In Italia è a rischio povertà il 23% delle persone, la quota più alta dal 1989. Lo rivela l’ultima indagine della Banca d’Italia sui bilanci delle famiglie, riferita al 2016. Il rischio di povertà, spiega Palazzo Koch, “è più elevato per le famiglie con capofamiglia più giovane, meno istruito, nato all’estero, e per le famiglie residenti nel Mezzogiorno. Tra il 2006 e il 2016 è diminuito solo tra le famiglie con capofamiglia pensionato o con oltre 65 anni”.
Sempre nel 2016, il reddito equivalente medio (misura convenzionale del benessere) è cresciuto del 3,5% rispetto al 2014 – l’anno a cui risale l’indagine precedente – ma è rimasto “ancora inferiore dell’11% rispetto al picco raggiunto nel 2006”.
Inoltre, è aumentata la disuguaglianza nella distribuzione dei redditi, tornata “a un livello simile a quello segnato nella seconda metà degli anni novanta del secolo scorso”.
In particolare, il 5% delle famiglie più ricche detiene il 30% della ricchezza nazionale: “Il 30% più ricco delle famiglie – continua Bankitalia – detiene circa il 75% del patrimonio netto complessivamente rilevato, con una ricchezza netta media pari a 510mila euro. Oltre il 40% di questa quota è detenuta dal 5% più ricco, che ha un patrimonio netto in media pari a 1,3 milioni di euro”.
Intanto, “tra il 2014 e il 2016 – sottolinea Via Nazionale – la ricchezza netta è diminuita, quasi interamente per effetto del calo del prezzo delle case. La flessione è stata più marcata per i patrimoni più elevati. Circa il 70% delle famiglie è proprietaria dell’abitazione in cui risiede. La quota di proprietari è però ancora diminuita tra le famiglie con capofamiglia fino a 45 anni: dal 59% al 52% tra il 2006 e il 2016″.
Infine, la quota di famiglie indebitate “si è ancora ridotta”, dal 23% del 2014 al 21% del 2016. Per questi nuclei familiari le passività rappresentano circa il 18% del patrimonio lordo. Tra il 2006 e il 2016 “il calo della quota di famiglie indebitate è stato più marcato (oltre 10 punti percentuali) per le famiglie con capofamiglia tra i 25 e i 45 anni, riflettendo soprattutto il minore ricorso al credito al consumo”.
La quota di famiglie “finanziariamente vulnerabili – conclude Via Nazionale – è rimasta sostanzialmente stabile: circa l’11% delle famiglie indebitate e circa il 2% del complesso delle famiglie”.