Infuria la tempesta sui mercati mondiali. Wall Street ha chiuso ieri sera la seduta peggiore degli ultimi sette anni, ma l’impennata del Vix, l’indice della paura (ai massimi dal 2015) e l’andamento dei futures Usa stamane in Asia lasciano intuire che la situazione non è ancora sotto controllo. A rendere più drammatica la giornata ha contribuito l’effetto dei trading elettronici: in pochi minuti il Dow Jones ieri è arretrato di oltre 800 punti, fino a registrare un picco negativo di 1.600 punti.
Gli indicatori della volatilità, stabili da anni, sono schizzati tutti insieme all’insù, provocando sfracelli tra i fondi che lavorano, comprando azioni, o vendendole, in funzione della bassa o alta volatilità. Ubs ha calcolato che nel mondo ci sono miliardi e miliardi di dollari investiti in strumenti basati su questa strategia. Stanotte, Nomura ha annunciato la chiusura di uno di questi fondi, dopo una perdita di circa il 70% del proprio attivo.
La domanda è se si è di fronte ad una correzione, seppur profonda, o a un’inversione di tendenza. Buona la prima, dicono i commentatori Usa, anche perché stavolta il calo è, per paradosso, l’effetto non di una recessione ma di una congiuntura positiva, forse troppo, dell’economia mondiale. La ripresa dell’occupazione e dei salari sia in Usa (+2,9% le paghe a gennaio) ed in Europa (i meccanici tedeschi sono in sciopero per chiedere più soldi e tagli d’orario) combinati con la pioggia di liquidità in arrivo per le corporation Usa con la riforma fiscale Usa ha creato le premesse per la crescita dell’inflazione. Di fronte al fenomeno la Fed, è il timore dei mercati, potrebbe reagire accelerando il trend all’aumento dei tassi.
Non giova a rassicurare l’atmosfera la staffetta ai vertici della Banca centrale americana tra Janet Yellen, che si è congedata con una pesante sanzione ai danni di Wells Fargo, la Banca che ha truccato i conti (un ottimo esempio per l’Italia), e Jerome Powell. Di fronte ad una reazione così violenta e alle preoccupazioni di Donald Trump, che tanto confida nel consenso della Borsa, è probabile che la Fed proceda con mano leggera.
VOLATILITÀ RECORD, S’INABISSA IL BITCOIN
Tuoni e saette intanto coprono i cieli dei mercati che promettono maltempo anche per l’apertura europea. Pesante il bilancio di Wall Street. L’indice S&P 500 ha chiuso in ribasso del 4,15%, il calo più marcato dall’agosto 2011. Il Dow Jones (-4,6%) ha lasciato sul terreno in chiusura 1.175 punti, il Nasdaq (-3,8%) è scivolato sotto i 7mila punti (6.967). Il Vix, l’indicatore della volatilità di Wall Street è decollato, arrivando in chiusura a 37 punti, un livello che non si vedeva da oltre due anni: +115%.
I mercati azionari dell’Asia cadono, travolti dalla stessa onda ribassista che ha steso Wall Street. Hong Kong perde il 5%. Taipei il 5,5%. L’indice CSI300 dei listini di Shanghai e Shenzhen è in calo del 3%. Seoul -2,7%. Mumbai -3%. La Borsa del Giappone si avvia a chiudere in ribasso di quasi il 5%, con volumi doppi rispetto alla media degli ultimi trenta giorni. Lo yen, riscoperto come bene rifugio, si apprezza su dollaro a 108,8.
Il dollaro si riprende ed è scambiato sui massimi della seduta: cross 1,241. Il Bitcoin non ha approfittato della discesa. Anzi: la criptovaluta è caduta sotto quota 6.000 punti, sesto giorno consecutivo di ribasso.
Nel giro di poche ore, i bond, sono tornati ad essere il bene rifugio, amati e apprezzati, mentre la settimana scorsa erano considerati spaventosamente sopravvalutati: il rendimento del Treasury Bill a dieci anni è crollato a 2,67%, da 2,86% del giorno prima.
Il petrolio Brent tratta stamattina a 66,8 dollari il barile, in calo dell’1,2%.
L’EUROPA SI PREPARA ALLO TSUNAMI. MILANO SOTTO I 23 MILA PUNTI
Avvio di settimana in rosso anche per i listini europei, anche se a tassi di una volatilità per ora ben più ridotta rispetto agli Usa. Ma i mercati si preparano ora a far fronte allo tsunami di vendite in arrivo dai mercati Usa. A Milano, il mercato peggiore, l’indice ha chiuso ieri la seduta al di sotto dei 23.000 punti a quota 22.821 punti, con un calo dell’1,64%. Pesanti le perdite anche a Parigi (-1,48%) e Londra (-1,44%). Francoforte ha limitato il calo allo 0,76%.
Continuano intanto ad arrivare segnali positivi dall’economia reale, ieri peraltro del tutto trascurati dagli operatori: l’indice Pmi servizi di gennaio, è balzato a 57,7 punti record dal luglio 2007). Non ha sortito miglior effetto il Pmi composito dell’Eurozona di gennaio, che si è attestato a 58,8 punti, oltre i 58,1 di dicembre e meglio del consenso fissato a 58,6.
DRAGHI METTE IN GUARDIA SULL’EURO FORTE
Rassicurante anche il messaggio lanciato da Mario Draghi nel corso dell’audizione all’Europarlamento: l‘economia della zona euro, ha detto il presidente della Bce, si sta espandendo in modo stabile, con tassi di crescita più alti di quanto atteso, ben sopra il suo potenziale. Ma Draghi non ha trascurato di lanciare un avvertimento agli Usa: “Nuovi venti contrari – ha detto – sono arrivati dalla recente volatilità del tasso di cambio, le cui implicazioni sull‘outlook della stabilità dei prezzi nel medio termine richiedono uno stretto monitoraggio”.
Gli esperti della Bce, in un capitolo del bollettino mensile, hanno avvertito che l’eurozona potrebbe risentire della maxi-riforma fiscale da circa 1500 miliardi di dollari in 10 anni introdotta dal presidente, Donald Trump, negli Usa e alcuni Paesi europei potrebbero vedere erosa la loro base fiscale.
BTP PIÙ SOLIDI DELLE AZIONI. SPREAD A 130
I titoli di Stato italiani hanno recuperato già in mattinata le perdite iniziali, chiudendo la seduta poco mossi, meglio di banche e corporate bond. Migliore la performance dei brevi con conseguente irripidimento della curva dei rendimenti. In buona tenuta tra 130 e 135 punti base lo spread Btp/Bund. Il rendimento dei Btp si è attestato a 2,01% (-2 punti base). Il Bund a dieci anni si rafforza: il rendimento scende a 0,73%, da 0,76% della chiusura di venerdì.
Gli acquisti di titoli del settore pubblico italiano da parte di Bce e Banca d‘Italia effettuati nell‘ambito del Qe sono ammontati a gennaio a 3,421 miliardi di euro, cifra decisamente inferiore ai 7,958 miliardi di dicembre.
IL FONDO GIP OFFRE 2,3 MILIARDI PER ITALO
Borsa italiana rischia di perdere una delle Ipo più promettenti del 2018. Il fondo Usa Gip (Global Infrastructure Partners) con un patrimonio di 40 miliardi di dollari ha avanzato un’offerta per Italo di 1,9 miliardi di euro (più 400 milioni di debito) per Italo, l’azienda di trasporto ferroviario in procinto di presentare la domanda di quotazione. Lo ha annunciato l socio di controllo, la Ntv, precisando che l’offerta scade alle 17 del 7 febbraio e che Italo ha fissato per oggi alle 15 un Consiglio di amministrazione per valutare lo stato del processo finalizzato alla quotazione in Borsa ed esperire le verifiche di propria competenza in merito all’offerta.
L’offerta prevede anche la facoltà per gli attuali azionisti di reinvestire fino ad un massimo del 25% dei proventi derivanti dalla vendita alle stesse condizioni dell’eventuale acquisto da parte di GIP. Il Fondo auspica inoltre che l’attuale presidente Luca Cordero di Montezemolo e l’amministratore delegato Flavio Cattaneo mantengano i rispettivi ruoli in Italo.
CONTINUA LA FRANA DI LEONARDO
I ribassi hanno investito un po’ tutti i comparti del mercato italiano: industriali, bancari e tlc in testa. Nel paniere delle blue chip italiane spicca in particolare la nuova caduta di Leonardo (-4,5%). Barclays taglia il target price a 10 euro. In avvio di seduta il titolo era però scivolata fino a 8,95 euro, sui minimi da luglio 2016.
FCA IN CADUTA ANCHE SE PROMOSSA DA S&P
Fiat Chrysler ha chiuso in forte calo a 18,13 euro, malgrado nel pomeriggio S&P abbia alzato il rating a BB+ da BB, con outlook positivo. Ha pesato l‘indiscrezione secondo cui il Dipartimento della Giustizia Usa intende imporre pesanti multe al costruttore d‘auto italo-americano legate a presunte violazioni delle norme sulle emissioni diesel negli Usa.
Si è indebolita anche Ferrari (-2,3% a 101,35 euro). Equita ha confermato la raccomandazione Buy, tagliando però il prezzo obiettivo a 110 euro da 120 euro. Quasi tutti i broker hanno promosso i conti appena annunciati alzando target o raccomandazione. Ha fatto eccezione SocGen, che ha ribadito il giudizio Sell fissando un target price a 66 euro. In rosso gli altri titoli del gruppo Agnelli: Exor -3,28%, Cnh Industrial -3,61%.
Tra gli industriali, in ribasso anche Pirelli (-2,63%). In positivo spicca Brembo a (+0,4%).
IN TERRENO POSITIVO SOLO STM
Ha chiuso invece in terreno positivo Stm (+0,70%). Il gruppo italo-francese ha recuperato tutta la forte perdita iniziale e ha chiuso a 18,62 euro. In apertura era scesa al di sotto dei 18 euro. A render possibile l‘inversione di tendenza è stata l’eco dell’aumento dell’offerta ostile di Broadcom su Qualcomm a 146 miliardi di dollari (debiti compresi).
OGGI IL BIG DAY DI INTESA, RIMBALZA CREVAL
Scendono come nel resto d’Europa banche e finanziari. Il titolo peggiore del settore è stato Banco Bpm (-3,56%). Riflettori accesi su Intesa (-1,03%) in attesa della presentazione del piano industriale di oggi. Tra i broker il più ottimista sull’istituto è il Credit Suisse (rating Outperform e target a 3,40 euro).
Giù Unicredit (-2,11%) che comunicherà il bilancio giovedì. Il consensus degli analisti stima un utile netto di 5,2 miliardi di euro, tenendo conto della plusvalenza legata alla cessione di Pioneer pari a 2,1 miliardi.
In controtendenza Creval (+5,04%) che ha diffuso risultati sopra le attese. Nel solo quarto trimestre la banca ha realizzato un utile netto di 70,8 milioni “in linea con gli obiettivi di recupero della profittabilità sottostanti al piano industriale”, si legge in una nota. In serata Hoskins partner ha annunciato il controllo del 5,06%.
In luce anche Bim (+6,25%) che ha smentito le indiscrezioni su un possibile terremoto in ai vertici sotto la regia del nuovo azionista Attestor.
Fra i pochi rialzi UnipolSai (+0,49%) su cui JP Morgan ha alzato il target price a 2,3 da 2,27 euro.
DEBOLE MEDIASET. LA LEGA CALCIO SCEGLIE MEDIAPRO
Pesante tutto il comparto media e telco, a partire da Mediaset (-1,47%). Venduta anche Telecom, in discesa del 2,4%. Pesa anche la notizia dello strappo di Sky e dello stesso Biscione con la Lega Calcio, che ha accettato la proposta globale di Mediapro per i diritti tv 2018-21. L’offerta supera di 1.000 euro il minimo di 1,05 miliardi e ora sarà girata ad Agcom.