Il muro dei mille miliardi di dollari di valore (1.000.000.000.000) è stato infranto ieri da Apple quando il titolo della Mela, con un rialzo del 2,9%, ha toccato quota 207,05 dollari. In soli due giorni, dall’annuncio del conti del trimestre, il titolo della Mela ha guadagnato altri 82,5 miliardi di dollari. Un primato annunciato ma che contribuisce all’immagine di forza che emana dalla locomotiva Usa, che oggi potrebbe segnalare un altro record con le statistiche sull’occupazione.
Un altro numero merita attenzione: la Borsa di Tokyo, pur in ribasso nel 2018 del 4%, ha scavalcato per valore quella cinese (Shanghai più Shenzhen), in calo del 17% nonostante una svalutazione del renmimbi del 5,3%. Le azioni cinesi valgono 6,09mila miliardi, contro i 6,16 del mercato giapponese (Wall Street capitalizza 31 mila miliardi). Il dato serve a segnalare le difficoltà di Pechino di fronte all’offensiva dei dazi ma anche la situazione inedita che si sta profilando sul fronte del mercato.
Sale il dollaro sia sullo yuan (in calo da 8 settimane, come non accadeva dal 1994) sia sull’euro, sotto quota 1,16. Cresce intanto la pressione al rialzo sui tassi giapponesi, nonostante gli sforzi della Banca centrale per limitare l’aumento dei rendimenti dei titoli di Stato nipponici.
La tensione al rialzo dei tassi, confermata ieri dall’aumento deciso dalla Bce, riduce l’appeal delle Borse e dei titoli dell’area euro, compresi i Bund. Ma a farne le spese è soprattutto l’Italia, il Paese dalla finanza pubblica più fragile, come dimostra l’aumento dello spread. L’aumento del costo del denaro in Usa (appuntamento il 25 settembre) e in Giappone può tradursi in un pessimo affare per il Bel Paese.
DEBOLI LE BORSE ASIATICHE, BOOM DI TESLA
Debole le Borse cinesi, sulla parità Hong Kong e Tokyo, salgono Seoul e Mumbai.
Grazie ad Apple, il Nasdaq ha guadagnato l’1,2%. S&P500 +0,5%. Invariato il Dow Jones, zavorrato soprattutto dalle società più esposte al fronte sempre caldo dei commerci internazionali.
Tesla ha messo a segno un rialzo del 16,2%; i conti dl trimestre hanno convinto gli investitori che il traguardo dell’utile è a portata di mano.
Il petrolio Brent è poco mosso a 73,4 dollari il barile: da circa quattro mesi il greggio del Mare del Nord oscilla tra 70 e 80 dollari il barile.
In forte ribasso ieri a Piazza Affari Tenaris: -6,30% dopo i conti.
Si sgretola la lira turca, al quinto giorno consecutivo di ribasso su dollaro: cross a 5,10.
L’oro è sceso a 1.207 dollari l’oncia, minimo da circa un anno.
Giornata difficile per i mercati europei, drammatica per la piazza italiana che ai problemi generali, dalle nuove tensioni sui dazi al trend al rialzo dei tassi, deve aggiungere il ritorno prepotente del rischio Italia che ha condizionato il giudizio sulle trimestrali. Cresce l’inquietudine in vista degli appuntamenti d’autunno, prima fra tutti la legge di bilancio.
Il calo della moneta unica non è stato sufficiente a ridare ossigeno alle Borse. Sul fronte dei cambi, l’euro arretra di quasi mezzo punto percentuale e orbita intorno a 1,16, sui minimi delle ultime due settimane. La correzione nei confronti dello yen, tradizionale porto sicuro, è arrivata allo 0,8%. Ben intonata invece la sterlina, forte della prevista stretta monetaria di Bank of England, che ha riportato i tassi di riferimento su livelli precedenti alla crisi del 2008.
MILANO E FRANCOFORTE IN PROFONDO ROSSO
Milano -1,73%, sui minimi da cinque mesi, a 21.414 punti, registra le performance peggiore del Vecchio Continente.
Il controvalore degli scambi è stato pari a 2,59 miliardi di euro, con una variazione del 2,30%, rispetto ai precedenti 2,53 miliardi.
Tra i mercati del Vecchio Continente, sotto pressione anche Francoforte, con un ribasso dell’1,50%. Soffre Londra, che evidenzia una perdita dell’1,01%, in linea con Madrid. Tentenna Parigi, con un ribasso dello 0,68%.
I future sulle borse europee azzardano un tentativo di rimbalzo dopo il brusco stop di ieri.
SOTTO TIRO I BTP 10 (AL 3%) E I BIENNALI (OLTRE L’1%)
Giornata di forti tensioni sul mercato del debito, sotto l’incalzare di vari fattori negativi: l’inasprirsi dei toni fra Usa e Cina, le aste a medio-lungo francesi e spagnole, la pressione sull’eurozona delle vendite dei fondi giapponesi, in lento rientro alla base. Su tutto, in una giornata di scambi sottili, si è innescata l’incertezza del quadro politico domestico
Lo spread si è spinto fino dopo le decisioni della Bank of England a 252 punti base, ai massimi dallo scorso 28 giugno, in forte accelerazione dai 231 della chiusura di ieri, mentre il rendimento del decennale è arrivato a sforare il tetto del 3%, chiudendo a 2,97%, massimi da metà giugno.
In riduzione dai massimi di seduta anche il tasso del 2 anni, che si era spinto fino a un massimo di 1,03%, anche in questo caso ai picchi da giugno. Rientra anche lo spread con la Germania sul tratto a 2 anni, che si era spinto a 162 punti base, massimi dai primi di luglio.
LO SPREAD SCHIACCIA I TITOLI DEL CREDITO
L’ampia oscillazione dello spread si è riflessa soprattutto sulle vendite sui titoli bancari (indice di settore -3,6% contro -1,7% dello Stoxx europeo).
Tra i peggiori Banco Bpm (-4,6%) alla vigilia della trimestrale; Unicredit cede il 4,3%, Intesa il 3,9% e Mps il 5% circa.
Giornata nera anche per Poste Italiane, che perde il 5,4%, penalizzata da un marcato calo del ratio di solvibilità di Poste Vita a causa della volatilità dei Btp registrata nel secondo trimestre dell’anno.
GOLDMAN: A RISCHIO I PROGRESSI NEL PATRIMONIO
I 100 punti base di spread in più da maggio hanno cancellato l’enorme lavoro delle banche italiane nel primo semestre sotto due profili: da un lato tagliando le gambe al Cet 1 ratio, l’indice di solidità patrimoniale, dall’altro frenando molto la raccolta dei fondi comuni. Lo si vedrà nel concreto man mano che vengono pubblicate le trimestrali, partite ieri con Intesa Sanpaolo. Lo scrivono gli analisti di Goldman Sachs in un approfondito report sulle banche italiane e la situazione politica. Se si pensa solo alla raccolta dei Pir, lo scorso anno era stata di 10 miliardi di euro, mentre a giugno era ferma alla metà, 2,5 miliardi nei primi sei mesi. A livello generale, il saldi dei fondi comuni a giugno è stato positivo per 9,32 miliardi contro i 56,9 miliardi dello scorso anno.
L’AUTO RECUPERA GRAZIE A TRUMP, SPRINT DI FERRARI
Dagli Usa è arrivato nel pomeriggio un salvagente per l’automotive (+1,18% l’indice di settore dopo una mattinata in rosso). Il presidente Trump, incurante delle conseguenze per l’ambiente, si accinge a smontare le norme della California sulle emissioni di gas di scarico e a congelare gli standard di efficienza del carburante dal 2020 al 2026. L’amministrazione ha precisato che il congelamento delle misure anti-inquinamento aumenterebbe il consumo di petrolio degli Stati Uniti di circa 500mila barili al giorno entro il 2030.
La proposta, dice il Dipartimento dei Trasporti, ridurrebbe di oltre 60 miliardi di dollari i costi (stimati in 319 miliardi) che General Motors, Ford Motor Co e Fiat Chrysler Automobiles dovrebbero sostenere fino al 2029 per rispettare le regole stabilite dall’amministrazione Obama.
Nelle ultime battute Fiat Chrysler ha recuperato circa due punti di perdita e si porta di nuovo oltre i 14 euro nelle battute finali dopo aver segnato un minimo a 13,78 euro.
In rally Ferrari (+4%) dopo aver perso mercoledì più dell’8%. Credit Suisse ha confermato la raccomandazione outperform.
EQUITA BOCCIA FERRAGAMO, BUZZI AI MINIMI DA 20 MESI
Effetto Apple sul titolo Stm. Dal minimo di ieri mattina a 18,35 euro ha chiuso a 18,755 euro, in guadagno dello 0,8%. Da inizio anno +5%.
Salvatore Ferragamo accelera in ribasso del 2,7% nelle battute finali e tocca a 18,95 euro il prezzo più basso degli ultimi due anni. Equita ha ridotto il target price a 19,0 euro da 19,60 euro, confermando la raccomandazione negativa Reduce (alleggerire la posizione). Micaela Le Divelec (ex Gucci) è stata nominata nuovo a.d. per rilanciare il gruppo.
Telecom Italia -1,9%. Il vice premier Di Maio ha detto ieri, nel corso di un’audizione alla Commissione Trasporti del Senato, che lo scorporo della rete non deve essere “un pacco” tirato agli italiani.
Buzzi è tra le peggiori blue chip di ieri: la discesa ha accelerato dopo l’annuncio della semestrale, con la quotazione che ha toccato i minimi da novembre 2016 a 17,84 euro.
DIASORIN -8,5%, ABBASSA LA GUIDANCE
Forte ribasso di Diasorin (-8,55%) dopo che il management ha rivisto al ribasso la guidance sui risultati a causa del calo dei volumi di vendita dei test per rilevare la vitamina D negli Stati Uniti.
Ascopiave -5,23%: Kepler Cheuvreux ha abbassato il giudizio a hold.