L’estate del 2018 sarà ricordata per sempre come quella del maledetto disastro di Genova. Un po’ come, a distanza di quasi quarant’anni, l’estate del 1980 è per sempre quella della strage della stazione ferroviaria di Bologna. Talvolta le immagini valgono più di ogni parola e quella, terrificante, del crollo di Ponte Morandi, che era il simbolo del miracolo economico degli anni Sessanta, non la potremo mai cancellare dalla nostra memoria. Esattamente come quella della stazione di Bologna. Ogni volta che si passa di lì, anche dopo molti anni, il pensiero rovista nella cantina dei ricordi e non c’è nulla che possa cancellare il dolore, come quello che oggi – nel giorno dei funerali delle vittime e del lutto nazionale – l’Italia intera prova per gli innocenti caduti di Genova.
Il ricordo di ieri intristisce ancora oggi, ma aiuta a trovare una speranza per domani. Dopo la strage del 1980, sulla quale – come ha ricordato nei giorni scorsi il Presidente Mattarella, che oggi sarà ai funerali di Genova – ci sono ancora troppi misteri e troppe zone d’ombra, sembrava impossibile risollevarsi. Ma, come nei momenti più difficili dalla sua storia, l’Italia ce l’ha fatta. Sarà così anche stavolta? Dipende. Se oggi come allora, al di là delle inqualificabili polemiche politiche, finiranno per prevalere il senso di coesione e il senso di unità anziché quello del rancore e del risentimento, allora ce la faremo. Ma se, anziché ricercare con urgenza ma senza giudizi sommari i colpevoli della sciagura e rimboccarsi le maniche per ricostruire Genova superando senza timori la sottocultura del No a tutto, prevarrà lo sciacallaggio politico, per il nostro Paese si prepareranno giorni ancora più amari.
I segnali che da Genova sono finora arrivati dalla classe politica di governo e in particolare dal premier Giuseppe Conte, dal vicepremier Luigi Di Maio e un po’ meno dall’altro vicepremier Matteo Salvini, tutto sono tranne che incoraggianti. Se la società Autostrade è colpevole di mancata manutenzione e dunque del crollo del ponte è giusto che paghi, anche duramente, ma prima ci vuole un’indagine seria perché l’Italia non è il Venezuela e l’ansia di giustizia non può fare a pugni con lo stato di diritto, con le leggi e con le regole vigenti. Allo stesso modo insinuare, senza prove, sospetti di corruzione su chi ha governato prima per nascondere la tenacia con cui per anni i Cinque Stelle hanno osteggiato i progetti della Gronda, cioè della realizzazione di una bretella alternativa al Ponte Morandi per attraversare Genova, è semplicemente disgustoso.
Non è così che si risponde al dolore delle famiglie delle vittime e a quello di un’intera città e di un’intera nazione. Ma oggi è il giorno del lutto e bisogna in primo luogo pensare a chi ha perso la vita, a chi è ancora tra gli scomparsi, a chi è ferito, a chi ha perso una casa. C’è un solo modo per onorarli: bandire le piccinerie e le ripicche e scommettere sul futuro, riscoprendo l’orgoglio di una comunità che, al di là delle bandiere, può e deve trovare il modo di stare insieme, di prendere in mano il proprio destino e di progettare il proprio avvenire. Che comincia già oggi.