, la sua diversificazione geografica non basta a slegare totalmente la capogruppo dal destino dell’Italia e della sua economia, considerati gli npl sostanzialmente domestici.
FITCH: OUTLOOK NEGATIVO ANCHE PER AZIMUT
Dopo le banche, il 6 settembre è toccato ad Azimut affrontare la revisione al ribasso del proprio outlook da “stabile” a “negativo” e la conferma del rating “BBB”.
“L’outlook negativo – si legge nella nota di Fitch – riflette in primo luogo condizioni di mercato più complesse che potrebbero avere un impatto sulle masse in gestione, sull’appetito per il rischio dei clienti e sui flussi di raccolta netta, elementi che potrebbero mettere sotto pressione la redditività e il rapporto debito lordo su ebitda di Azimut “.
Nonostante Azimut stia cercando di esporsi maggiormente verso i mercati esteri, riducendo parallelamente la sua esposizione verso il mercato italiano, “crediamo che le dinamiche che interessano il profilo di rischio dei titoli di Stato italiani si ripercuoteranno comunque sulla società”. Non solo, secondo l’agenzia Usa, “a differenza di altri operatori, più tradizionali, Azimut fa più affidamento sulle commissioni di performance, che sono variabili, e quindi potrebbe essere più influenzata se i mercati continueranno ad avere una tendenza negativa”.
FITCH E LE PROSPETTIVE SULLE ASSICURAZIONI
Anche ai principali gruppi assicurativi italiani non c’è scampo. Nel cimparto Fitch ha abbassato a “negativo” da “stabile” gli outlook di nove big.
Restano confermati i rating a lungo termine e i giudizi sull’insurance financial strenght (Ifs) di tutte. Per quanto riguarda l’abbassamento dell’outlook l’elenco include Generali, Reale Mutua, Sace, Intesa Sanpaolo Vita, Itas Mutua, Poste Vita, UnipolSai (insieme alla controllante Unipol Gruppo), Siat e Vittoria.
La motivazione alla base della decisione è la medesima per tutti: la presenza in portafoglio di un ammontare considerevole di titoli di Stato italiani. Prendendo come esempio Generali, dopo aver confermato il rating “A-”, Fitch ha segnalato che a fine 2017 la compagnia assicurativa aveva in portafoglio titoli di stato italiani per un ammontare di 64 miliardi di euro (2,5 volte il patrimonio netto). A fine 2017 Unipol aveva invece 32 miliardi di titoli di Stato in portafoglio,(oltre 4 volte il patrimonio netto), Vittoria Assicurazioni 0,8 miliardi di euro (una volta il patrimonio netto).