L’America è “first”, ma anche l’Europa si difende e chiude positiva, benché l’euro resti in zona 1,24 contro il dollaro. La Piazza migliore è Parigi, +0,87%, trascinata dai conti record di LVMH (+4,89%). Brillante Londra +0,65%; in recupero Francoforte +0,31%; piatta Madrid.
Piazza Affari guadagna lo 0,58%, portandosi a 23.856 punti. Riprende quota Leonardo +2,21%, sale Buzzi +2,01%. Nell’auto e dintorni si distinguono Fiat, +1,96%, all’indomani dei conti; Exor +1,83%; Pirelli +1,56%. Ben intonata Atlantia, +1,36%, nel giorno in cui il Governo spagnolo dice sì all’acquisto delle azioni di Abertis se l’Opa del gruppo italiano avrà successo. La decisione consente ad Atlantia di competere con l’offerta rivale di Acs. Deboli i finanziari, anche se Creval fa scintille: +23,42% e Intesa guadagna l‘1,23%.
Wall Street apre positiva, aggiornando i suoi record e si avvia a chiudere la quarta settimana in crescita, mentre Donald Trump, a Davos, ribadisce “Prima l’America”, pur aggiungendo “non da sola”. Il dato sul Pil del quarto trimestre 2017 però risulta inferiore alle attese (+2,6% contro +2,9% delle previsioni). Stabile il petrolio: Brent 70,47 dollari al barile. Sempre ben intonato l’oro, oltre la soglia dei 1353 dollari l’oncia.
Guardando il lato negativo del Ftse Mib si vedono soprattutto titoli finanziari: Azimut, -1,11%; Banca Generali -0,78%; Mediobanca -0,76%; Unicredit -0,72%. Fra le blue chip peggiori si colloca Telecom, -0,76%, su cui Credit Suisse ha abbassato il target price sul gruppo da 1 a 0,85 euro.
Sul segmento Star si tinge di rosso Gima, -3,9%, a seguito di qualche intoppo della cliente Philip Morris. Gli advisor della Food and Drug Administration ieri hanno infatti votato contro due dei tre “slogan” per la commercializzazione del prodotto IQOS negli Stati Uniti.
La seduta è debole per il secondario italiano: il rendimento del decennale torna al 2,01% e lo spread con il Bund si dilata a 137.80 punti base, +2,15%. Un andamento tutto sommato poco preoccupante, ma che non deve far dormire sugli allori. Nell’ultimo rapporto della Commissione europea sulla sostenibilità del debito pubblico si ricorda infatti che gli Stati Ue altamente indebitati (come l’Italia) sono maggiormente esposti a choc economici sfavorevoli e all’aumento dei tassi di interesse.
Un incremento permanente di un punto percentuale condurrebbe (a politiche invariate) a un debito/pil più elevato entro il 2028 di circa il 9%. Una prospettiva che dovrebbe indurre qualche riflessione. Intanto, da Venezia, il governatore di Bankitalia Ignazio Visco, a poche settimane dalle elezioni, vede segnali positivi per l’economia e sollecita chi aspira ad andare al governo a proseguire sulla riduzione del debito/Pil, oggi intorno al 132%.