Il Ministro Carlo Calenda ne avrà per tutto il mese di maggio. Infatti sul suo tavolo i tre dossier più caldi dovranno trovare soluzioni definitive o per lo meno offrire indirizzi chiari sul futuro di asset importanti per l’economia ed il lavoro del Paese. Partiamo da quello ormai in dirittura d’arrivo.
L’acciaio di Taranto troverà finalmente una soluzione industriale che promette stabilità, compatibilità ambientale e sviluppo qualitativo dell’intero sito. Le cordate concorrenti hanno giocato ambedue carte persuasive e vincenti anche se la scelta, siamo convinti, terrà conto di fattori complessivi di natura strategica più forti e convincenti delle stesse offerte economiche. In queste settimane Giovanni Arvedi, il socio industriale dell’indiano Jindal, ha comunicato con una paginata del Corriere e di altri quotidiani di aver venduto ben 5 linee di produzione di coils ai cinesi: linee di brevetto dell’azienda cremonese, consolidate nella tecnologia del forno elettrico e collaudate da tempo. Se la stessa tecnologia sarà installata anche a Taranto, la produzione di acciaio non soffrirebbe dal ridimensionamento dell’area del ciclo integrale e darebbe tutte quelle garanzie sul fronte dell’inquinamento,del risparmio energetico e di quello ambientale che il territorio attende. Per questo il dossier acciaio di Taranto potrebbe essere chiuso con successo.
Meno ottimismo sul fronte, sempre dell’acciaio, di Piombino. Il Ministro nelle scorse settimane aveva adombrato il ritorno al commissariamento per l’inadempienza contrattuale della proprietà algerina subentrata agli anni della decadenza produttiva e finanziaria sia delle gestioni pubbliche che della famiglia Lucchini in alleanza col russo Mordashov. Di contro Issad Rebrab lamenta di non aver potuto dare corso a tutti gli impegni di investimento per una sorta di “congiura” che in patria avrebbe congelato (o versato col contagocce) le somme previste per l’operazione toscana anche se ad Algeri le altre attività commerciali, finanziarie e logistiche dell’industriale continuano a operare con successo. Il freno all’esportazione di capitali posto dal Governo di Bouteflika va letto come una ritorsione per la sordità dimostrata dal magnate Rebrab nei confronti degli impianti (obsoleti) siderurgici di Orano da anni alla ricerca di partner per la loro ristrutturazione. Nessuno si è avvicinato pur a fronte di un mercato che continua ad importare acciaio in misura massiccia e di un paese che offre fonti energetiche in abbondanza e a basso costo. Che l’impasse invocata da AFERPI sia un fatto oggettivo e non infondato lo dimostra la cautela con la quale il Ministero (dopo le parole ultimative) ha messo in campo. Lo studio legale Badinelli & Colosio di Brescia che cura da anni gli interessi del Gruppo algerino sonda costantemente con la necessaria discrezione ogni possibile soluzione che porti allo sblocco della situazione. Cercano dei partner industriali, possibilmente del settore, da affiancare ad AFERPI, in grado di conferire l’acciaio necessario per mantenere in produzione le linee di laminazione e quella delle rotaie in attesa di una produzione propria a Piombino. I nomi contattati sono sempre quelli della Duferco di Antonio Gozzi e della Feralpi di Giuseppe Pasini. Ma non mancano coloro che giurano di aver visto gli algerini a Padova dove le Acciaierie Venete hanno il loro stato maggiore.
Il terzo fascicolo è sicuramente quello più delicato: l’Alitalia. La compagnia aerea ha bisogno di cure chirurgiche e chi dovrà allestire la sala operatoria dovrà avere mano libera e determinata non solo nella definizione di un piano industriale ma anche nella delicatissima decisione di dare corso alle azioni di responsabilità degli amministratori. Un passo psicologicamente non facile per un Ministro che ha avuto in Luca di Montezemolo il mentore prima in Ferrari, poi in Confindustria, poi nel grande polo logistico campano ed, infine, nella spinta elettorale e politica a fianco di Mario Monti. Un consiglio al diligente e bravo Ministro. Si faccia raccontare da chi li ha vissuti il naufragio dell’accordo SEA e Aeroporti di Francoforte, la mediazione disastrosa per imporre due Hub (Malpensa e Roma), la cecità dimostrata fidandosi della rendita dei voli Linate- Roma. Storie superate ma da conoscere quia historia est magistra vitae.