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Canone Rai, abolizione: cosa c’è dietro la sfida di Renzi

La proposta del segretario del Pd di abolire il canone Rai è soprattutto una sfida al centrodestra e a Silvio Berlusconi, preoccupatissimo per gli effetti che ne deriverebbero a Mediaset dalla conseguente abolizione del tetto pubblicitario per la tv di Stato – Il dissenso di Caslenda invece non è nè naif nè casuale: ecco perchè.

Canone Rai, abolizione: cosa c’è dietro la sfida di Renzi

Meglio abolire il canone Rai, come avviene già per la tv di Stato in Spagna e in Olanda, o meglio per privatizzare la Rai, anche a costo di vederla finire in mani straniere? Insomma, meglio la proposta del segretario del Pd, Matteo Renzi, o quella del ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda?

Ognuno ha le sue idee e se ne può discutere fino all’infinito ma bisognerebbe prima ricordare che, al di là del merito, la praticabilità dell’una o dell’altra proposta è assai dubbia perchè gli equilibri elettorali che usciranno dalle urne del 4 marzo difficilmente le renderanno possibili se il centrodestra o i Cinque Stelle avranno, come è probabile, voce in capitolo.

Molto più interessante è capire qual è la vera posta in gioco e qual è il vero scopo del ballon d’essai lanciato dal Pd di Renzi. L’obiettivo, per chi conosca almeno l’Abc della politica, si vede a occhio nudo ed è quello di snidare il centrodestra e di sfidare Silvio Berlusconi, facendone scoppiare tutti i conflitti d’interessi e mettendo in evidenza come al centro della strategia del leader di Forza Italia c’è prima di tutto, oggi come ieri, la tutela degli interessi della traballante Mediaset, che infatti vede come il fumo negli occhi l’abolizione del canone Rai. Abolizione che avrebbe come contropartita l’abolizione dei tetti alla raccolta pubblicitaria della Rai con effetti concorrenziali pericolosissimi per Mediaset e in minor misura per La7 di Urbano Cairo. Non per caso Piersilvio Berlusconi, in un’intervista al Corriere della sera di dicembre, propose di mettere un tetto più stringente alla pubblicità della Rai.

Ma la mossa di Renzi ha anche l’obiettivo di rioccupare il centro della scena politica, di imporre la propria agenda, di mandare in archivio lo spirito del Nazareno e soprattutto di far capire a tutti che la vera sfida del 4 di marzo si gioca tra il Pd e Berlusconi, tra il centrosinistra e il centrodestra e che i voti dati ai Cinque Stelle o a Liberi e Uguali rischiano di essere marginali o peggio di portare acqua al ritorno a Palazzo Chigi dello schieramento conservatore.

Il segnale di battaglia è chiaro: la campagna elettorale si giocherà principalmente sul duello tra Renzi e Berlusconi o meglio tra la squadra del Pd, che punta a mettere in luce non solo il segretario ma il premier Gentiloni e i ministri più in vista, e il centrodestra che dovrà cercare di mascherare le divergenze strategiche, sull’Europa ma non solo, tra Forza Italia, la Meloni e la Lega di Salvini, che Renzi proverà a far esplodere.

Perchè allora Calenda dissente dalla proposta di Renzi di abolire il canone Rai? Non è questione di merito ma di posizionamento strategico. Il ministro dello Sviluppo economico ha una linea che ormai è ben definita e che punta a collocarsi su una posizione neutrale tra Pd e centrodestra con l’occhio al dopo elezioni, nel presupposto che l’assenza di una maggioranza chiara e autosufficiente possa rilanciare la premiership di figure intermedie ai due principali schieramenti come ambisce ad essere lui.

Ha ragione Renzi o ha ragione Calenda? Lo capiremo solo ai primi di marzo.

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