Il vicepremier e ministro dello Sviluppo economico, Luigi Di Maio, continua a tenere in altalena l’Ilva di Taranto, il più grande stabilimento siderurgico d’Europa, il cui futuro è appeso a un filo.
Il ministro, che non nasconde la sua ostilità all’accordo con gli indiani di Arcelor-Mittal, ha comunicato ieri che l’Avvocatura dello Stato ha rilevato diverse “criticità” nella gara a suo tempo indetta dal suo predecessore Carlo Calenda e conclusasi con l’aggiudicazione dell’impianto italiano proprio ad Arcelor-Mittal. Di Maio, ha poi rincarato rincarato la dose nel corso di una conferenza stampa in cui è arrivato addirittura a parlare di “delitto perfetto”:
“Su Ilva è stato commesso un delitto perfetto. Dal parere dell’avvocatura capirete che c’è pochissimo di regolare in questa gara”, ha affermato il vicepremier.
“Secondo noi c’è stato eccesso di potere e l’atto è illegittimo”, ha proseguito precisando però che “per l’annullamento deve esserci illegittimità dell’atto” e un altro punto deve essere “la tutela dell’interesse pubblico” .
Di Maio non ha detto la cosa più importante e cioè se l’Avvocatura ha raccomandato di annullare o meno la gara. Da quel che si intuisce l’Avvocatura non si sarebbe pronunciata per l’annullamento. Il ministro ha comunque aperto ad un possibile annullamento nel caso in cui arrivi un altro offerente. “Se oggi, dopo 2 anni e 8 mesi, esistessero aziende che volessero partecipare alla gara noi potremmo revocare questa procedura per motivi di opportunità”. “Oggi – ha poi chiarito il numero uno del Mise – non abbiamo aziende che vogliono partecipare, ma se esistesse anche solo una azienda ci sarebbe motivo per revocare la gara”.
Immediata la replica del suo predecessore, Carlo Calenda: “Se la gara è viziata annullala. “Potremmo se ci fosse qualcuno interessato” e le altre fesserie del genere che ci stai propinando da mesi, dimostrano solo confusione e dilettantismo””, ha scritto su Twitter l’ex ministro.
Caro @luigidimaio il “delitto (im)perfetto” è il tuo verso la nostra intelligenza. Se la gara è viziata annullala. “Potremmo se ci fosse qualcuno interessato” e le altre fesserie del genere che ci stai propinando da mesi, dimostrano solo confusione e dilettantismo.
— Carlo Calenda (@CarloCalenda) 23 agosto 2018
Malgrado, il pressing dei sindacati metalmeccanici e soprattutto della Fim-Cisl di Marco Bentivogli che temono la chiusura dell’Ilva, Di Maio continua a temporeggiare e a non prendere una decisione chiara e definitiva sul futuro dell’acciaio italiano, mettendo a rischio la bellezza di 20 mila posti di lavoro, in parte direttamente occupati dall’Ilva e in parte nell’indotto. L’Ilva perde 30 milioni al mese e in autunno finirà la sua cassa: o si procede rapidamente al suo rilancio (con annessa bonifica ambientale) o rischia di chiudere per sempre.
“Siamo a due settimane dalla scadenza della proroga dei commissari data dal ministro Di Maio. Fino ad ora è stata fatta solo confusione”, ha affermato Bentivogli “il ministro ha dato contemporaneamente ragione a chi vuole chiudere l’Ilva e a chi la vuole rilanciare ambientalizzata. Non abbiamo nessun pregiudizio sull’operato del ministro e del suo dicastero, chiediamo solo di decidere perché è da maggio che la trattativa si è interrotta. Abbiamo atteso troppi mesi di scaricabarile, i lavoratori non attenderanno ancora per molto tempo. Basta campagna elettorale. Se ci sono criticità gravi, annulli la gara altrimenti è fumo e confusione utile solo alle prossime elezioni. La fabbrica è senza manutenzione e pericolosissima”. “La verità però – ha poi aggiunto Bentivogli – è che Di Maio fa il gioco delle tre carte sulla pelle di cittadini e lavoratori” dell’Ilva.
Di Maio ha voluto lanciare un messaggio ai sindacati: “Saremo al tavolo con le parti sociali. Un accordo che porta lavoro a Taranto rappresenta l’interesse pubblico attuale e concreto da tutelare che eviterebbe revoca gara”.
Sul tavolo resta il nodo dell’occupazione che divide Arcelor-Mittal dai sindacati ma senza un chiaro pronunciamento del Governo sul destino dell’impianto e la messa a disposizione di fondi per sostenere gli esuberi, come aveva previsto l’ex ministro Calenda, è difficile trovare un’intesa che sblocchi l’intera vertenza. Se Di Maio dovesse tirare troppo la corda e provocare il fallimento dell’Ilva, sarebbe la più grande Caporetto industriale degli ultimi decenni E’ quanto i sindacati gli ricorderanno ancora oggi, nel tentativo di smuoverlo dalla roccaforte del suo pericoloso immobilismo.
(Ultimo aggiornamento ore 13.48)