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Soros a Davos: “Facebook e Google hanno i giorni contati”

Dal palco del World Economic Forum 2018, il finanziere 87enne si scaglia anche contro il Bitcoin: “È una bolla basata su una incomprensione e non è una valuta” – Non mancano pesanti attacchi contro Trump e Putin

Soros a Davos: “Facebook e Google hanno i giorni contati”

È un George Soros scatenato quello che si presenta a Davos per il World Economic Forum 2018. Ne ha per tutti: Silicon Valley, Bitcoin, Trump, Putin. In particolare, il flagello del mitico finanziere di origini ungheresi si abbatte su Google e Facebook: “Hanno i giorni contati – sostiene – Sono in arrivo tasse e regole. La commissaria Ue alla Concorrenza Margrethe Vestager sarà la loro nemesi”.

Per Soros, quando arriverà, la caduta dei giganti del web sarà un bene, perché “i gruppi dei social media sfruttano il contesto sociale, tolgono autonomia di pensiero e inducono dipendenza: influenzano il modo in cui le persone pensano e si comportano, senza che nessuno se ne accorga”.

Non solo: “La loro straordinaria redditività è in gran parte funzione del fatto che evitano responsabilità per i contenuti, che non pagano”. Le società di social media “ingannano i loro utenti manipolando la loro attenzione e dirigendola verso i loro obiettivi commerciali, provocando deliberatamente la dipendenza dai servizi che forniscono, il che è molto pericoloso, soprattutto per gli adolescenti”.

Soros ritiene che, “nella nostra era digitale, le social media companies stanno inducendo le persone ad abbandonare la loro autonomia. E le persone senza libertà di pensiero possono essere manipolate con facilità. È un pericolo attuale e ha già svolto un ruolo importante nelle elezioni presidenziali americane”.

Già, la Casa Bianca: “Penso che l’amministrazione Trump sia un pericolo per il mondo – continua Soros – Ma la considero un fenomeno passeggero che sparirà nel 2020 o anche prima. Alle elezioni di mid-term di quest’anno mi aspetto una netta vittoria dei democratici”.

E poi, a sorpresa, il mirino di Soros si sposta sul Bitcoin. Proprio lui, lo speculatore che nel 1992 causò l’uscita della lira italiana dallo Sme con un pesante attacco, oggi si getta lancia in resta contro la principale criptovaluta perché troppo speculativa: “È una bolla basata su una incomprensione e non è una valuta”. Anzi, si tratta di uno strumento da riciclaggio e dittature, infatti – rimarca – interessa ai russi: “Vladimir Putin dirige uno stato mafioso e Trump vorrebbe fare lo stesso ma la costituzione non glielo consente”, chiosa l’87enne in questo sua pacifica giornata fra le alpi svizzere.

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