Per quanti sforzi stiano facendo gli Stati dell’Ue per abbattere le emissioni climalteranti, gli investimenti programmati non bastano. Per raggiungere gli obiettivi fissati con scadenza 2030 ci vogliono 150 miliardi di euro in più ogni anno. A stabilirlo, senza troppi giri di parole, è la Commissione Industria del Parlamento europeo sulla base di uno studio preparato dall’Agenzia Trinomics.
L’Europa già ora prevede di spendere 231 miliardi in vista dell’obiettivo Onu del 2030, ma servono altre risorse dei Paesi membri. Chissà come se la caverà l’Italia con la ventata antieuropeista così spinta da chi aspira alla guida del Paese.
Lo studio arrivato da Strasburgo ricorda, intanto, che per il 2030 bisogna raggiungere almeno tre obiettivi: riduzione del 40% delle emissioni di gas a effetto serra rispetto al 1990; 27% di energia rinnovabile; miglioramento del 27% dell’efficienza energetica. Una sfida planetaria accettata alla Conferenza Onu del 2015 e ribadita in decine di documenti e firme solenni.
Un dato economico acquisto a livello comunitario è, comunque, la spesa di fondi strutturali 2014-2020 stimata intorno ai 49 miliardi. La necessità dei nuovi 150 miliardi di stanziamenti equivale all’1% del PIL degli Stati membri. E gran parte dell’onere finanziario aggiuntivo – si legge nello studio – dovrà essere coperto da famiglie e imprese. I soggetti ritenuti causa del maggiore divario finanziario sui traguardi di efficienza energetica. Obiettivamente non sarà facile ribaltare i nuovi oneri su chi già in molti Paesi sopporta pesi eccessivi sulla fatturazione dei consumi.
La leva dei fondi strutturali europei alla fine è centrale per quanto riguarda la crescita culturale dei cittadini europei. Il bilancio di Bruxelles interviene sulle aree deboli del mercato energetico, ma i maggiori investimenti auspicati andrebbero alla ricerca ed allo sviluppo delle nuove tecnologie.