C’è un tema sul quale il governo che uscirà dalle urne del 4 marzo sarà obbligato a trattare con il mondo delle imprese: l’energia. Trascurato nei dibattiti e nei talk show, questo argomento occupa invece un posto di rilievo nella strategia di Confindustria, presentata alla recente assise di Verona. Alla platea di 5 mila imprenditori Vincenzo il presidente Vincenzo Boccia ha spiegato che l’argomento è dentro la piattaforma che sarà presentata al nuovo governo, in un contesto assai articolato.
Nonostante la strategia energetica varata da Gentiloni, Calenda e Galletti prima dello scioglimento delle Camere, sull’industria italiana pesa fortemente il disallineamento dei costi con quelli medi europei. Dovrà abbassarsi con misure nuove da concertare con orizzonti lunghi. Ma non è solo questo a condizionare la vita delle imprese dicono gli industriali.
È necessario creare anche un mercato più competitivo per le fonti rinnovabili, quel futuro senza se e senza ma, che deve combattere la demagogia di incompetenti per i quali “l’Italia rinnovabile” è a portata di mano. Le posizioni espresse a Verona sono nate da consultazioni territoriali che hanno portato a chiedere anche la revisione degli assetti normativi a favore delle energie non inquinanti basati sugli incentivi amministrati. Una richiesta già sul tavolo da tempo, in verità. Si devono, poi, promuovere modelli di autoproduzione diffusa per smart energy community sviluppare l’hub del gas molto utile nel medio-lungo tempo, stimolare più consapevolezza sociale delle imprese.
Il piano economico tratteggiato da Boccia è parte di un impegno complessivo di oltre 247 miliardi di euro in 5 anni. 34 dovrebbero andare proprio a infrastrutture per ambiente, territorio ed energia. In altre parole, a quell’ economia circolare diffusa, di cui c’è necessità per raggiungere gli obiettivi sul clima dell’Agenda Onu. l’Italia non potrà ambire a quei traguardi del 2030 fino a quando non farà seriamente i conti con l’oggi.
Con la capacità delle imprese di stare sui mercati e competere bene in ogni comparto del sistema energetico. Chi deve governare questo processo tanto delicato, quanto epocale? Abbiamo un sistema decisionale farraginoso – dice Boccia – che favorisce i veti e le contrapposizioni tra Stato e Regioni, la polverizzazione delle competenze e delle responsabilità. Il sistema decisionale va riportato al centro in particolare per la realizzazione di infrastrutture strategiche, utili alla crescita ed all’occupazione.
È un passaggio cruciale della strategia confindustriale, laddove i poteri locali potranno essere consultati esprimere pareri, sedere ai tavoli tecnici, finché – par di capire – non metteranno in discussione i progetti nella loro essenza. Gli stessi investimenti che sostengono le opere dovranno essere accompagnati da una semplificazione politica e amministrativa. Il nuovo governo, ancora meglio il nuovo Parlamento, saprà farsene carico?
Si prenderà coscienza che gli affari e i cicli economici non toccano la democrazia, se c’è di mezzo un interesse generale di sviluppo e modernità? La condizione di partenza non potrà che essere la strategia energetica di cui dicevamo. Anche a questo evidentemente, si riferiva Boccia quando ha invitato il governo che verrà, a non affossare le riforme di Renzi e Gentiloni.
Certo, il valore delle scelte si misurerà su cose concrete, come le agevolazioni fiscali per il riciclo dei rifiuti, la mobilità sostenibile, il rinnovamento del parco automezzi la riqualificazione energetica dei fabbricati e molto altro. Una sfida sicura per chi verrà scelto per guidare l’Italia.
Cosa serve lo hub gas fossile se possiamo produrre metano rinnovabile da acqua e mare in ogni regione e creare 4 milioni di posti collegati?