Al via la direzione nazionale del Partito Democratico, che si appresta ad iniziare il cammino che porterà alle prossime elezioni in primavera. Lo scenario attuale del Pd è tormentato, fra dissidi interni e timori (non resi del tutto espliciti) per l’avvento degli antagonisti esterni. Le regionali in Sicilia non hanno fatto altro che rendere più teso il clima interno al Pd. Le ombre di Grillo e Berlusconi sembrano aggirarsi nelle stanze del Nazareno, e ad oggi rappresentano un incubo per i dem.
Il segretario Matteo Renzi, che poche settimane fa ha dichiarato di aver deciso di essere tornato in corsa dopo la sconfitta del Referendum per “risollevare le sorti del Paese”, ha toccato numerosi temi durante la direzione Pd: future alleanze, jobs act e, come sempre, M5S.
La vittoria del centrodestra di Musumeci in Sicilia ha fatto capire a Renzi, forse un po’ in ritardo, l’importanza delle larghe alleanze. La necessità, ad oggi, è quella di mettere da parte il principio dell’autosufficienza e del tanto agognato 40%. “Siamo alle porte della campagna elettorale e lo sforzo unitario che si chiede all’esterno va praticato all’interno in primis da chi dirige”, così il leader dem ha aperto la Direzione del partito, che ha già incontrato i Radicali di Magi, Emma Bonino e Forza Europa di Della Vedova.
Nelle prossime due settimane Renzi incontrerà Pisapia ed il suo Campo Progressista. L’ex premier ha poi aperto ad un’intesa anche con gli scissionisti di Mdp di Bersani e Speranza: “Sia chiaro che non abbiamo nessuna preclusione nel confrontarci con loro, perché noi abbiamo senso della responsabilità”. Con i bersaniani, ha dichiarato Renzi, “il Pd ha sicuramente più punti in comune che con gli avversari storici. Non solo perché con Mdp governiamo insieme in 14 regioni, ma perché molte cose fatte le abbiamo fatte insieme”.
“Chi vorrà rompere – ha continuato Renzi – lo dovrà fare in modo trasparente e chiaro perché da noi non troverà alcuna sponda”. Quanto ai centristi: “Dobbiamo tenere il fronte aperto con l’ala moderata e centrista. Non devono essere risucchiati da Berlusconi. Nessuna preclusione dunque, senza però rinnegare quanto fatto negli ultimi anni: “chi dice cancelliamo il passato e parliamo soltanto di futuro, dico che dobbiamo rivendicare con forza quello che abbiamo fatto”.
Renzi è poi tornato a difendere il suo jobs act: “Ha prodotto quasi 980 mila posti di lavoro, il tempo indeterminato è stato certo più forte all’inizio con la decontribuzione, gli incentivi hanno funzionato. Pronti a ragionare su come combattere per meno precarietà e più lavoro a tempo indeterminato”.
Il segretario, che ha ottenuto 84 voti su 120 in Direzione nazionale, si è espresso anche sul tema dei diritti: “Non è che facciamo lo ius soli per fare l’accordo con Mdp. Lo facciamo perché un diritto è un diritto, senza scambiarlo in un accordo di coalizione. Cercheremo di farlo, senza creare alcuna difficoltà alla chiusura ordinata della legislatura, rispettando ciò che il governo e la coalizione vorranno fare, non pensiamo siano temi su cui fare l’accordo”.
La corsa a Palazzo Chigi è iniziata. Il Pd di Matteo Renzi non parte in pole position ma per poter ribaltare la situazione di partenza avrà bisogno di allargare il fronte delle alleanze. Ammesso che sia ancora possibile.