Torna a far paura la situazione economica dell’Argentina. La cura Macri al momento non sembra funzionare e anzi il presidente, eletto nel 2015 con la promessa di superare l’era Kirchner e riaprire il Paese ai mercati internazionali, ha chiesto al Fondo monetario internazionale di accelerare i pagamenti previsti dal piano di 50 miliardi di dollari approvato nei mesi scorsi da Washington per allentare la crisi finanziaria di Buenos Aires. La richiesta di Mauricio Macri ha però come effetto di moltiplicare ulteriormente la pressione sul peso: la moneta argentina continua a perdere terreno rispetto al dollaro. Il cambio ormai è vicino ai 34 pesos per un biglietto verde (-7% solo oggi): il peso ha dunque perso il 40% del suo valore da gennaio a oggi.
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“La garanzia del finanziamento del Fmi – ha detto Macri in un intervento televisivo -, in merito al nostro programma economico 2018-19 permetterà al Paese di tornare a crescere il più presto possibile. Da parte nostra accompagneremo questo sostegno con gli sforzi fiscali necessari”. Dichiarazione che non ha dato fiducia agli analisti e agli operatori finanziari. Questi ultimi sostengono che la svalutazione del peso si spieghi con la marcata strategia di dollarizzazione dei portafogli degli investitori di fronte alla poca credibilità del governo in carica. Inizialmente accolto con favore dai mercati e dagli operatori finanziari, oltre che dagli imprenditori, il governo di Macri ha infatti inanellato una serie di “scommesse perdute” che si ripercuotono sulla stabilità macroeconomica del Paese. Oltre all’inflazione, vicina al 30% annuo, uno dei valori più alti del mondo, e la tendenza recessiva del Pil, il governo liberista di Macri non ha saputo infondere fiducia né dare credito alla moneta argentina.