E’ una sfida 10 contro 10, Fondo Elliott contro Vivendi, ed è sul tavolo del consiglio d’amministrazione di Tim. Oggi, lunedì, benché dimissionario il Cda – ancora controllato dai soci francesi che detengono il 23,9% del capitale – dovrà decidere se approvare il ricorso d’urgenza contro la decisione del collegio sindacale di integrare l’ordine del giorno dell’assemblea del 24 aprile come chiesto dal fondo americano. Secondo La Repubblica, se la decisione sarà positiva Elliott avrebbe già pronta la contro-mossa: un esposto alla Consob perché faccia comunque votare il 24 sul punto approvato dai sindaci, in una corsa contro il tempo che vedrebbe in prima fila il Tribunale di Milano.
Ma comunque vada a finire la schermaglia in Consiglio e il logoramento legato alla guerriglia legale, la partita che si è aperta su Telecom Italia e sulla sua rete è di ben altra portata e si è arricchita, anche nello scorcio dell’ultimo fine settimana di fatti nuovi e rilevanti. la sfida si è spostata in Borsa dove Cdp sta costruendo la sua posizione verso il 5% del capitale, con balzi del titolo che anche oggi sarà più che mai sotto i riflettori.
LA LISTA DI ELLIOTT
Dopo i primi sei consiglieri proposti dal fondo attivista Usa con il 5,75% del capitale – Fulvio Conti, Massimo Ferrari, Paola Giannotti De Ponti, Luigi Gubitosi, Dante Roscini e Rocco Sabelli – se ne sono aggiunti altri quattro e tutti di grosso calibro: Alfredo Altavilla (direttore operativo di Fca e tra i collaboratori più stretti di Sergio Marchionne), Paola Bonomo (ex Vodafone e Facebook, ora nel Cda Axa come indipendente), Lucia Morselli (ex Ad Telepiù ora nei consigli Luxottica e Snam) e Marina Brogi (ordinario alla Sapienza e consigliere indipendente di Salini e Luxottica). L’obiettivo è di farli votare nell’assemblea del 4 maggio convincendo le minoranze ad aggregarsi intorno alla lista del fondo americano. Proprio nel tardo pomeriggio di oggi lunedì, alle 18, è convocata una riunione del Comitato dei gestori (Assogestioni che detiene l’1,6% del capitale Tim e altri investitori italiani o esteri) in rappresentanza del mercato. Si conoscerà solo all’Ultimo l’orientamento dei gestori ma secondo le indiscrezioni sembrerebbe prevalere la scelta di non presentare una lista propria, con ciò lasciando liberi i gestori di sostenere quella di minoranza proposta dal Fondo Usa che punta al ribaltone e a lasciare a Vivendi, al più, i cinque consiglieri di minoranza necessari a completare i 15 membri del Cda. Il nuovo orientamento tiene conto della mossa di Cassa Depositi e Prestiti di scendere in campo nella partita, in difesa dell’asset della rete, con un decisivo 5% di captale: una quota di minoranza ma con la forza del Tesoro dietro le spalle e il consenso di un ventaglio ampio di forze politiche: dal Pd alla Lega e all’M5S. E tale da diventare l’ago della bilancia decisivo in assemblea. Un assist a Elliot è arrivato infine dalla società statunitense di consulenza ai gestori internazionali, Glass Lewis, che appoggia la proposta di revoca dei sei consiglieri francesi.
“In generale – hanno fatto sapere i gestori esteri – siamo restii a raccomandare la revoca di amministratori in carica, o l’elezione di membri dissidenti, a meno che vi siano evidenti criticità. Ma le informazioni a disposizione del mercato pesano fortemente a favore delle prospettive indicate da Elliott, e questo è dovuto solo marginalmente al fatto che la società non si è degnata di confutarle. L’argomento decisivo, a nostro parere, è l’ampia casistica che indica come Vivendi ha gestito e intende gestire Telecom Italia al servizio dei propri interessi, senza curarsi della vasta maggioranza degli altri investitori istituzionali”.
Successivamente, anche un altro proxy adviser – Institutional Shareholder Services (ISS) – si è schierato con il Fondo Elliott, suggerendo di votare i suoi consiglieri d’amministrazione il 24 aprile. Il report distribuito ai fondi, critico nei confronti della gestione del primo azionista Vivendi, proprone anche di confermare Amos Genish amministratore delegato.
LA LISTA VIVENDI
Anche Vivendi ha presentato la sua lista e certamente darà battaglia. Ecco i nomi proposti dal gruppo di Vincent Bolloré: l’Ad in carica Amos Genish, Arnaud de Puyfontaine (ex presidente), Franco Bernabè (vice presidente e attuale reggente), Marella Moretti, Frédéric Crépin, Michele Valensise, Giuseppina Capaldo, Anna Jones, Camilla Antonini, e Stéphane Roussel. Tre dei candidati riproposti – Arnaud de Puyfontaine, Frédéric Crépin e Anna Jones – sono tra i sei amministratori dei quali il fondo attivista americano ha chiesto la revoca. Oltre a Jones, anche Marella Moretti e Camilla Antonini sono inoltre tre delle indipendenti che si sono dimesse a valere dal 24 aprile per essere ricandidate il 4 maggio.
PUBLIC COMPANY O NO?
Cdp sta costruendo la sua posizione in Tim e il titolo in Borsa ha fatto balzi mai visti prima: venerdì 4 aprile la chiusura ha registrato un rialzo del 6,9%, con scambi record e una chiusura a 0,85 euro. D’altra parte i tempi sono stretti e gli acquisti vanno completati entro il 13 aprile se si vuole giocare un ruolo nell’assemblea del prossimo 24. Il governo uscente, che ha deciso di intervenire in zona Cesarini con il consenso delle forze politiche uscite rafforzate dopo le elezioni, ha chiarito con Carlo Calenda (ministro dello Sviluppo) la sua strategia in un tweet.
Nessuno difende le partecipazioni statali, CDP non sta assumendo il controllo di TIM. Ma TIM possiede un asset di interesse pubblico – la rete – ed è giusto presidiare perché le ultime proprietà non sono state precisamente impeccabili. Da qui allo statalismo ce ne passa https://t.co/JoNoLiE8kV
— Carlo Calenda (@CarloCalenda) 6 aprile 2018
Il disegno dunque è di dirigere Tim verso lo scorporo della sua rete e la fusione con la rivale Open Fiber, la società 50% Enel e 50% Cdp, impegnata a realizzare la rete in fibra ottica in Italia. Il modello sarebbe quello già seguito per Terna e per Snam. Liberata dalla rete Telecom potrebbe impegnarsi solo sui servizi ed ottenere dalle Autorità di vigilanza (Agcom e Antitrust) la fine dei vincoli sulla replicabilità delle offerte che invece oggi limita la libertà dell’operatore dominante. Fanta-finanza? Lo scorporo della rete, ha fatto rilevare Amos Genish in una recente intervista a La Stampa, non è stato attuato in nessun altro Paese in Europa e i modelli già realizzati si contano sulla punta delle dita e non hanno dato risultati incoraggianti. Franco Bernabè, profondo conoscitore delle vicende Telecom per esserne stato due volte Ad in passato, guarda con spirito pragmatico l’ingresso di Cdp nel capitale poiché – ha detto – “i voti si contano in assemblea”. L’appuntamento si sta avvicinando al galoppo.
(Aggiornato lunedì 18 aprile alle 13:33)